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Esteri
Coronavirus, i dubbi sullo stop dei voli.La mossa segno del gelo Conte-Di Maio

Lo stop alle connessioni aeree con la Cina sta creando un nuovo caso all'interno del governo. Sì, perché a distanza di qualche giorno dal primo annuncio del premier Giuseppe Conte e dai successivi dettagli diffusi da Enac e ministero della Salute prendono forma i contorni di una vicenda che ha alcuni punti poco chiari. Il primo è quello sulle diverse posizioni all'interno dell'esecutivo, con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che sarebbe di fatto tenuto all'oscuro della decisione fino a quando i giochi erano ormai fatti. Il secondo è quello del confronto con Pechino sulla misura, la più drastica presa ancora adesso da un paese europeo e del G7, che certo non può aver fatto felice il governo cinese. Il terzo è quello dell'inclusione nel "ban" delle regioni autonome della Repubblica Popolare, Hong Kong e Macao, e di Taiwan, che Pechino considera una provincia ribelle. In particolare, Taipei si è lamentata di una decisione che ritiene ingiusta.

Partiamo dalla decisione dello stop dei voli, arrivata giovedì a tarda serata dopo l'annuncio dei primi due casi confermati di contagio in Italia. Decisione presa senza consultare Di Maio, che come noto ha ottimi rapporti con Pechino. La misura, la più restrittiva d'Europa nonostante il numero molto più basso di contagi rispetto ad altri paesi, è stata decisa da Palazzo Chigi coinvolgendo il ministero della Salute di Roberto Speranza. Non la Farnesina, almeno in un primo momento. Una sorta di contropiede, dettato forse dai tempi stretti oppure, dicono diversi maligni, dall'intenzione di mettere fuori gioco Di Maio in un processo decisionale che, da una parte, avrebbe potuto riscontrare la sua opposizione e, dall'altra parte, lo avrebbe potuto mettere in imbarazzo. Nella conferenza stampa del pomeriggio successivo, il ministro degli Esteri ha più volte ricordato l'amicizia con la Cina, senza entrare nello specifico dello stop ai voli. A distanza di due giorni, la Farnesina ha incassato il successo della riapertura dei voli cargo. Un capitolo a cui Di Maio tiene molto, visto che ha portato con sé alla Farnesina la delega al commercio estero. 

La Cina non ha accolto con favore la decisione del governo, che sembra dettata anche dalla necessità di "depotenziare" le critiche dell'opposizione e la richiesta di chiudere aeroporti o persino frontiere. Il commento in merito dell'Ambasciata di Pechino in Italia è stato moderato ma ha comunque ricordato che "il direttore generale Tedros Adhanom (Organizzazione Mondiale della Sanità, ndr) ha ribadito che non è necessario attuare misure restrittive della mobilità internazionale". Aggiungendo: "Speriamo che la parte italiana possa organizzarsi prontamente per tutelare e garantire i diritti legittimi dei passeggeri sia cinesi sia italiani. Da parte nostra, saremo solerti nel fornire tutto l’aiuto necessario ai cittadini cinesi presenti in Italia". Sabato 1° febbraio, sul profilo Twitter di un portavoce del ministero degli Esteri di Pechino sono, invece, apparsi due tweet che non citano l'Italia e sembrano anzi essere diretti agli Stati Uniti, ma che potrebbero essere applicati per certi versi anche al nostro paese. Nel primo si parla di “reazioni smisurate” che possono “solo peggiorare le cose" e nel secondo si ringraziano i paesi che stanno aiutando la Cina a combattere il coronavirus. Paesi tra i quali non viene citata l’Italia. 

Domenica 2 febbraio è stata dunque una giornata dedicata a provare a ristabilire i rapporti ideali con Pechino. Il ministro Speranza ha difeso la scelta di stoppare i voli: "Alcuni dicono che la Cina potrebbe essersi arrabbiata con l'Italia perché ha chiuso i voli: penso che il modo migliore di aiutare la Cina sia di contenere questo virus". Poi ha proseguito così: "Il governo cinese, di cui siamo molto amici ha messo in atto le migliori misure di sicurezza e il modo migliore per aiutare i cinesi e la strada più intelligente è non demonizzare la Cina e non avere atteggiamenti sbagliati in queste ore. La percentuale di infettati della provincia di Hubei rispetto a tutti gli altri infettati nel mondo va salendo negli ultimi giorni: significa che cresce il numero, ma in una zona ristretta. Ciò significa che le misure rigorose intraprese dalla Cina stanno avendo esito positivo".

Non solo. Sergio Mattarella ha inviato un messaggio al presidente Xi Jinping, che incontrerà durante una visita di Stato il prossimo novembre a chiusura dell'anno del turismo e della cultura Italia-Cina, nel quale lo ringrazia "per la collaborazione e la sensibilità mostrate dalle autorità cinesi nel facilitare l'evacuazione per via aerea dei connazionali residenti a Wuhan" e conferma che "può contare sulla disponibilità della Repubblica Italiana per ogni assistenza che venisse ritenuta utile. Con l’auspicio che si torni sollecitamente a condizioni di normalità sotto ogni profilo". 

Al momento, però, i voli diretti restano a terra in una misura che dovrebbe durare fino al 28 aprile, se non oltre. Anzi, la task-force coronavirus del ministero della Salute potrebbe anche decidere l'innalzamento delle misure di controllo nei porti e negli aeroporti, in particolare sui cittadini cinesi in arrivo in Italia attraverso voli in transito verso un paese terzo.

Ma c'è anche qualcun altro che non è per niente felice della decisione del governo. Si tratta di Taiwan che, come detto, è stata inclusa nel ban insieme alle regioni autonome della Repubblica Popolare, Hong Kong e Macao, come aveva confermato ad Affaritaliani l'Enac nella mattinata di venerdì 31 gennaio. La prima spiegazione, informale, era che lo stop alla Cina si estendesse automaticamente agli altri territori in ossequio ai regolamento dell'Icao (Organizzazione Internazionale dell'Aviazione Civile), che considera Taiwan parte della Cina.

Sabato 1° febbraio anche il Vietnam aveva preso la stessa misura. Ma, dopo qualche ora, il governo di Hanoi ha rimosso il divieto dei collegamenti diretti con Taipei (con cui ha rapporti economici e turistici rilevanti) mantenendo quelli con la Repubblica Popolare. Una mossa che ha reso chiaro che sarebbe stato possibile decidere altrimenti anche per l'Italia, o quantomeno tornare sui propri passi. 

"A mio parere si tratta di una trascuratezza, una sbadatezza non voluta e derivante dalla poca conoscenza della situazione o dalla fretta", dice Stefano Pelaggi, docente dell'Università di Roma La Sapienza e ricercatore di Geopolitica.info. "A Taiwan al momento ci sono 10 casi confermati di contagio e nessuna vittima, gli stessi numeri della Germania... Il problema è che tornare indietro adesso potrebbe infastidire ulteriormente Pechino, già poco felice per lo stop ai voli". Senza contare che ci sarebbe qualche dubbio su chi dovrebbe fare che cosa tra i vari ministeri.

Taipei se l'è presa con l'Organizzazione Mondiale della Sanità, collegando la decisione dell'Italia al fatto che l'Oms include Taiwan nella zona ad alto rischio insieme alla Cina. Il ministro degli Esteri Joseph Wu ha chiesto all'Oms di riconoscere Taiwan includendola nello scambio di informazioni sull'emergenza coronavirus, sottolineando che "La sanità di Repubblica Popolare e Taiwan sono amministrate da autorità indipendenti e separate, così come le regioni di informazioni di volo". Il governo ha chiesto ai propri diplomatici e rappresentanti all'estero di spiegare ai governi stranieri la situazione per evitare casi analoghi. Cercando di convincere l'Italia a cambiare decisione come ha fatto il Vietnam. Non sarà semplice, viste le implicazioni politiche e diplomatiche per un governo che si è già reso protagonista di un ripensamento su diversi dossier riguardanti la Cina, solo qualche mese dopo aver firmato l'adesione alla Belt and Road Initiative. 

Intanto l'Italia inizia a pagare le conseguenze economiche della decisione di fermare i voli. Oltre al turismo, verrà colpito il lusso, ha spiegato Giuliano Noci, prorettore del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano. D'altronde, i voli da e per la Cina erano già stati potenziati con l'inizio del 2020 e avrebbero dovuto essere triplicati entro la fine dell'anno. E anche Eva Air, compagnia privata taiwanese, stava in programma il lancio del volo diretto Taipei-Malpensa il prossimo 18 febbraio.

Nel frattempo, in Italia si moltiplicano gli episodi di razzismo e di sinofobia, in uno scenario che rischia di azzerare i passi avanti fatti nei rapporti con la Cina e con l'Asia orientale in generale. Il tutto mentre aumenta il dubbio che la decisione di bloccare i collegamenti aerei (considerando anche la possibilità di aggirare lo stop operando transiti altrove) possa rivelarsi (quantomeno) affrettata.

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