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Affari Europei
Migranti, terrorismo e ripresa economica. Il 2016 anno cruciale per il futuro dell'Ue

Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani

Onorevole Tajani, quali sono le grandi sfide che l'Unione europea dovrà affrontare nel 2016?
“Credo che i tre banchi di prova su cui l'Unione si giocherà il suo futuro sono l'immigrazione, la lotta al terrorismo, in particolare all'Isis, e infine la crisi economica che ancora è forte in alcuni Paesi europei”.

Partiamo dalla questione immigrazione. L'Europa sta facendo abbastanza per controllare il flusso di migranti?
“Negli ultimi mesi l'Unione europea, e gli Stati membri, hanno fatto di più su questo fronte, ma c'è ancora moltissimo da fare. Il nodo cruciale è il controllo dei flussi migratori in ingresso e la redistribuzione dei richiedenti asilo tra gli Stati Ue, che è ancora troppo debole. Bruxelles deve fare di più, ma anche noi dobbiamo impegnarci maggiormente nello schedare i profughi che approdano sulle nostre coste”.

Legato al tema dell'emigrazione c'è la questione cruciale della lotta al terrorismo. Qual è la strategia che l'Europa deve adottare per sconfiggere Isis?
“L'Europa ha un ruolo centrale nella lotta al terrorismo. Al suo interno deve assicurare frontiere più sicure e una maggiore cooperazione a livello di intelligence per identificare i terroristi. Da questo punto di vista io sono favorevole alla creazione di una intelligence europea capace di agire in maniera transnazionale”.

C'è poi la questione siriana...
“Siriana sì, ma non solo. Oggi in Medio Oriente e in Nord Africa sono molti gli Stati che, a causa di una debolezza interna, sono terreno fertile per i terroristi. L'Europa, a fianco dei partner internazionali e sotto l'egida Onu, deve essere un attore credibile nella lotta al terrorismo e nella stabilizzazione di Paesi come la Libia o la Siria. I primi risultati di questo lavoro diplomatico ci sono, come la nascita di un governo di unità nazionale in Libia”.

L'Europa sembra però affrontare questo nodo in maniera disordinata, pensiamo alle barriere alle frontiere o all'impegno militare...
“E' vero che ci sono profonde divisioni tra gli Stati, ma stiamo arrivando a delle mediazioni importanti. Ad esempio l'approvazione del Pnr è fondamentale per l'identificazione di possibili terroristi”.

Veniamo alla crisi economica. Siamo fuori dal tunnel?
“Vediamo la luce, ma se vogliamo voltare pagina dobbiamo pretendere maggiore flessibilità, fondamentale per dare ossigeno al sistema produttivo. Il risanamento dei conti è importante, ma non è tutto”.

Il Quantitative easing di Draghi non basta?
“Il bazooka della Bce è uno strumento importante che ha dato una spinta alla nostra economia, ma ora dobbiamo varare una politica industriale europea in grado di mettere le imprese nelle condizioni di tornare a produrre”.

E il Ttip, il trattato di libero scambio con gli Usa, si farà o no?
“E' un accordo importante per l'Europa e per l'Italia. Il 2016 deve essere l'anno della svolta. Se si dovesse arrivare ad una firma, pur in un quadro di tutele reciproche, ad esempio sulla tutela dei consumatori, per il Made in Italy sarebbe una bella opportunità di crescita”.

Si sta dibattendo molto anche del riconoscimento alla Cina dello Status di economia di mercato. Lei da che parte si schiera?
“Allo stato attuale delle cose non è possibile questo riconoscimento. Pechino deve fare ancora molte riforme per potersi definire economia di mercato: il peso dello Stato nell'economia è ancora troppo forte e permangono discriminazioni e pratiche commerciali inaccettabili”.

Restando sul tema dell'economia sono in molti a chiedersi che fine abbia fatto il Piano Juncker. Il primo di gennaio si insedia il board del Fondo strategico europeo, ma di capitali privati ancora non se ne sono visti. Funzionerà?
“Il Piano Juncker è una opportunità reale per il nostro Paese che dobbiamo sapere cogliere, come anche l'utilizzo dei fondi strutturali europei. Sul tavolo del Fondo ci sono dei progetti concreti, ora spetta al sistema Paese fare in modo che funzionino”.

Collegato alle sorti economiche del Vecchio continente c'è il tema dell'euroscetticismo montante. In Europa ormai sono la terza forza politica, se non la seconda. Lo abbiamo visto in Francia, in Gran Bretagna, in Spagna. Il 2016 sarà l'anno degli euroscettici?
“Io non credo, anche se la questione è cruciale. Se l'Europa non saprà dare le risposte alle domande delle persone allora questi movimenti non potranno che crescere. Ecco perché dico che bisogna puntare su una maggiore sicurezza e sulla crescita economica”.

Però l'anno prossimo si terrà il referendum sulla permanenza della Gran Bretagna all'interno dell'Unione europea. Secondo lei come andrà a finire?
“Io credo che alla fine Londra non uscirà dall'Unione. Verranno fatte alcune concessione su alcuni punti, come una minore burocrazia, mentre su altri, come la mobilità interna all'Ue, Bruxelles non cederà. L'importante è che queste concessioni non trasformino l'Ue in una Europa 'a la carte'”.

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