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Affari Europei
Scissione Pd, Benifei: “Un errore che rischia di destabilizzare il governo”

Con una intervista pubblicata oggi su Repubblica Matteo Renzi ha annunciato la decisione di voler lasciare il Partito democratico per fondare un nuovo movimento. Una svolta che era nell’aria e che tuttavia ha profonde implicazioni non solo per il governo Conte II, ma anche a livello europeo.

“Quello di Matteo Renzi a mio avviso è stato un errore”, spiega ad Affaritaliani.it Brando Benifei, capodelegazione del Partito democratico al Parlamento europeo. “Mi affido alle parole di Renzi che ha dichiarato di non voler creare alcun problema all’attuale esecutivo. E tuttavia la decisione di fondare un nuovo movimento a pochi giorni dalla nascita del governo Conte II è destabilizzante. Tanto più che non si capiscono le motivazioni che lo hanno portato a questo gesto”.

Qui al Parlamento europeo ritiene che qualcuno lascerà il Pd?

“Ogni deputato è libero di fare le proprie valutazioni. Io spero che nessuno decida di lasciare il Pd e confido che la nuova formazione che Matteo Renzi costruirà sarà capace di dialogare e lavorare insieme a noi, sia a livello nazionale che europeo”.

Il Partito democratico è riuscito a far nominare Paolo Gentiloni commissario agli Affari economici. Tuttavia in molti hanno fatto notare come egli sia subordinato a Dombrovskis. È giusta la lettura di chi vede un 'commissariamento' del nostro commissario?

“Gentiloni ha un incarico importantissimo all’interno della nuova Commissione che sarà cruciale per il futuro del Paese. Non ritengo che ci sia un commissariamento e mi pare che la decisione di subordinare formalmente Gentiloni a Dombrovskis risponda alla richiesta di quest’ultimo di avere un incarico consono alla sua anzianitá nelle Istituzioni europee”.

Quali sono i dossier che su cui Gentiloni potrà influire?

“Sono molti, ne cito due in particolare. Uno è il rapporto tra il Patto di stabilità e crescita e gli investimenti. Ritengo che sia corretto, come anche suggerito da Gualtieri, scorporare gli investimenti effettuati dall'Italia nel Feis (Fondo europeo per gli investimenti strategici) dal calcolo del rapporto deficit-Pil. Si tratterebbe infatti di investimenti per la crescita la cui definizione stessa é condivisa tra tutti gli Stati membri”.

E il secondo dossier?

“Riguarda la fiscalità. Moscovici aveva già avviato un lavoro per quanto riguarda l'implementazione di una  web tax e di una tassa sulle transazioni finanziarie. Oltre ad un’armonizzazione per quanto riguarda la tassazione delle multinazionali che oggi spostano la sede all’interno dell’Unione non con obiettivi operativi ma semplicemente per andare a sfruttare i regimi fiscali più vantaggiosi. Gentiloni potrà dare una forma finale a questi dossier e portarli ad approvazione”.

Il Pd è riuscito a mandare propri esponenti a ricoprire cariche importanti come la presidenza del Parlamento europeo, la nomina di Irene Tinagli e quella di Gentiloni. È la prova che il Partito democratico si è accreditato come unico vero interlocutore di Bruxelles?

“Finché eravamo all’opposizione eravamo l’unico partito con una delegazione consistente al Parlamento europeo che avesse un programma saldamente europeista. La Lega qui a Strasburgo è di fatto all’opposizione e il Movimento 5 Stelle non ha neppure un gruppo di appartenenza, cosa che lo mette fuori dai giochi. Di fatto mentre eravamo all’opposizione in Italia eravamo l’unico partito di peso a rappresentare il Paese qui a Bruxelles“.

E adesso che siete al governo con il Movimento 5 Stelle?

“Spero che il M5S, seppur con le sue specificità, trovi una collocazione all’interno di una famiglia politica europea e dia il suo contributo nel processo legislativo nell'interesse del Paese”.

Tommaso Cinquemani

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