Mutui usati per comprare le azioni della banca e operazioni "baciate", ecco che cosa ha stabilito la Cassazione
Conversazione con l’Avvocato Nicola Ferraro, founder partner di de Tilla Studio Legale
Avvocato Ferraro, la Cassazione (con l’Ordinanza n. 22722 del 6 agosto 2025) è tornata ad affrontare il tema delle cosiddette “operazioni baciate”. Ci può spiegare di cosa si tratta?
Si definiscono operazioni c.d. “baciate” quelle nelle quali un soggetto ottiene un finanziamento o una garanzia da una banca (contratti che sono, di per sé, leciti); ma a condizione di servirsene, in tutto o in parte, per acquistare azioni della banca che concede il prestito. L’operazione è illecita (e quindi nulla) perché ricade nella fattispecie della c.d. assistenza finanziaria vietata dall’art. 2358 c.c.
Qual è stato il caso sottoposto all’esame della Corte di Cassazione?
Il contenzioso ha tratto origine da una domanda di accertamento di nullità del mutuo (e della relativa iscrizione ipotecaria) che era stata proposta da un mutuatario, originario cliente di Veneto Banca s.p.a., nei confronti di Intesa San Paolo s.p.a. (cessionaria del ramo aziendale di Veneto Banca s.p.a.) allo scopo di fare accertare l’obbligo della banca cessionaria alla restituzione degli importi pagati nel corso del rapporto. Nei due gradi del giudizio di merito i giudici (Tribunale e Corte di appello) avevano dichiarato la nullità del mutuo nella parte in cui questo è risultato collegato all’acquisto delle azioni proprie della banca veneta (in violazione dell’art. 2358 c.c.); così disponendo la restituzione degli importi pagati. Parallelamente, era stata dichiarata anche la nullità dell’acquisto delle azioni della banca veneta eseguito dal cliente.
Qual è la finalità che sta alla base del divieto di assistenza finanziaria sancito dall’art. 2358 c.c.?
Il legislatore vuole evitare che il capitale sociale del soggetto giuridico che emette il prestito o fornisce la garanzia venga artificialmente “gonfiato”. L’utilizzo di risorse che provengono dalla stessa società per finanziare o garantire la copertura del suo capitale sociale può metterne a rischio la sua effettività nel caso in cui il soggetto finanziato non sia, poi, in grado di rimborsare il finanziamento alla scadenza. Un capitale “non reale” espone a rischio gli altri soci e i creditori della società che, notoriamente, fanno affidamento sul capitale sociale per avere rapporti commerciali con essa.
È un divieto assoluto, oppure esistono eccezioni?
Non è assoluto. L’art. 2358 c.c. consente l’assistenza finanziaria; ma a determinate condizioni, molto stringenti: occorre la redazione, da parte degli amministratori, di una relazione che indichi le ragioni dell’operazione, gli obiettivi imprenditoriali, lo specifico interesse della società all’operazione e i rischi a essa sottesi; la delibera deve poi essere assunta dall’assembleare straordinaria (con maggioranze quindi elevate); l’operazione non può, poi, superare gli utili distribuibili e le riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Se questi presupposti non sussistono, l’intera operazione è nulla.
La nullità colpisce tutto l’architrave dell’operazione. Per cui a essere coinvolti sono il contratto di mutuo, quello costitutivo delle garanzie e quello di acquisto delle azioni del soggetto finanziatore. Anche se si tratta di atti distinti tra di loro in quanto si dimostri che sono funzionalmente integrati a formare un’unica operazione.
Il divieto opera anche se l’operazione è stata strutturata da una banca popolari e da società una cooperativa per azioni, nonostante l’art. 2358 c.c. sia collocato in quella parte del codice civile dedicato alle s.p.a.
Come si accerta se il contratto di finanziamento e quello di acquisto delle azioni del finanziatore sono collegati?
Anche in via presuntiva. La Cassazione, proprio nel caso qui esaminato, ha fatto riferimento alla presenza di taluni indici che hanno rivelare la circostanza che i contratti erano collegati tra loro: la prossimità temporale tra il contratto di finanziamento e quello di acquisto dei titoli della banca, la coincidenza tra importo dato in prestito e il corrispettivo delle azioni oggetto di acquisto, l’assenza di altre finalità economiche giustificative dell’operazione. Quando questi elementi convergono il finanziamento e l’acquisto vanno considerati come un’unica operazione.
Uno dei passaggi chiave della sentenza della Cassazione riguarda la sorte dei crediti e delle passività derivanti dalle operazioni “baciate” condotte delle banche venete, poi confluite in Intesa Sanpaolo s.p.a. Cosa ha chiarito la Cassazione?
Intesa San Paolo s.p.a. aveva provato a sostenere la sua irresponsabilità rispetto alla nullità del mutuo fatta valere dal mutuatario. La Cassazione ha messo in risalto le ragioni dell’infondatezza della tesi difensiva della banca stabilendo, invece, che Intesa San Paolo s.p.a. è il soggetto passivo nell’azione di nullità del mutuo proposta dal mutuatario relativamente alla quota di esso funzionale all’acquisto delle azioni della banca. Mentre, sul lato attivo del rapporto, è il soggetto legittimato a recuperare le somme erogate al mutuatario e da questi non pagate alla scadenza.
Al di là degli aspetti tecnici che sono stati esaminati dalla Corte di Cassazione quale è il messaggio che si può trarre dalla decisione assunta?
La decisione richiama le banche a una maggiore trasparenza strutturale delle operazioni composite. Ogni collegamento tra finanziamento e acquisto di strumenti finanziari della banca stessa deve essere oggetto di valutazione rigorosa: se non sorretto da logica economica equilibrata, può comportare nullità e responsabilità.
Grazie avvocato Ferraro.
Grazie a voi. È un tema tecnico, ma con implicazioni molto concrete per risparmiatori e operatori bancari.