Il grido silenzioso dell’abisso: “La ragazza che annega” di Caitlín R. Kiernan
Un horror/fantasy edito da Mercurio Books da leggere in queste ultime settimane d’estate
Nel panorama letterario internazionale poche opere di recente pubblicazione riescono a coniugare con pari intensità introspezione psicologica, immaginario fantastico e orrore esistenziale come La ragazza che annega, ultimo lavoro della scrittrice irlandese-americana Caitlín R. Kiernan. Uscito per la prima volta nel 2012 e approdato finalmente in Italia nel febbraio 2025 grazie a Mercurio Books – nell’accurata traduzione di Milena Sanfilippo e con la postfazione di Marco Malvestio –, il romanzo si è imposto come un emblema del gothic weird. Riconosciuto con il Bram Stoker Award e il James Tiptree Jr. Award, La ragazza che annega si è trasformato in un oggetto di culto per lettori alla ricerca di esperienze radicali e dissonanti.
Al centro della narrazione troviamo India Morgan Phelps – per tutti Imp –, giovane artista tormentata dalla schizofrenia e da un’eredità familiare di follia. «India Morgan Phelps sente il richiamo dell’abisso, l’ha sempre sentito», leggiamo tra le prime righe; quel richiamo la guida nel labirinto della sua memoria e dei suoi deliri, dove un dipinto, una figura enigmatica di nome Eva Canning e una voce interiore che è il suo doppio – Imp stessa – si alternano tra apparizione e sparizione, seduzione e annientamento.
La ragazza che annega si presenta come un memoir, ma è in realtà un inganno formale, un testo che si costruisce mentre si disgrega, frantumato in racconti, lettere, appunti, citazioni, sogni. È Imp stessa a battere a macchina la propria verità, consapevole dell’instabilità dei propri ricordi: «Il linguaggio è un mezzo di comunicazione così povero…». La storia ruota intorno all’incontro – forse un’allucinazione? – con Eva, sirena o lupo mannaro, amante o spettro, musa o frammento mentale. «Quel sorriso è inciso per sempre nella parte interna delle mie palpebre», scrive Imp, consegnando al lettore una visione ossessiva che sfuma i confini tra vita, morte e visione.
Lo stile di Kiernan è insieme denso, lirico e disturbante. L’autrice costruisce un’esperienza che procede per immersione, non per sviluppo lineare. È lei stessa a dichiarare, in un’intervista a Publishers Weekly: “Ho passato gran parte della mia vita lottando con gravi malattie mentali. [...] Quando ho scritto The Red Tree nel 2008 ho finalmente capito come scrivere su questo, invece che scrivere ‘di’ questo”. La ragazza che annega, come la sua opera precedente, diventa allora una forma di autoanalisi romanzata, una terapia per immagini che rifugge ogni spiegazione razionale.
Il soprannaturale è presente, ma mai codificato. Kiernan evita qualsiasi “rivelazione”: “Non voglio sapere cosa è successo! Una buona domanda vale mille soluzioni” svela a Weird Fiction Review. Per lei l’orrore non è un genere ma un’emozione, un’emersione perturbante dell’inspiegabile. L’assenza di certezze narrative è intenzionale: ci si perde, come Imp, in un oceano di segni senza mappa. “Raccontare la sua verità è l’unico modo per incontrare ancora la donna che ama”, ma quella verità è mutevole, sfuggente, deformata da traumi e desideri inconfessabili.
Il romanzo affronta con delicatezza e originalità temi come la sessualità queer, la salute mentale, la dissociazione, la transizione e le dinamiche amorose non eteronormative, senza mai cadere nel moralismo o nella retorica. Il personaggio di Eva – “una carezza violenta, un inno stridente” – incarna la tensione tra eros e thanatos, libertà e autodistruzione. In questo mondo dominato da presenze femminili archetipiche e terrificanti, l’uomo è un’ombra marginale: il femminile diventa forza primordiale, a tratti mostruosa perché irriducibile.
L’ambientazione – boschi del New England, musei infestati, appartamenti come tane – è rarefatta e densa, sospesa tra simbolismo e realismo magico. Le immagini acquatiche sono ricorrenti: l’acqua non è solo elemento naturale, ma simbolo di dissoluzione e catarsi, di desiderio e pericolo.
Kiernan, paleontologa e geologa di formazione, ha costruito una carriera letteraria unica, in bilico tra il fantastico, l’horror e la poesia. Ha dichiarato: “Mi sto stancando di convincere la gente che non sono una scrittrice ‘horror’”, preferendo definire la sua narrativa come “emozione”. Con oltre 250 racconti e numerosi romanzi, tra cui Silk e The Red Tree, la sua opera esplora le zone liminali della coscienza, spesso attraverso figure marginali e outsider.
Nata a Dublino nel 1964 e cresciuta in Alabama, Kiernan si è sempre definita un’autrice dell’inquietudine. La ragazza che annega nasce da un’urgenza personale: “Dovevo smettere di cercare di scrivere su Imp e sulla schizofrenia. Dovevo lasciare che fosse lei a parlare, nella sua voce. Così ho creato una donna di cui mi importa più di qualsiasi altro mio personaggio”.
Il risultato è un’opera di grande potenza emotiva, che rifiuta le categorie, respinge ogni interpretazione definitiva e si offre al lettore come un enigma. Per chi ha amato Shirley Jackson o Thomas Ligotti, per chi è disposto a farsi spettatore del caos interiore altrui, La ragazza che annega è senza dubbio il libro giusto. Come Imp, anche noi possiamo sentire il canto della sirena.