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Roma
Roma, sul contratto dei Comunali la Cgil si oppone a sè stessa. La storia

Al Comune di Roma c'è la Cgil di governo e la Cgil d'opposizione. E quando si tratta di discutere il contratto decentrato dei dipendenti comunali, un esercito di 22 mila persone, il sindacato, attraverso la sua articolazione Funzione Pubblica, riesce nel miracolo di opporsi a sé stesso.

La vicenda, come spesso accade nel Pubblico Impiego, è complessa e merita la giusta attenzione. Al Comune di Roma, che prima dell'Era Gualtieri si chiamava Roma Capitale, della quale è rimasto silenziosamente solo il logo, i 22 mila dipendenti che garantiscono con livelli qualitativi diversi l'accensione della macchina comunale più grande d'Italia, hanno chiuso giusto lunedì 19 luglio la prima parte della contrattazione decentrata, cioè del contratto di secondo livello,atteso da ben 14 anni. I tecnici la chiamano “progressione verticale”, cioè la “scalata ai mejo posti” che consente di avere un giusto aumento di stipendio. E questo al Comune di Roma, che da anni paga poco tanto da non essere più appetibile per chi cerca lavoro.

La Cgil boccia la proposta della Cgil

Come prevede la legge, si è chiuso il confronto tra Comune e sindacati per le “progressioni” senza un accordo con le sigle sindacali, in particolare la Cgil che, lo scorso 13 giugno ha deciso di disertare per “irricevibilità della proposta comunale sulle progressioni di carriera per “manca di opacità e trasparenza”.

E qui il sindacato ha fatto il miracolo: la proposta del Comune, firmata dall'assessore Andrea Catarci è identica a quella della Cgil che però l'ha bocciata. Si evince così che il sindacato ha bocciato sé stesso. Meglio di Cgil è andata un'altra sigla sindacale che si è affiancata alla Cgil nel disertare il tavolo, quando la stessa organizzazione in passato aveva protestato perché non veniva fatta partecipare alle trattative. Dunque, se ci sono me ne vado sbattendo la porta, se non ci sono, protesto comunque”. E sfiorando il paradosso giuridico sindacale, simili comportamenti lato sindacale verrebbero additati come “comportamento antisindacale”.

I dipendenti dimenticati

Chiusa formalmente la parte delle carriere automatizzate a sanatoria di 14 anni di attesa, si è aperta ora la seconda fase, quella del salario accessorio, cioè degli aumenti che insieme alle carriere vale qualcosa come 166 milioni di euro e solo per il 2023. Anche qui l'incognita sindacale persa sui dipendenti.

Il Comune, tramite l'assessore Andrea Catarci ha le idee chiare: “Dopo il via libera alle progressioni verticali di carriera che permetteranno a 2055 dipendenti di progredire, dopo oltre 14 anni di attesa dall'ultimo avanzamento di carriera, si vuole portare avanti l'obiettivo generale di valorizzazione delle professionalità interne a Roma Capitale, attraverso un aumento di tutte le voci economiche, dalle indennità alla produttività, guardando alla priorità di rilanciare i servizi alla città”.

Si attende la voce del sindacato e in particolare della Cgil. Da segnalare che la scorsa settimana Cgil, Cisl e Uil hanno inviato una lettera al sindaco chiedendo di affrontare le emergenze di Roma. Ci sono i rifiuti, ci sono i cantieri, ma non c'è neanche una riga sui 22 mila dipendenti comunali.

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