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Roma
Roma, i rifiuti a Civitavecchia: bruciati nella centrale Enel a carbone

di Donato Robilotta

Emergenza rifiuti, la soluzione che covava sotto la montagna di immondizia che copre Roma diventa ufficiale: il Css, il combustibile solido secondario ottenuto dopo la separazione di vetro, metalli, inerti e organico, verrà bruciato nella centrale Enel di Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia e nei cementifici di Colleferro e Guidonia.

Era scritto nella delibera di giunta sul fabbisogno, la 199 del 2016, e interventi vari ma ora dalla Pisana arriva la conferma ufficiale. Ma andiamo con ordine su questa vicenda dell’emergenza rifiuti che ha fatto impazzire la maionese con i vertici della Regione e del Campidoglio che invece di rendere le dovute decisioni se le danno di santa ragione giocando a scaricabarile.

Come è noto l’emergenza è causata da una mancanza di impianti che manda in tilt il sistema, nella Capitale. Mancano la discarica di servizio, impianti di Tmb, impianti di compostaggio e il termovalorizzatore.

E’ evidente, e non da oggi, la grave responsabilità della giunta Zingaretti di aver consentito alla giunta Marino di chiudere la discarica di Malagrotta senza aver trovato il sito alternativo e senza aver costruito gli impianti necessari a chiudere il ciclo. Ma la Regione non ha tutti i torti quando chiede a Roma di individuare il sito della discarica, anche se non ha le carte in regole per alzare la voce, ma sul resto dell’impiantistica a partire dal termovalorizzatore la responsabilità è tutta sua.

La Raggi deve smettere di chiedere alla Regione di fare accordi con altre regioni, dove portare i rifiuti, e assumersi le sue responsabilità nell’individuazione della discarica e nel completare l’impiantistica. Secondo l’ultimo rapporto Ispra nel 2016 il Lazio ha prodotto oltre 3 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui circa 1 milione settecentomila di indifferenziato e 1 milione trecentomila di differenziata (42,4%). A Roma siamo ad una produzione complessiva di 1 milione settecentomila t/a, con una raccolta differenziata pari a circa 700 mila t (42%) e con un indifferenziato pari a circa 1 milione di tonnellate.

Nel 42,4% di differenziata ci sono circa 600 mila tonnellate di umido, mentre la capacità impiantistica nel Lazio sulla carta è pari a sole 250 mila tonnellate, ma nel 2016 gli impianti esistenti hanno trattato solo 100 mila tonnellate, mentre tutto il resto è finito in altre regioni a partire da Veneto e Friuli-Venezia Giulia.

A Roma si producono oltre 200 mila tonnellate di umido a fronte del solo impianto Ama di Maccarese da 30 mila tonnellate, e i due impianti annunciati, ma non ancora neanche autorizzati, sono del tutto insufficienti all’attuale fabbisogno.

Per quanto riguarda l’indifferenziato prodotto a livello regionale sulla carta ci sarebbe un numero sufficiente di impianti di Tmb in funzione (otto ), con capacità di lavorare sino a 200 mila t di rifiuti, solo che i due di Ama andrebbero chiusi e quello di Albano ha subito un incendio per cui c’è un deficit notevole. Non si capisce perché la Regione non fa entrare in funzione quello di Guidonia e non costruisca gli altri due impianti in Provincia di Roma previsti dal piano regionale.

L’indifferenziato lavorato negli impianti di Tmb produce cdr, che deve essere valorizzato nei termovalorizzatori,e scarti che devono andare in discarica. Ma le volumetrie residue delle discariche sono ridotte tanto che la regione sta autorizzando gli ampliamenti di alcuni degli attuali siti per avere una volumetria complessiva di 10 milioni di mc sino al 2026. C’è il problema di Roma dove la vecchia discarica è stata chiusa e quindi non si può allargare o alzarla in altezza, tipo panettone, ma bisogna individuare un nuovo sito con una capacità pari a circa 5 milioni di mc. Quindi non proprio una piccola discarica.

I termovalorizzatori

La situazione è ancora più complessa nel campo della termovalorizzazione. Con un fabbisogno oggi di quasi 1 milione tonnellate di cdr e domani, con la differenziata al 65%, di quasi 900 mila, stima del Ministero dell’ambiente, dei quattro impianti previsti dal piano regionale è in funzione solo quello di S. Vittore con una potenzialità massima di 400 mila t/a. La Regione fa finta di non vedere il gassificatore di Malgrotta, costruito al 50%, e chiude il termovalorizzatore di Colleferro, di sua proprietà, vanificando tra l’altro la gara in corso perché non credo ci sia qualcuno che compri un impianto se sa che non potrà utilizzarlo.

Ma con una risposta, deposita alla Pisana dall’assessore Valeriani, ad una interrogazione su Lazio Ambiente gli uffici competenti, che hanno preparato il testo, mettono in evidenza il deficit impiantistico nella Regione e sostengono la necessità delle due linee del gassificatore di Malagrotta, autorizzato dalla stessa Regione, per soddisfare le esigenze di Roma Capitale, così come messo in rilievo dal monitoraggio sull’impiantistica effettuato dal Ministero dell’Ambiente nel 2017.

Con la scusa di chiudere Colleferro...
Nello stesso documento per evitare la costruzione del quarto impianto, previsto anche dal DPCM del 10 Agosto 2017, e giustificare la chiusura del termovalorizzatore di Colleferro la Regione scrive che non ce ne sarà bisogno perché con l’ammodernamento dei Tmb ci sarà meno produzione di Cdr e maggiore di Css che può essere bruciato in “forni industriali (centrali elettriche, cementifici, altiforni etc..). Lo aveva già detto l’assessore Buschini nella scorsa legislatura, ma ora lo conferma anche il neo assessore Valeriani che l’esigenza della termovalorizzazione può diminuire perché i rifiuti potranno essere smaltiti nella centrale elettrica di Torrevaldaliga (Civitavecchia) e nei cementifici (Colleferro e Guidonia).

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