Ior, dal crac Ambrosiano alla rivoluzione di Leone XIV: la banca del Vaticano "cambia volto" dopo decenni di scandali
Lo IOR perde l’esclusiva sugli investimenti e l’APSA può gestire liquidità tramite banche esterne, segnando una nuova fase di trasparenza e collaborazione internazionale dopo decenni di scandali e controversie interne.
Papa Leone XIV
Ior, come il Vaticano prova a ripulire la sua banca storica dopo anni di scandali
La finanza del Vaticano torna sotto i riflettori. Con un motu proprio, Papa Leone XIV ha ridisegnato il ruolo dell’Istituto per le Opere di Religione (IOR), cancellando l’esclusiva sugli investimenti e permettendo all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA) di gestire liquidità e operazioni finanziarie anche tramite banche esterne. Una scelta che segna una nuova fase per lo IOR e potrebbe chiudere una contesa interna tra trasparenza e autonomie storiche che dura almeno da cinquant’anni.
Ma facciamo un passo indietro. Lo IOR nasce nel 1942 con Papa Pio XII, ereditando competenze di commissioni precedenti che amministravano beni, lasciti e opere pie. Fin dalle origini, l’istituto gode di privilegi fiscali e libertà operative che lo rendono centrale nella finanza vaticana, ma anche terreno fertile per operazioni opache. Negli anni ’60 e ’70, lo IOR si intreccia con la finanza italiana più controversa, preparando il terreno per gli scandali futuri.
Il primo grande scandalo esplode nel 1982 con il crac del Banco Ambrosiano. Roberto Calvi, anche soprannominato il "banchiere di Dio", viene trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra. Così Monsignor Paul Marcinkus, presidente dello IOR, si staglia come la figura simbolo di una finanza vaticana opaca e potente. Lo IOR è il maggiore azionista del Banco Ambrosiano, e Marcinkus dirige l’istituto in un contesto di prestiti, triangolazioni offshore e pacchetti bancari fuori da ogni norma di trasparenza. In quegli anni Francesco Pazienza, faccendiere piduista, commenta: "Nessun Papa riuscirà a ridimensionare lo IOR".
Ma gli scandali non si fermano al crac Ambrosiano. Nel corso degli anni lo IOR viene coinvolto in operazioni finanziarie dubbie legate alla mafia, a tangenti e a sostegno di cause politiche internazionali: dal finanziamento di Solidarnosc contro il comunismo polacco al sostegno ai Contras in Nicaragua. Nonostante le prove dei reati e le richieste di mandato di cattura dei pm milanesi nel 1987, Marcinkus resta al vertice fino al 1989. Nei due decenni successivi, lo IOR continua la sua attività opaca, più come gestore di patrimoni del clero che come banca vera e propria, con conti intestati a enti religiosi spesso utilizzati da soggetti laici per fini non religiosi.
Gli eventi internazionali impongono però una svolta: dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, gli Stati Uniti richiedono leggi antiriciclaggio severe per tutte le banche mondiali. Il Vaticano reagisce nel 2010: Benedetto XVI nomina Ettore Gotti Tedeschi presidente dello IOR e affianca il cardinale Attilio Nicora, fautore dell’8 per mille. Ma il percorso non è semplice: le riforme vengono contestate, la legge antiriciclaggio subisce modifiche e i vertici dell’istituto si dimettono tra polemiche e accuse, poi cadute nel vuoto.
Con Papa Francesco, la modernizzazione accelera. Nel 2014, Ernst von Freyberg introduce riforme decisive: chiusura dei conti con intestatari ambigui, rafforzamento della comunicazione e adozione degli standard internazionali Moneyval su trasparenza, antiriciclaggio e antiterrorismo. Anche Francesco, però incontra diverse difficoltà: la richiesta di ripulire l’intera finanza vaticana, affidata al cardinale George Pell, viene ostacolata da scandali interni, tra cui le accuse di pedofilia contro Pell, poi prosciolto.
Con il rescritto di tre anni fa, Francesco centralizza nello IOR le operazioni finanziarie e la gestione della liquidità di prelature e religiosi, lasciando all’APSA solo il patrimonio immobiliare. Una separazione criticata dai clienti storici, grandi istituzioni cattoliche e benefattori laici.
Ora Papa Leone XIV apre una nuova fase. L’APSA può gestire direttamente fondi e investimenti anche tramite intermediari esterni, mentre lo IOR mantiene il suo ruolo centrale nella gestione patrimoniale e negli investimenti. La decisione non è solo tecnica ma apre anche a nuove collaborazioni con banche internazionali e filantropi, soprattutto statunitensi, e potrebbe riportare equilibrio tra trasparenza e autonomia, tra luce e ombra, nella finanza vaticana.