Usa, Trumpnomics & Co: ecco le proposte repubblicane alle presidenziali 2024

Con le primarie repubblicane al via, i programmi economici dei tre candidati repubblicani prospettano scenari più incerti rispetto alla rielezione di Biden

di Redazione Esteri
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Presidenziali Usa 2024, Trumpnomics &Co: ecco le idee in campo

Tra meno di 72 ore l'Iowa darà il via ufficiale alle attesissime primarie che eleggeranno il futuro presidente degli Stati Uniti d'America. Biden tiene ben salde le redini del candidato democratico di punta, mentre tra l'ala repubblicana le cose non sono così lineari e scontate, nonostante Trump sia abbia un certo vantaggio rispetto ai suoi "competitor": Ron De Santis e Nikki Haley. 

L'ago della bilancia potrebbe essere senz'altro il programma economico, esplicitato su ciascuna piattaforma elettorale; rispettivamente: l’“Agenda 47” di Donald Trump, la “Declaration of Economic Independence” di Ron De Santis e il “Freedom Plan” di Nikki Haley.

Analizzando il programma dell'ex presidente Trump, si scorgono riduzioni d'imposta e del federalismo governativo oltre a una forte deregolamentazione in campo energetico e ambientale. In breve, un programma liberista-populista che conferma le proposte precedenti nel 2016 e nel 2020. Il programma di Ron De Santis ricalca in modo tangibile quello del Tycoon: flat tax, limitazione dell'indipendenza della Federal Reserve e taglio ai fondi alle imprese attente alla DEI– Diversità, Equità, Inclusione.

Infine Nikki Haley, con il suo Freedom Plan che è sì un programma conservatore, ma più elastico in fatto di immigrazione e cambiamento climatico. Come scrive Moreno Bertoldi su Ispi, Haley concentra le sue critiche contro “il socialismo di Joe Biden”, che “ha reso l’America più povera e più dipendente dal governo federale”. Riduzione del debito pubblico, ridimensionamento del ruolo dello stato nell’economia, deregolamentazione, sono i cavalli di battaglia del Freedom Plan.

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Nella dialettica tra liberismo e populismo etno-nazionalista, con Trump e De Santis è quest’ultimo che prevale, mentre con Haley è il primo ad avere la meglio.

Ad un'analisi più specifica, la questione energetica è sicuramente la più "unitaria" tra i tre candidati, che concordano sulla necessità di tornare all’indipendenza energetica per gli Stati Uniti, rilanciando massicciamente la produzione di combustibili fossili, riprendendo e accelerando la costruzione di gasdotti e oleodotti, e riscoprendo l’energia nucleare.

Inoltre - aggiunge Ispi - poiché il cambiamento climatico viene considerato una “bufala cinese” per indebolire l’economia americana, Trump, De Santis e Haley concordano sulla necessità di abbandonare gli Accordi di Parigi, abolire le regolamentazioni e i sussidi introdotti da Biden per favorire la produzione di energie pulite, interdire gli standard ESG, rilanciare il settore automobilistico tradizionale attraverso la revoca degli incentivi in favore della produzione e la vendita di auto elettriche contenuti nell’Inflation Reduction Act. 

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C'è più pluralità sull'atteggiamento nei confronti della Cina; o meglio, per tutti è il nemico numero uno, ma mentre Trump e De Santis avanzano proposte che porterebbero a un rapido decoupling dell’economia americana da quella cinese, Haley si dichiara contrario al Dragone ma non ha proposto niente di concreto. Le misure dei due rivali invece contemplano un piano quadriennale per eliminare tutte le importazioni di beni essenziali dal Paese asiatico (Trump) e il divieto per le imprese statunitensi di condividere con imprese cinesi tecnologie di punta e vieterebbe l’importazione di beni cinesi prodotti utilizzando proprietà intellettuale “rubata” agli Stati Uniti (De Santis).

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Il campo su cui si concentra maggiormente il Freedom Plan di Nikki Haley invece è il bilancio: la necessità di consolidarlo, riducendo deficit e debito pubblico. L’aggiustamento di bilancio proposto da Haley ricade completamente sulla contrazione della spesa pubblica, scrive Bertoldi. Al proposito, Haley propone di imporre un limite alle spese federali legato alla loro percentuale nell’economia. Inoltre porrebbe il veto a qualsiasi bilancio che non riportasse la spesa federale a livelli pre-Covid e riformerebbe i programmi assistenziali (Social Security, Medicare), riducendo gradualmente alcuni benefici. 

Dal lato della spesa sia Trump che De Santis sono molto più cauti di Haley. Certo, entrambi annunciano tagli drastici delle spese federali, ma restano vaghi nei dettagli (e nel contempo prevedono aumenti nelle spese per la difesa). Inoltre sia Trump che De Santis, consapevoli dei costi politici di riformare i programmi assistenziali, hanno escluso eventuali tagli. Sia nel caso del programma economico di Trump che quello di De Santis la riduzione delle entrate sarebbe più importante del taglio delle spese. Di conseguenza, solo una crescita particolarmente forte (entrambi promettono un tasso di crescita medio superiore al 3%) potrebbe portare a una stabilizzazione o una riduzione del debito pubblico statunitense.

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