Finanza
Lo sviluppo della finanza islamica sui mercati mondiali

Fino alla metà del ‘900 si può dire che nessuna banca tradizionale abbia potuto operare in modo corretto nei Paesi islamici: solo nel 1963 nasce la prima banca egiziana grazie allo sviluppo di tecniche finanziarie in grado di coniugare le esigenze dei sistemi economici occidentali e quelle della religione islamica.
Per questo nei decenni successivi, dal Medio Oriente alla Malesia, dalle Filippine all’Arabia Saudita, dal Pakistan al Sudan, si sono sviluppate innumerevoli istituzioni finanziarie (ad es. nel 1975 la Islamic Development Bank con sede a Gedda e nel 1978 la Islamic Financial House con sede in Lussemburgo).
Ciò è stato reso possibile dall’adeguamento del concetto di investimento finanziario a quello della mudarabah (vedasi nostro articolo pubblicato precedentemente), o ancor meglio a quello dell’analoga musharakah, in cui però entrambi i contraenti possiedono quote di capitale, permettendo così anche alle banche di partecipare alla gestione dell’azienda finanziata e controllarne andamento e risultati.
Un ulteriore sviluppo dell’attività bancaria è dovuto al fatto che, trovato il meccanismo lecito per effettuare investimenti secondo i principi religiosi, è divenuto possibile dare corpo ad un terzo pilastro concettuale previsto nella Shari’a: la condanna di chi accumula denaro senza usarlo, bloccando così il processo produttivo.
Solo pochi anni fa, se vogliamo dar credito ad un calcolo effettuato dall’economista Ibrahim Warde della Tufts University, le istituzioni finanziarie islamiche pesavano sui mercati internazionali per circa 230 miliardi di dollari (quaranta volte di più del 1982). Ma le stime a inizio 2014 già parlano di 1.800 miliardi con un ritmo medio di crescita del 25% annuo. “Si stima che da qui al 2020 il totale dell'attivo raggiungerà i 6.500 miliardi di dollari'' ha dichiarato tempo fa Hatem Abou Said, rappresentante di Abg Al-Baraka Banking.
Questa enorme crescita è stata resa possibile principalmente dalla diversificazione degli interessi islamici, un tempo legati quasi esclusivamente al petrolio e ad altri mercati di beni tradizionali, e alla globalizzazione dei mercati finanziari cui, grazie alle nuove formule applicate in perfetta osservanza dei principi religiosi, anche questi nuovi investitori hanno potuto accedere.
Inoltre le istituzioni bancarie stesse, passando da un’economia basata essenzialmente sul differenziale tra crediti e depositi, ovvero sull’interesse, a quella basata sulle tariffe dei servizi erogati hanno potuto espandere lecitamente il proprio campo d’azione. Ora si tratta di studiare ancor di più quanto accomuna gli investimenti tradizionali occidentali alle norme da applicare agli investimenti di capitali islamici, ovvero trovare le differenze finora insormontabili e trasformarle in opportunità.
Vediamo le modalità operative delle banche nel rispetto della Shari’a:
Ijara: si può definire un leasing operativo. Il bene è acquistato dalla banca, che lo affitta a un prezzo predefinito (eventualmente aggiornabile).
Ijara wa iqtina: si può definire un leasing finanziario. Il bene può essere riacquistato al termine del periodo di affitto.
Mudarabah: tratta di una forma di partecipazione. Il Mudarib fornisce il denaro, il Rab ul Maal ne beneficia per le sue attività. Il denaro è remunerato da una percentuale predeterminata del profitto generato dall’impresa.
Musharakah: simile al precedente mudarabah, si differenzia per il fatto che contiene un’opzione di put.
Murabaha: è una forma di cost plus financing. La banca acquista un bene su richiesta e per conto del cliente, cui lo rivende con un lecito profitto, accettando anche pagamenti differiti nel tempo.
Istisna’a: variante della murabaha, in cui il bene è un immobile.
Sukuk: è una sorta di prestito obbligazionario in cui il sottoscrittore diventa comproprietario dell’asset sottostante. Un’altra società acquista l’asset e lo affitta all’emittente percependone un utile predefinito. Il sottoscrittore riceve pro-quota periodicamente (o in un’unica soluzione al termine) la remunerazione dell’affitto. Il certificato di proprietà della quota è cedibile anche prima della scadenza.
Bai Salam: pagamento anticipato di un bene da consegnare successivamente. La differenza di valore fra il momento dell’acquisto e il momento del ritiro del bene costituisce l’utile dell’operazione.
Arbun: simile al bai salam, prevede però solo il versamento di un acconto su di un prezzo predeterminato per consegna differita. Allo scadere del periodo il compratore può evitare di ritirare il bene rinunciando all’acconto (una sorta di diritto d’opzione).
Per quanto riguarda il regime di trasparenza cui devono essere assoggettati i prodotti finanziari islamici (e quelli di finanza convenzionale Shari’ah compliant), la Consob, che si richiama alla disciplina europea sul prospetto informativo, ritiene che si possa trovare piena applicazione in generale anche per i prodotti finanziari islamici (azioni, sukuk o fondi comuni di investimento), mentre in caso di offerta di un prodotto finanziario diverso da quelli sopra menzionati e non riconducibile alla nozione di valore mobiliare in quanto non standardizzato ed inidoneo ad essere trattato sui mercati finanziari, l’emittente o l’offerente dovrà redigere un prospetto informativo il cui contenuto dovrà essere definito dalla Consob ai sensi dell’art. 94 del TUF.
