Rai rosa, ma ci sono anche grandi escluse. I nomi
Nomine Rai al femminile: i profili delle direttrici
Rai a traino rosa con Maggioni al Tg1, Sala al Tg3 e De Stefano a Rai Sport
Ogni volta che si avvicinano le nomine in Rai, parte l’arrembaggio delle forze politiche. E non c’è legge che tenga: i partiti continuano a brigare e a mettere becco. Con conseguente coda di polemiche perché ogni tornata si porta dietro il suo carico di scontenti. Anche l’era Draghi da questo punto di vista non fa eccezione. Al di là delle rimostranze dei Cinque stelle (dove si stanno registrando le maggiori turbolenze), però, questa infornata di nomine almeno su un punto trova tutti d’accordo: la rivoluzione femminile all’ombra di viale Mazzini. Mamma Rai si tinge di rosa con le tre le giornaliste proposte dall’ad Carlo Fuortes che hanno ricevuto oggi il disco verde del Cda.
Tutte risorse interne all’azienda pubblica che, per la prima volta nella sua storia, vede approdare una donna alla direzione del Tg1. Si tratta di Monica Maggioni, un passato come inviata di guerra (in particolare fu in prima linea durante la seconda Intifada tra palestinesi e israeliani, ma anche l’unica giornalista al seguito dell’esercito americano nel 2003 nella guerra in Iraq), oltre che ex presidente della Rai. E poi ci sono Simona Sala, la quirinalista del Tg1 indicata alla guida del Tg3, e Alessandra De Stefano, con una lunga carriera a Rai Sport, che da attuale vicedirettrice è stata appunto designata per la direzione.
Rai, per il conduttore di Tv Talk Massimo Bernardini stavolta non sono state fatte scelte politiche, “ha prevalso la caratura femminile di alto livello”
Di questa ventata rosa in Rai, Affaritaliani.it ha parlato con il giornalista e autore televisivo Massimo Bernardini. Il noto conduttore di Tv Talk crede che stavolta “Fuortes non abbia fatto una scelta politica in senso stretto, soddisfacendo, per dirla brutalmente, l’editore”. Insomma, queste nomine, continua, “non le vedo come soddisfazione di certe aree politiche. Non conosco De Stefano, ma Maggioni e Sala sì. Si tratta di grandi professioniste”, dunque ha prevalso “la caratura femminile, ma una caratura femminile ad alto livello”.
Bernardini è convinto, inoltre, dell’apporto che le donne possano dare alla Rai: “Io credo nella differenza di genere quale dato positivo. Come il resto del mondo ci insegna, le donne possono portare ovunque, e quindi anche nel giornalismo e nella direzione di testate giornalistiche così importanti, una chiave diversa sia nello stile lavorativo e sia nello sguardo e nell’attenzione. In più, una donna, essendo abituata ad un multitasking che l’uomo non conosce, alla guida di un gruppo è più intelligente, più aperta e meno formale.
L’importante - sottolinea il conduttore tv - è che non si lasci inchiodare dal modello dirigenziale maschile che rimane prevalente”. Se fosse stato per Palazzo Chigi, inoltre, si sarebbe potuto osare di più, attingendo anche ad altre professionalità femminili esterne alla televisione di Stato. Poi, si sa come è andata. Si è deciso quindi di valorizzare le risorse interne. Eppure, di profili fuori dal perimetro Rai ne sono stati vagliati diversi.
Rai, Stefanelli, Varetto e Pancheri le grandi escluse
Uno su tutti è quello dell’attuale vicedirettore vicario del Corriere della Sera, Barbara Stefanelli. Milanese, classe 1965, Stefanelli è un vero e proprio simbolo dell’empowerment femminile. Non a caso premiata alla XXI edizione del Chi è Chi Awards dedicato a questo tema. Si è aggiudicata lei, appunto, il premio per la comunicazione al femminile. Non il solo riconoscimento che vanta nel suo curriculum. Il primo per importanza rimane il Marisa Belisario del 2010, ma ha vinto anche il Matilde Serao nel 2013. Al Corriere dal ‘92, è stata caporedattore centrale e caporedattore Esteri, oltre che direttore del settimanale “Sette” dal maggio 2019.
Il suo nome rimane legato in particolare ad un’altra iniziativa: è suo, infatti, il progetto del blog La 27ora, uno spazio collettivo dapprima aperto al solo contributo delle firme femminili del Corsera, poi via via allargato alle altre penne, oltre che a contributi di lettori ed esperti, “dove abbiamo promosso il dialogo”, come ha raccontato la stessa giornalista sul Corsera: “Tutto è partito da un’inchiesta sulla violenza intitolata ‘Questo non è amore’: era il 2011 e da allora siamo andate avanti promuovendo dibattiti sulla maternità, sostenendo l’idea del congedo parentale per i padri e interrogandoci sul ruolo delle donne. Senza smettere mai di ascoltare anche gli uomini”. “Questo non è amore” diventerà pure un libro, pubblicato per i tipi di Marsilio, arrivato finalista al Premio Estense 2013. In quanto ideatrice del blog, infine, si è aggiudicata pure il Premio Ischia 2016 per la carta stampata.
Anche due volti noti di Sky Tg24 sono girati vorticosamente nelle scorse ore, prima che si trovasse la quadra finale sulle nomine. E’ stato così per Sarah Varetto e per Giovanna Pancheri, rispettivamente ex direttrice ed inviata della testata.Classe 1972 e piemontese, Varetto è stata protagonista di una fulminea carriera a Sky. Ha all’attivo diversi incarichi prestigiosi, a cominciare dal ruolo di responsabile della rubrica Economia.
Dopo aver diretto per otto anni il canale, subentrando nel 2011 a Emilio Carelli e vivendo da protagonista il lancio delle all-news, per la giornalista nel 2019 arrivano nuove responsabilità. Sono infatti affidate a lei tutti i progetti giornalisti di Sky in Europa. Dal 2020, infine, da capo Bigger Picture, Inclusion e Internal Communications assumerà anche il ruolo di EVP Communications, Inclusion & Bigger Picture, e quindi le responsabilità delle attività di comunicazione corporate, delle comunicazioni istituzionali e di publicity/ufficio stampa. Diversi riconoscimenti pure per Varetto: dal Premio Casalegno giovani nel 1999 al Premio Sulmona nel 2013, passando per il Premio Tular del 2009.E che dire di Giovanna Pancheri? Anche il suo è un nome rientrato nelle ‘nomination’ Rai.
Romana, classe 1980, dopo gli esordi di carriera proprio in Rai (a 24 anni era programmista regista per Rai educational), ha lavorato nei settori stampa e comunicazione della World Trade Center Association a New York e del World Heritage Center dell’Unesco a Parigi, oltre che come Policy Officer all’European Youth Forum a Bruxelles. Dal 2005 è a Sky Tg 24 come inviata. Ed è proprio da qui che prende il via la sua avventura professionale con la corrispondenza per l’Europa a Bruxelles. Nel 2016 approda Oltreoceano per seguire la campagna elettorale di Donald Trump e quindi l’intero mandato presidenziale. Ad attenderla al rientro in Italia quindi ci sarà la promozione a vice caporedattrice di Sky Tg 24 e la conduzione del tg delle 20. Insomma, un enfant prodige del giornalismo al femminile.
Molto deve alle esperienze fatte all’estero, negli States soprattutto. Una palestra che l’ha portata persino alla ribalta sul Time. Era l’8 novembre del 2020. Un episodio che lei stessa ricorda in un tweet: “Quella volta che sono finita su Time (a mia insaputa) grazie al fotografo”. Oltre ad aver ispirato uno dei libri dell’anno. Ha dato alle stampe, infatti, “Rinascita americana – La nazione di Donald Trump e la sfida di Joe Biden”, edito da Sem. Un sigillo ai suoi 4 anni vissuti seguendo quella che Pancheri con Affaritaliani.it ha definito “una presidenza unica nel suo genere” e che la reporter romana decise di seguire in una chiave diversa, non rimanendo a New York, ma spostandosi da un posto all’altro per raccontare l’America profonda di Trump.
Rai, occasione mancata per aprirsi all’esterno
Chissà, forse per la Rai non è ancora il tempo di allargare i propri orizzonti e aprirsi di più al mercato. Una cosa è certa, almeno a sentire, Bernardini: “Avere qualcuno che arriva dall’esterno aiuterebbe. Lo dico in generale, senza nessun riferimento alle professioniste scelte che, ribadisco, sono di alto livello”. Secondo l’autore televisivo, infatti, l’azienda “ha bisogno di aria nuova. I giornalisti Rai si attardano ancora su schemi antichi. Ma la cosa è molto complicata. Chiunque è venuto da fuori ha fatto molta fatica e poi bisogna dire la verità”. Quale? “Noi abbiamo un management medio alto che purtroppo cambia troppo in fretta. C’è un turn over continuo che non aiuta. Da anni manca un dirigente apicale che duri cinque anni. Ormai siamo ridotti all’anno e mezzo-massimo tre. E in questo breve lasso di tempo che cosa vuoi costruire? E’ questo - conclude - il vero dramma che vive la Rai e di cui la politica non si fa carico per niente”.