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Il buono, il brutto e il cattivo
Lilli Gruber, lo sguardo obliquo del potere

Ha la configurazione perfetta di una statua posta a salvaguardia dell’antica magione del potere, ne incarna l’apparente serenità, nella fisicità minuta e proporzionale, una figura essenziale che potrebbe essere stata prodotta nei laboratori della Tyrrel Corporation, Lilli Gruber non ha sfumature, sbavature è esente da emozioni mediatiche: un organismo digitale.

Si sposta solo per assumere l’inquadratura obliqua più consona al suo aspetto, costruito in impegnative sessioni di trucco e anche l’abbigliamento è apparentemente semplice ma così studiato, da poter sembrare casuale.

Nella scelta degli ospiti è chirurgica, scientifica, il suo tavolo, circolare perchè democratico, è un laboratorio chimico dove costruire Verità consolidate e smantellare la bruttezza di quelli che non appartengono al gruppo degli Eletti, e non capiscono la sociologa-star di turno.

Lilli Gruber è giornalista di lungo corso e comunicatrice di alte capacità, ma il prodotto ispirato al più immaginifico produttore di fiction della storia, diventa, ed è giusto, puro intrattenimento, perché si sa che nei film non muore mai nessuno davvero, e a OttoeMezzo nessuno dice quello che vorrebbe dire, ma solo quello che bisogna dire, per la Audience e il Grande Fratello (quello vero).

Gli ospiti a gettone che sembrano stipendiati, interagiscono con la Conduttrice come se conoscessero già le risposte, attenti a non fare troppi complimenti a quelli là, gli appestati del governo fascista, xenofobo, ignorante e poco pulito, e l’insulto gratuito, la mistificazione, l’analisi spiccatamente di parte sono sport molto praticati negli ambienti vellutati delle camarille immarcescibili del Super-potere.

A Lilli non piacciono per nulla quelli che governano, ma la sua critica presto diventerà lombrosiana, il passato, per quanto squallido possa essere stato negli ultimi venti o trenta anni, sembra essere stato popolato da  tanti Pericle o  Adenauer, da De Gasperi o Quintino Sella, rispetto all’astio compresso che la sua postura non riesce più a controllare rispetto all’ignobile governo in carica.

Ed in effetti perché un vecchio filosofo imbolsito e prevedibile, un economista male in arnese o un Severgnini qualunque, tutti in crisi di identità e di consenso nei vari campi dovrebbero cedere il passo a questi poveracci, ecco che l’artiglieria del post-tiggi cerca riparo, costruendo teoremi (mancano i dossier alla De Lorenzo), spaventando, minacciando velatamente, oppure semplicemente rimuovendo, quell’altro universo che non riesce più a sopportare le disquisizioni surrealiste di Bersani.

Nonostante il tentativo di apparire contemporanea, la nostra Conduttrice, affoga in una nuova retorica da Tribuna Elettorale, dove non si capiva la domanda e neppure la risposta, ma soprattutto alla fine della trasmissione non si capiva perché usare quel tempo televisivo per non dire nulla. Ecco forse fuggire da questa inutilità di parte, da questa messa cantata, scontata e lunghissima, potrebbe far riflettere sul mondo diverso e lontano che esiste e resiste, e che  alle statue di cera preferisce le persone in carne ed ossa.

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