Israele, stop alla riforma: manifestanti protestano sotto casa di Netanyahu

Non si placano le proteste dopo la nomina del nuovo ministro della Giustizia

Redazione di Esteri
Esteri

Israele, assalto alla residenza del premier Netanyahu

Stop alla riforma della Giustizia. Non alle proteste. Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha rimandato la riforma della giustizia fino alla prossima sessione della Knesset, dopo la Pasqua ebraica. Lo ha annunciato il premier israeliano dopo la giornata di proteste che ha investito il Paese. Lo sciopero ha letteralmente congelato qualunque servizio, compresi i voli e gli uffici delle ambasciate disseminate per il mondo.

Come ribadito da Netanyahu nel discorso alla nazione: “È una questione di responsabilità nazionale, per evitare una guerra civile”. Di conseguenza, i sindacati hanno optato per la revoca dello sciopero in corso. Ad aggiungere carne al fuoco però arriva la nomina appena ratificata dal premier israeliano al deputato del Likud, David Amsalem, in qualità di 'secondo ministro' del dicastero della Giustizia.

Non si tratta di una nuova anomalia, infatti alla Difesa guidata da Gallant, il leader di estrema destra Bezalel Smotrich - già ministro delle Finanze - ha ottenuto la stessa carica, con autorità sulle attività nell'area C nei Territori palestinesi occupati, dove Israele ha pieno controllo civile e di sicurezza. Per questo la protesta esplode nuovamente fuori la residenza di Netanyahu, che ora risulta invasa dai manifestanti.

Tutto è iniziato con il tumulto scoppiato domenica sera alla notizia del licenziamento del ministro della Difesa Yoav Gallant, che aveva chiesto uno stop nell’iter di riforma nonostante lo condividesse sul piano contenutistico. Centomila persone si sono radunate in segno di protesta davanti alla Knesset a Gerusalemme. Di tutta risposta, la destra ha deciso di indire una contromanifestazione davanti al Parlamento.

Nethanyu prova a sciogliere i nodi all’interno del governo

A questo proposito, il premier ha agito per sedare gli animi degli alleati di ultradestra durante i colloqui all’interno della maggioranza di governo. La mediazione ha coinvolto il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, pronto ad aprire una crisi di governo. L’accordo raggiunto si basa sulla pausa della riforma in cambio della della creazione di una Guardia nazionale civile di volontari che dipenda direttamente dal ministro. "Ho accettato di rimuovere il mio veto in cambio di questo impegno" ha specificato Gvir.

Di contro invece, Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze e leader di Sionismo Religioso, non è disposto a mollare: Non dobbiamo fermare per alcun motivo la riforma. Siamo la maggioranza - ha affermato annunciando la sua presenza alla manifestazione della destra alla Knesset - non dobbiamo arrenderci alla violenza, all'anarchia, agli scioperi selvaggi, alla disobbedienza. Non consentiremo che ci rubino i nostri voti e il nostro Stato".

Anche il leader centrista Benny Gantz ha assicurato che si presenterà nella residenza del capo dello Stato Isaac Herzog, "con cuore aperto e anima sincera. Dobbiamo dire no alla violenza e sì agli accordi e al dialogo". Lo stesso Netanyahu ha fatto riferimento a questo principio nel suo discorso, denunciando "una minoranza di estremisti" e invitando i capi dell'esercito ad usare la mano pesante contro i riservisti contrari a presentarsi all’incontro.

"Sosterrò ogni iniziativa giusta di dialogo ma - ha sottolineato Gantz - non faremo compromessi sui principi della democrazia"; un monito a cui si è associato anche Yair Lapid, primo ministro israeliano. La legge dunque resta sul tavolo, con l’esortazione a dialogare con l’opposizione per definire gli “aggiustamenti necessari” e rimodulare quindi il disallineamento con l'opposizione, al momento spaccata.

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