Vaticano, Perlasca accusa anche il Papa: "Voleva trattare con il broker Torzi"

Il teste chiave al processo, il grande accusatore del cardinale Becciu, svela tutti i retroscena sullo scandalo della Chiesa: "200 mln affidati a Mincione"

Cronache
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Vaticano, Perlasca: "Volevo denunciare ma il Papa era per trattare"

Lo scandalo Vaticano si arricchisce della testimonianza considerata chiave, quella del grande accusatore del cardinale Becciu, il suo ex braccio destro monsignor Alberto Perlasca. Il Corriere della Sera è riuscito ad entrare in possesso della piena confessione dell'alto prelato. Perlasca - si legge sul Corriere - cita fatti precisi e coinvolge anche Papa Francesco. "Io ero per la denuncia nei confronti del broker Gianluigi Torzi", si difende Perlasca. E poi alza il braccio con l’indice puntato all’insù: "L’indicazione dall’alto era di trattare". Il riferimento è al Papa. Gli inquirenti insorgono, fanno scudo: "Non può dire queste cose, siamo andati dal Santo Padre e gli abbiamo chiesto che cosa è accaduto e di tutti posso dubitare fuorché del Santo Padre! Il Santo Padre è stato tirato in mezzo!".

Sono minuti drammatici, - prosegue il Corriere - il magistrato alza la voce, Perlasca abbozza: «Io ero per denunciare, la mia posizione era più intransigente». Anche più del Papa, sembra intendere. Questi i fatti, ricostruiti da Perlasca nel lungo interrogatorio. Il Vaticano nel 2013-2014 entra in affari con un finanziere spregiudicato, Raffaele Mincione. Becciu e lo stesso Perlasca gli affidano 200 milioni di dollari, metà dei quali usati per investire in un palazzo nel centro di Londra, al 60 di Sloane Avenue. I magistrati sospettano un giro di tangenti: «Nella maniera più assoluta!», si difende Perlasca. «Mincione ci ha stregati, è un incantatore…». Il cardinale Becciu — racconta Perlasca— era molto prudente nelle comunicazioni. "Un giorno mi disse: scarica Signal". È una chat criptata, anti-intercettazioni.

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