Mediobanca, gli occhi sul voto allo stipendio di Nagel. Gli errori di Delfin

Il vantaggio temporale di Donnet per la propria riconferma. Giovedì mattina l'assemblea di Piazzetta Cuccia con i protagonisti della battaglia per il Leone

di Andrea Deugeni
Da sinistra Leonardo Del Vecchio, Francesco Caltagirone e Alberto Nagel
Economia
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Il clima che si respira alla vigilia dell’assemblea di Mediobanca è quello di una lenta guerra di posizione fra i due soci rilevanti Leonardo Del Vecchio e Francesco Caltagirone, che vogliono allentare la presa di Piazzetta Cuccia sulle Generali e l’amministratore della merchant Alberto Nagel. Il banchiere ha neutralizzato il primo intervento a gamba tesa sulla governance da parte di Delfin, richieste di modifica che avrebbero rischiato di balcanizzare il funzionamento nel prossimo Cda di Piazzetta Cuccia, portando nel 2023 nel board ben quattro rappresentanti del fondatore di Luxottica e lasciando fuori i rappresentanti dei fondi (finora due e candidati da Assogestioni).


 

Delfin ha fatto marcia indietro sulle controproposte di Nagel per quanto riguarda il numero dei consiglieri di minoranza e le modifiche del voto di lista, dicendosi soddisfatta per il disco verde del Cda all’eliminazione del vincolo statutario sulla presenza dei manager in consiglio. Ma il sorprendente cambio di posizione, fanno notare alcuni osservatori della delicata partita Mediobanca-Generali, è più da leggersi come un non voler alzare troppo il tono dello scontro su un argomento, la governance, un terreno dove per gli impegni presi con la Vigilanza di Francoforte per l’aumento della propria quota oltre al 10% del capitale (ora al 18,9%), in teoria Delfin dovrebbe astenersi, muovendosi solo con una logica solo da investitore finanziario. Logica che non sembra per niente essere rispettata e la dinamica pare non sia passata inosservata a Francoforte.



Il Ceo delle Assicurazioni Generali Philippe Donnet

E’ il punto numero tre (Remunerazioni) all’ordine del giorno dell’assemblea in sede ordinaria di domani mattina (alle 10) quello su cui sono puntati gli occhi di tutti gli osservatori della guerra nella Galassia del Nord visto che già lo scorso anno Del Vecchio bocciò i compensi elargiti a Nagel e al presidente Renato Pagliaro, un tema su cui in vista dell'appuntamento di domani anche i proxy advisor hanno mosso delle critiche.

Sarà interessante vedere come si esprimerà il principale oppositore di Nagel nelle Generali, quel Francesco Caltagirone che secondo quanto ha riportato Milanofinanza.it ha depositato il 3% per partecipare ai lavori e sarà presente all'assise (in forma virtuale nell’era Covid, come lo scorso anno) assieme al rappresentante di Delfin Romolo Bardin. 


 

Dal punto di vista del business, Nagel è inattaccabile, anche se qualcuno fa notare come il prestito titoli sulle Generali "a tutela dell'investimento in Generali tenuto conto del contributo significativo che apporta ai risultati di Mediobanca" di fatto confermi le critiche iniziali del 2019 di Del Vecchio sulla dipendenza del'ultima riga di bilancio di Piazzetta Cuccia dalla partecipazione nel Leone.

Il banchiere però continua a dare soddisfazione ai propri soci e i numeri della trimestrale gli danno ragione: i 261,9 milioni di profitti ampiamente sopra il consensus (225 milioni), in forte crescita rispetto allo scorso anno (+30,9%) e in miglioramento rispetto al trimestre precedente (+28,6%) con il positivo contributo ai ricavi di tutte le divisioni, gli hanno permesso infatti di confermare l'obiettivo del 70% per il pay-out. Altri target potrà batterli. 

(Segue...)

In conference call, il banchiere ha abilmente schivato le domande sulle recenti mosse dell’ingombrante socio Delfin (“Il nostro compito è quello di gestire il gruppo e portare risultati nell'interesse di tutti gli azionisti. E migliorare la performance finanziaria nell'interesse degli azionisti, al resto non siamo interessati; come non vogliamo dare giudizi sugli azionisti”, ha risposto), su Generalisul prestito titoli avente ad oggetto 70 milioni di azioni del Leone, pari al 4,4% del capitale e che consentiranno a Mediobanca di arrivare ai nastri di partenza in assemblea ad aprile per la battaglia definitiva sulla riconferma di Philippe Donnet con in mano il 17,2% dei diritti di voto.


Il presidente di Essilux Leonardo Del Vecchio

Una mossa che ha fatto inferocire i due grandi azionisti Del Vecchio e Caltagirone, che assieme alla Fondazione Crt, hanno siglato un patto di consultazione per la discontinuità nella governance a Trieste. Fino ad aprile prossimo, mese dell’assemblea delle Generali con all’ordine del giorno il rinnovo delle cariche sociali, la guerra di posizione sull’asse Milano-Trieste sarà ancora lunga e logorante.

Secondo indiscrezioni Del Vecchio, ora titolare del 5,56% del capitale del Leone salirà a un soffio dal 10%, portando il Patto (oggi al 13,41%) al 18% della compagnia, superiore al pacchetto di voti di Piazzetta Cuccia. Ma prima, gli oppositori di Donnet proveranno a far naufragare la lista del consiglio (al prossimo Cda del 10 novembre, oltre alla trimestrale, potrebbero essere scelti gli advisor legali e la società di head hunting per i profili), confidando anche in un intervento delle authority.



Da sinistra Francesco Caltagirone e Alberto Nagel

Il naufragio della pratica obbligherebbe Mediobanca a presentare una propria lista contro cui schierare una proposta alternativa per contendersi a Trieste il quasi 40% delle preferenze in mano agli istituzionali. Ed è sulla proposta alternativa che, nonostante i numeri maggiori ai nastri di partenza, lo schieramento Del Vecchio-Caltagirone-Fondazione Crt deve giocare tutte le proprie chances, un nome alternativo a Donnet e soprattutto una strategia industriale in grado di convincere i vari Blackrock&C, a cui Donnet però ha dato grosse soddisfazioni in termini di rendimento e di fronte ai quali il manager francese con la cittadinanza italiana potrà giocare la carta del piano industriale di dicembre.

Si tratta infatti di un vantaggio di posizione, perché Donnet potrà puntellare le promesse messe nero su bianco nel business plan con una forte dose di credibilità. Un piano in cui recepire anche i rilievi mossi da parte degli azionisti riottosi su M&A, taglio dei costi, digitalizzazione e inserimento della figura del direttore generale.

In questi sei mesi altri colpi di scena non sono esclusi. A cominciare dall'aumento della quota di titoli del capitale del Leone presa in prestito da parte di Nagel, ipotesi a cui il banchiere, incalzato sul tema, ha opposto oggi un "no comment". 

@andreadeugeni