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Roma
Terremoto ad Amatrice: la rivincita dei giovani parte da sport e amicizie

di Diana Maltagliati

 

A più di un anno dal terremoto che ha colpito il centro Italia lasciando senza casa centinaia di persone, la ricostruzione riparte dalle fondamenta, ma anche dal sostegno psicologico alla popolazione.

 

A novembre è stato presentato il progetto "IIRIS - Un fiore per Amatrice", a cura di Francesca Mastrantonio, psicologa e psicoterapeuta presidente dell'Istituto Integrato di Ricerca ed Intervento Strategico. Un progetto fortemente voluto dal comune di Amatrice e dal sindaco Sergio Pirozzi, che ha capito l'importanza impellente di sostenere le famiglie non solo da un punto di vista materiale, ma anche psicologico e iniziato a luglio. A finanziare "IIRIS - Un fiore per Amatrice", la Onlus Kiwanis Club Bergamo Orobico.

Per chi ha subito un trauma come quello del sisma, che ha privato la popolazione di case, negozi e spazi di aggregazione, essere ascoltati è fondamentale. Se la rinascita parte dall'azione e dal rimettersi in gioco prendendo in pugno il proprio futuro, è necessario anche un supporto che aiuti a superare lo stress accumulato e la sofferenza delle perdite umane a cui il territorio è stato soggetto. La dottoressa Francesca Mastrantonio ha scelto Affaritaliani per spiegare qual è la situazione attuale di Amatrice.
 
Dottoressa mi può raccontare qual è lo stato d'animo di chi abita nelle zone colpite dal sisma? Qual è lo scenario che vi siete trovati di fronte?
In questo momento la popolazione sta cercando di ricominciare una vita che possiamo definire normale. I cittadini sentono l'esigenza di riprendere i ritmi della quotidianità: ricominciare a lavorare, andare a scuola e riprendere le attività sociali aiuta le persone a superare lo stress che hanno subito in questi mesi. Dimostrano tutti giorni di essere forti e di poter essere in grado di superare il trauma.
 
Perché avete deciso di realizzare un progetto per bambini e adolescenti?
Questo è proprio il target con cui lavoriamo generalmente e che è stato anche l'ambito d'interesse della fondazione Kiwanis che ci ha finanziati. Ma era soprattutto il target su cui voleva insistere il sindaco di Amatrice per avviare un intervento. I giovani sono il futuro e bisogna aiutarli a superare il trauma vissuto. Partendo dai ragazzi, però, il progetto coinvolge l'intera famiglia, perché i genitori vengono coinvolti negli interventi e così il supporto arriva all'intera comunità.

Qual è il blocco psicologico più grosso per questi ragazzi?
Il nostro progetto è iniziato con una lunga fase di analisi dei bisogni della popolazione, quindi solo in quest'ultimo periodo abbiamo avuto modo di entrare in contatto direttamente coi ragazzi, ma le posso riferire quello che ci arriva dai racconti fatti dalla gente. A prevalere non sono i blocchi, ma la voglia di provarci e di superare la situazione. Il modo giusto per intervenire, quindi, è quello di aiutarli a liberarsi dello stress.
Probabilmente ci troveremo di fronte a casi di iperattività e agitazione, che sono tipici degli stati d'animo che si sviluppano in condizioni simili. Il nostro compito sarà quello di aiutarli a canalizzare questa energia e far sì che diventi positiva, facendo trovare ai ragazzi risorse interne che li aiutino a vivere queste esperienze come qualcosa da cui imparare per andare avanti.
 
Con traumi così grandi non si corre il rischio che i bambini crescano più velocemente del dovuto, prendendosi carico di responsabilità che non sono le loro?
Io non parlerei di questo come di un problema. Qualunque esperienza traumatica si viva, a partire da quella del terremotato, ma passando per altre drammatiche e forse più comuni come la perdita di una persona cara, sono cruciali per lo sviluppo dell'individuo, sia esso adolescente o adulto. La cosa importante è che questa esperienza possa essere rielaborata in maniera positiva. Chi ha subito un trauma deve arrivare alla consapevolezza che quell'esperienza negativa non ha distrutto la propria identità, ma anzi gli ha fatto acquisire una maggiore consapevolezza di sé.
Il progetto dedica una particolare attenzione allo sport perché le attività sportive aiutano a fare gruppo e a convogliare i momenti stressanti in qualcosa di costruttivo e focalizzato su obiettivi concreti. Aiuta i ragazzi a fare team.
 
Sarebbe auspicabile un intervento anche per gli adulti?
Io credo che esperienze come quella del terremoto abbiano bisogno di essere rielaborate. Il Comune di Amatrice sta già facendo molte cose per permettere alle persone di rielaborare quello che è stato un momento difficile e stimolare i cittadini a riprendere in mano la propria vita. Gli abitanti della zona sono stati incentivati in vari modi a riprendere le proprie attività lavorative, per esempio. E un trauma si supera con la rielaborazione, ma anche in questo modo: bisogna rimettersi in piedi il prima possibile attraverso il lavoro, lo sport, le attività sociali. Più le persone sono immerse negli impegni della quotidianità, prima superano i traumi.
 
Si augura che arrivi un aiuto a livello statale in merito?
Sì, mi auguro che i contributi statali arrivino perché questo tipo di intervento ha efficacia solo se prolungato nel tempo. Noi al momento possiamo garantire un intervento grazie alla partecipazione della Kiwanis Club di Bergamo e del Comune, ma è importante avere progetti che diano risultati a lungo termine. Un aiuto del governo potrebbe prolungare il progetto e renderlo ancora più efficace. Mi rendo conto che al momento è necessario pensare soprattutto ai bisogni primari delle persone, ma l'aspetto psicologico è importante e non va sottovalutato.
 
L'idea del progetto è partita anche e soprattutto dal sindaco Pirozzi. Com'è stato e com'è collaborare con lui?
Ci siamo trovati in una situazione motivante e congeniale al nostro modo di lavorare. Era proprio una sua volontà quella di incentivare la ripresa anche attraverso un aiuto che non fosse puramente materiale. Arrivando sul territorio abbiamo trovato grande collaborazione e questo ci ha permesso ad esempio di lavorare negli spazi aggregativi già esistenti. Puntavamo a una collaborazione con le associazioni sportive, ma finché non abbiamo iniziato non sapevamo se sarebbe stato possibile. E invece le proposte di collaborare sono arrivate direttamente dalle associazioni e noi abbiamo colto questa opportunità a piene mani.
Ora uno dei nostri obiettivi è quello di attivare dei gruppi di training autogeno e tecniche di rilassamento per alleviare lo stress che siano auto-somministrabili. Così possiamo rendere i ragazzi ancora più indipendenti nel processo di ripresa.

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