Merkel: stabilità e riforme mancate.Bilancio tedesco e Ue di 16 anni di Angela

Le elezioni in Germania sanciscono l'addio della "ragazza dell'Est" dopo 16 anni di dominio della politica tedesca e di quella europea

di Lorenzo Lamperti
Esteri
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Das Mädchen, "la ragazza", è arrivata a fine corsa. Almeno per quanto riguarda la cancelleria. George Bush Jr., Barack Obama, Donald Trump e Joe Biden. Silvio Berlusconi, Romano Prodi, di nuovo Silvio Berlusconi, Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte e Mario Draghi. Mentre i presidenti degli Stati Uniti e i premier italiani si succedevano, lei era sempre lì. La Germania e l'Unione europea si preparano a dover fare a meno di Angela Merkel. Un lungo addio preparato e atteso, ma non per questo meno traumatico. Basti dire che secondo tutti i sondaggi, se Frau Angela si fosse ricandidata per la quinta volta avrebbe vinto agevolmente di nuovo alle cruciali elezioni tedesche di domenica 26 settembre.

Non è certo un caso che il favorito della vigilia, il ministro delle Finanze Olaf Scholz, abbia impostato la sua campagna elettorale nel segno della continuità con Merkel. Un paradosso, visto che Scholz sarebbe il leader dell'Spd, il partito rivale della Cdu/Csu della cancelliera uscente. Eppure, tanto forte è ancora la presa di Angela sull'elettorato tedesco che in campagna elettorale la gara non è stata tanto tra Spd e Cdu, o tra Scholz e il presunto (debole) erede merkeliano Armin Laschet, ma proprio tra chi assomigliasse di più alla donna che ha dominato la politica tedesca in tutti questi anni. Una corsa che sembra vinta da Scholz, tanto che Laschet nel comizio di chiusura ha balbettato: "Bisogna essere anche se stessi. Dire sono Angela Merkel… insomma… Io apprezzo Angela Merkel, ma non sono Angela Merkel. Non sono neppure Helmut Schmidt. Sono Armin Laschet!"

ANGELA MERKEL, IL BILANCIO DI 16 ANNI DI CANCELLERIA

Quattro mandati, oltre tre lustri da leader politico della locomotiva d'Europa, durante i quali è successo tanto, tantissimo. Una leadership che va oltre a quella tedesca ma che è stata de facto anche la leadership europea, con un'Unione che ora resta sprovvista del suo esponente più carismatico, anche e soprattutto nei rapporti con l'estero. Tempo di bilanci, per la donna che nel 2005 è diventata la prima donna alla cancelleria della Germania dopo il suo passato da segretaria della propaganda della Gioventù comunista nell'allora Germania dell'est e una sapiente attesa di cinque anni dopo il complicato epilogo dell'era Kohl e il governo socialdemocratico di Schroder.

Partiamo da una constatazione. Merkel è apprezzata, apprezzatissima. Non solo in Germania, come detto, ma anche in tutto il continente. Secondo un sondaggio dell'ottobre 2020, il 75% degli adulti di 13 paesi europei hanno più fiducia in lei che negli altri leader del blocco. Il motivo dell'apprezzamento nei suoi confronti è il tratto distintivo del suo governo: perseveranza e affidabilità, volto positivo di una medaglia in cui si possono leggere anche tanto pragmatismo e una discreta freddezza. E' innegabile, Merkel ha saputo garantire una grande stabilità, non solo sul fronte interno ma anche su quello europeo. E' semore riuscita a mantenere la Cdu al centro degli equilibri politici, dimostrando di essere in grado di governare a corrente alternata con i liberali Fdp oppure con l'Spd in una grande coalizione. Sulla scena internazionale, ha di fatto modellato la risposta europea a numerose crisi, a partire da quella ucraina del 2014. Insomma, Merkel ha reso la Germania una sorta di isola di prospera stabilità in mezzo a un continente tormentato e sballottato da ondate migratorie, sovraniste e di crisi finanziarie.

Sul fronte interno ha vissuto anche qualche momento complicato. In particolare, dopo la storica apertura ai migranti dell'estate 2015, che portò anche a una forte crescita di Alternative fur Deutschland, il partito di estrema destra dato ora in grande calo alle elezioni del 2021. La politica di accoglienza le causò anche un duro scontro con il ministro dell'Interno Horst Seehofer. Sul fronte europeo, è sttaa identificata a lungo come la protettrice dell'austerity. Nel 2013 ottenne l'entrata in vigore di un patto di bilancio che vincolava i firmatari a rispettare specifici parametri di pareggio di bilancio. Eppure, successivamente ha saputo rimodellare la sua immagine e porsi come trait d'union tra i paesi europei che chiedono una maggiore flessibilità e i rigoristi del nord europa. All'Europa, così come alla Germania, mancherà la sua capacità di mediare.

PROSPERITA' E STABILITA', MA ANCHE MANCANZA DI VISIONE E PROBLEMI RIMANDATI

La critica che le viene mossa è però un'altra: una sorta di immobilismo e la mancanza di una vera visione. Secondo i critici, Merkel avrebbe saputo governare in maniera egregia le contingenze, ma in 16 anni non è riuscita a riformare la Germania, lasciando ora all'erede un paese con qualche problema di troppo. A partire dai problemi del suo stesso partito, che anche a causa della sua figura ingombrante non è riuscito a trovare un erede degno di questo nome. Prima c'è stato il fallimento di Annegret Kramp-Karrenbauer, poi Laschet non ha certo mostrato la forza necessaria per prendere davvero il posto di Merkel.

Più in generale, i critici sostengono che è vero che Merkel è riuscita a mantenere prospera e stabile la Germania, ma non ha fatto nulla per risolvere alcuni problemi cronici che potrebbero presto deflagrare. Il settore pubblico, scrive per esempio il The Economist, non è riuscito a investire adeguatamente, rimanendo indietro rispetto ai suoi pari nella costruzione di infrastrutture, specialmente quelle digitali. Questo ostacola non solo le nuove imprese tecnologiche, ma anche tutte le altre aziende. 

PENSIONI, CLIMA, AUTO E CINA: 4 PROBLEMI PER L'EREDE DI MERKEL

Il problema interno più grave della Germania appare però la mancata riforma del suo sistema pensionistico. I tedeschi stanno invecchiando velocemente e il problema rischia di diventare molto grande nei prossimi anni. Vengono citate le indecisioni sulla lotta al cambiamento climatico, dove la Germania continua ad emettere più carbonio pro capite di qualsiasi altro grande paese dell'Ue. Nonostante questo, Merkel ha spento la spina all'energia nucleare dopo quanto accaduto in Giappone e a Fukushima in Giappone nel 2011. La revisione della legge sul clima impone una riduzione delle emissioni di carbonio del 65% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030, e la loro eliminazione netta 15 anni dopo. Anche la quota di energie rinnovabili nella produzione di elettricità deve raggiungere il 65%. Si stima che la Germania dovrà installare altri 5gw di energia eolica onshore ogni anno fino al 2030, e 7gw all'anno dopo. Peccato che nel 2020 ha gestito solo 1,4gw. 

Il governo vuole anche 14 milioni di veicoli elettrici sulle strade tedesche entro il 2030, rispetto al milione di oggi. Un piano che non prevede però la soluzione al problema dell'industria automobilistica, la principale d'Europa, che potrebbe andare in profonda crisi. Anche qui, una questione lasciata sul tavolo del prossimo cancelliere. C'è un'ulteriore problema aperto nella politica estera e commerciale tedesca, ed è quella dell'eccessiva dipendenza nei confronti del mercato cinese. Un problema che Merkel non ha risolto ma ha anzi acuito. Anche per questo ha sempre lasciato aperta la porta a Pechino nonostante il pressing degli Stati Uniti. Il prossimo governo dovrà ricalibrare i rapporti con la Repubblica Popolare cercando di non causare ripercussioni sulla propria economia, profondamente interconnessa con le esportazioni verso la Cina.

MERKEL E L'EUROPA

A Merkel vengono mosse critiche anche sul fronte europeo, dove non ha facilitato la creazione di un meccanismo stabile su debito e flessibilità e soprattutto non ha contribuito alla creazione di una politica estera europea autonoma e stabile. Anzi, si è spesso mossa da sola, come in occasione dei rapporti con la Russia (Merkel parla benissimo russo e ha un lungo rapporto con Vladimir Putin) e l'accordo per il contestato gasdotto North Stream 2. Il prossimo cancelliere dovrà affrontare un grande test quando la Commissione rivedrà il Patto di stabilità e crescita dell'Ue, che limita i deficit fiscali e gli stock di debito pubblico. La richiesta di cambiamento incontrerà di certo la feroce resistenza dei conservatori tedeschi. Lì si vedrà se l'erede di Merkel avrà almeno in parte la sua capacità di mediazione.

Frau Angela è pronta a lasciare, apprezzata e amata come non mai in Germania e già rimpianta dall'Europa. Le sue mani a rombo e le sue variopinte giacche hanno segnato un'epoca. Ora Das Mädchen può pensare a che cosa fare da grande.