Tim, Gubitosi resta al suo posto. Spin-off per la trasformazione in Tmt

Al termine del Cda straordinario, la compagnia fa sapere che "non è in corso alcuna negoziazione relativa alla rete o ad altri asset strategici”

di Marco Scotti
Luigi Gubitosi
Economia
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Il board straordinario di Tim fare il punto sulle strategie dopo i risultati deludenti dell’ultimo bilancio trimestrale

Un consiglio di amministrazione fiume durato oltre sei ore: è quello di Tim che si è riunito oggi su richiesta di cinque membri del board. Obiettivo, fare il punto sulle strategie dopo i risultati deludenti dell’ultimo bilancio trimestrale. Il primo e più importante risultato, come si legge nella nota emessa dalla stessa società, è che “non è in corso alcuna negoziazione relativa alla rete o ad altri asset strategici”. Si tratta di un nodo fondamentale, perché nei giorni scorsi le voci di una possibile intenzione dell’ex-Sip di lasciare il controllo della rete ad altri – e si era anche fatto il nome del fondo Kkr – avevano fatto decollare il titolo in Borsa. Titolo che nell’ultimo mese si è mantenuto ai minimi da un anno a questa parte.

Una situazione che non potrà far piacere agli azionisti, Vivendi in primis. Proprio i francesi, con Arnaud de Puyfontaine e Franck Cadoret avevano espresso le maggiori perplessità sui risultati ottenuti. E in molti sostenevano che questo consiglio di amministrazione potesse essere il prodromo dell’addio a Luigi Gubitosi. Il quale, per il momento, rimane al suo posto. Avrà sicuramente vissuto giorni migliori, ma per il momento rimane dov’è.

La rete resta nel perimetro di Tim

E dunque che cosa emerge da questo cda straordinario convocato però senza i vincoli dell’urgenza? Come detto, la rete resta nel perimetro di Tim. Ma d’altronde non poteva essere molto diverso da questo l’esito: perché Cassa Depositi e Prestiti, espressione del Mef e azionista con quasi il 10% dell’azienda, difficilmente si sarebbe convinta a cedere un asset strategico, magari agli stranieri, con la spada di Damocle della golden power. La nota di Tim, inoltre, parla della necessità di concentrare gli sforzi sulla definizione del nuovo piano strategico 2022-2024 (che dovrà essere presentato a febbraio al cda), cioè quello già annunciato in precedenza da Gubitosi all’indomani della presentazione dei conti trimestrali. Un piano che, in ogni caso, non potrà prescindere da una consistente riduzione del debito.

Il nuovo piano strategico 2022-2024

Possibile che venga messa in vendita una partecipazione azionaria in alcuni gioielli di famiglia, da Noovle a Sparkle. Così come è plausibile pensare che l’effetto della partnership con Dazn, che costerà 800 milioni tra il 2021 e il 2024, potrà farsi più significativo nei prossimi mesi. Certo, l’azienda che ha vinto la gara per i diritti di ritrasmissione della Serie A non sta esattamente completando un’operazione simpatia. Dopo i problemi di qualità del segnale, poi il blocco della possibilità di vedere su due diversi dispositivi in contemporanea i contenuti (annuncio poi smentito da Dazn stesso) ha rischiato di alienarsi ulteriormente gli umori del pubblico.

(Segue: l'obiettivo di Gubitosi?  Trasformare Tim da una semplice azienda di telecomunicazioni a una Tmt...)

L'obiettivo di Gubitosi:  trasformare Tim da una semplice azienda di telecomunicazioni a una Tmt

Non è un caso che il ministro Giorgetti abbia convocato l’azienda per avere informazioni ulteriori in proposito. Si può aggiungere altro sul piano strategico? Voci bene informate riferiscono ad Affaritaliani.it che l’obiettivo di Gubitosi è quello di trasformare Tim da una semplice azienda di telecomunicazioni a una Tmt (Telecom, Media, Technology) in cui le nuove partite, dalla cybersecurity al cloud, dallo streaming all’Internet of Things vengono giocate attraverso società ad hoc.

Con questo cda straordinario Vivendi ha voluto ribadire il suo interesse a giocare un ruolo di primo piano nella partita cruciale che riguarda Tim, cioè la rete. Che è però un bene strategico soggetto a golden power, soprattutto in un momento in cui, dopo il via libera dell’Europa alla nuova composizione di Open Fiber, potrebbe diventare ancora più centrale nell’economia nostrana. Molto rumore per nulla, avrebbe detto Shakespeare.