"Dazi auto al 15%? Possibile rivincita per l'Ue: il mercato americano era in mano alla Cina, ora si torna competitivi"

Dazi auto al 15%, accordo Ue-Usa su un’aliquota unica: possibile vantaggio competitivo per la componentistica europea, soprattutto nel confronto con Pechino. L’analisi dell’esperto del settore Andrea Taschini (già in Bosch e Brembo)

di Rosa Nasti
Economia

"Dazi auto al 15%, vantaggio per la componentistica europea. Il vero problema non è quello che ci fanno gli americani, ma quello che vogliono fare i cinesi"

Sembrava il solito braccio di ferro transatlantico, ma questa volta si è chiuso con una stretta di mano in Scozia e un tweet trionfante di Donald Trump: l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno finalmente siglato un accordo sui dazi doganali. Al centro dell’intesa, tanto attesa quanto controversa, c’è anche l’intera filiera automobilistica europea, che da ora in poi dovrà fare i conti con una tariffa del 15% per accedere al mercato americano. Meglio del 25% certo, ma molto peggio dello storico 2,5% che ha regolato gli scambi per decenni. Trump, manco a dirlo, l’ha definito un "accordo ottimo per l’automotive". Sì, quello a stelle e strisce. 

L'accordo viene venduto come un successo, ma per la VDA, l’associazione dei costruttori tedeschi, peserà come un macigno sul comparto auto: si parla di miliardi di euro persi ogni anno. Eppure, c'è chi vede anche uno spiraglio positivo. Questo nuovo dazio potrebbe infatti offrire all’Europa un vantaggio competitivo rispetto alla Cina. Affaritaliani ne ha parlato con Andrea Taschini, esperto del settore con una lunga esperienza in aziende come Bosch e Brembo.

Qual è l’impatto immediato del dazio al 15% sulle esportazioni di auto europee? 

Che gli Stati Uniti introducessero dei dazi era abbastanza scontato. La loro finanza pubblica è in condizioni così gravi che dovevano in qualche modo correre ai ripari, e i dazi sono stati la risposta più immediata. Per quanto riguarda l’auto, l’export europeo potrebbe risentirne, questo è certo. Ma per l’Italia l’impatto sarà molto limitato, perché quello che esportiamo negli Stati Uniti sono principalmente Ferrari e Lamborghini. Lo stesso discorso vale per la Germania, mentre la Francia praticamente non esporta auto negli Stati Uniti, quindi per loro il problema non si pone proprio. Le auto tedesche sono comunque di fascia alta, e va considerato che negli Usa il parco circolante europeo è fatto in gran parte di vetture di lusso. In sostanza, chi compra un’auto da 150 mila euro in su può tranquillamente pagare un 15% in più.

Secondo me è una questione soprattutto politica. La critica americana è politica. È anche vero che l’Europa ha un surplus commerciale con gli Stati Uniti di 90 miliardi di dollari all’anno, e quindi era inevitabile che prima o poi si arrivasse a un riequilibrio. Quello che però non capisco è perché l’Europa pretenda di riequilibrare i rapporti con la Cina, dove è in forte deficit, e poi non accetti che gli Stati Uniti vogliano fare la stessa cosa con lei. Questo mi lascia un po’ perplesso.

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L’accordo prevede anche un’armonizzazione sui componenti. Cosa cambia su questo fronte?

L’Italia produce soprattutto componenti, e l’Europa in generale è il cuore della componentistica a livello mondiale. Per come la vedo io questa può essere una grande opportunità. È vero, abbiamo preso un dazio del 15%, ma non dimentichiamoci che la Cina ne ha subito uno molto più pesante: parliamo del 55%, e forse sui ricambi è anche oltre, perché si sommano altri dazi già esistenti.

Considerando che la Cina è oggi il principale fornitore di componenti, sia per la produzione che per l’aftermarket, questo potrebbe aprire uno spazio enorme per l’Europa. Il mercato americano era praticamente finito in mano cinese, e ora si riapre una possibilità concreta per l’industria europea di riprenderselo. 

E poi non dimentichiamoci una cosa: l’obiettivo finale degli Stati Uniti è contenere la potenza cinese. Ed è su questo che dovrebbe concentrarsi anche l’Europa, invece di lamentarsi per il 15% di dazi. Anche perché, se guardiamo ai risultati del viaggio di von der Leyen a Pechino, non c’è molto da festeggiare, l’hanno rispedita a casa con due giorni di anticipo. I cinesi sono arroganti, vogliono prendersi il mercato auto europeo, e su questo dovremmo essere molto più preoccupati. Bisogna ribaltare un po’ la prospettiva: il vero problema non è tanto quello che ci fanno gli americani, ma quello che vogliono fare i cinesi.

Secondo lei così il settore non rischia di frammentarsi troppo, come in parte già accade con Cina e Usa?

Il problema è che molti se la prendono con Trump ma non si pongono nemmeno la questione delle conseguenze reali dei dazi, né quelli contro la Cina, né quelli contro l’Europa. Non c’è una vera analisi, non si ragiona su numeri o scenari. La verità, secondo me, è che l’Europa deve piegarsi agli Stati Uniti. Sono loro che ci garantiscono la difesa. Sono i vincitori di due guerre mondiali, quelli che ci hanno tolto dai guai. Hanno fatto il Piano Marshall per ricostruire il continente. Se oggi l’Europa non è alla mercé di chiunque abbia mire espansionistiche, è solo grazie a loro.

Va bene il sovranismo, va bene tutto, ma bisogna anche stare con i piedi per terra: gli Stati Uniti sono ancora la più grande potenza del mondo. L’Europa, invece, ha perso potere proprio a causa delle due guerre mondiali. Basti pensare a cosa rappresentava prima della Prima Guerra Mondiale: era la padrona del mondo.

Oggi non è più nulla. E con il Green Deal si è indebolita ancora di più: oggi l’energia elettrica in Europa costa il 158% in più rispetto agli Stati Uniti e alla Cina. Questo è il risultato di politiche energetiche disastrose, frutto di un’Europa "erbivora", e come si sa, gli erbivori sono i primi a essere mangiati dai carnivori. Quindi, se l’Europa è in questa situazione, se la deve prendere con sé stessa. Questa è la realtà. E sì, alla fine il rischio di una frammentazione c’è.

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Quindi, nel medio periodo, questo nuovo scenario può incentivare l’Europa a rafforzare il proprio mercato interno di auto? Non vede un impatto negativo?

Dipende da cosa si intende per “rafforzamento”. Se lo intende in senso positivo, allora posso dire che per le auto, in generale, vedo una situazione stabile, non cambierà molto. Sui ricambi, invece, vedo una vera opportunità. Per me non c'è impatto negativo. Il primo "dazio" ce lo siamo messi da soli, con il Green Deal, come una sorta di tassa nascosta su imprese e famiglie. 

Forse tutta questa situazione può aiutare l’Europa a rimettere mano al Green Deal, a ridimensionarlo seriamente: basta con l’auto elettrica a tutti i costi e con politiche fuori dalla realtà. Siamo andati in Cina, abbiamo preso due schiaffi; dagli Stati Uniti, forse, pure. È il momento di svegliarsi e rivedere completamente la nostra linea: l’Unione Europea non ha saputo proteggersi e ha fatto scelte sbagliate, soprattutto sul piano energetico e della mobilità. Ma non solo. Politiche anti-industriali, lo spegnimento delle centrali nucleari in Germania per poi tornare a scavare carbone… se si mettono in fila tutti gli errori fatti negli ultimi dieci anni, tra energia e mobilità, è una catastrofe.

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