Alessia Pifferi era capace di intendere e volere quando lasciò morire di stenti la figlia ma "si disconnesse dal suo ruolo di madre"

La perizia disposta nel processo di secondo grado a Milano a carico di Alessia Pifferi, già condannata all'ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, di un anno e mezzo

Di Giorgio d'Enrico
Milano

Alessia Pifferi era capace di intendere e volere quando lasciò morire di stenti la figlia: l'esito della perizia

Alessia Pifferi era capace di intendere e volere quando lasciò morire di stenti la figlia.La Corte d’Assise d’appello di Milano, su richiesta della difesa, aveva incaricato tre esperti di effettuare un nuovo accertamento psichiatrico sulla donna. L’obiettivo era verificare eventuali elementi non emersi nel primo processo. Gli esperti hanno ribadito che la donna era “pienamente capace di intendere e volere” al momento dei fatti. Una valutazione che conferma la perizia del primo grado, quando già si era esclusa l’incapacità di comprendere e volere le proprie azioni. Alessia Pifferi, 40 anni, è stata condannata in primo grado all’ergastolo per omicidio volontario aggravato. Nel luglio 2022 aveva lasciato sola in casa per sei giorni la figlia Diana, di appena un anno e mezzo, causandone la morte per stenti. Il processo d’appello è ancora in corso e la nuova perizia rappresenta un passaggio chiave nella valutazione dei giudici.

Alessia Pifferi si è "disconnessa dal suo ruolo di mamma"

Il disturbo psichiatrico da cui e' affetta Alessia Pifferi non ha compromesso la sua capacita' d'intendere e di volere quando abbandono' e lascio' morire di stenti la piccola Diana. Semplicemente e crudelmente Pifferi ebbe una "disconessione dal suo ruolo di mamma".E' questo il senso della perizia svolta dagli esperti Giacomo Francesco Filippini, Stefano Benzoni e Nadia Bolognini che portera', salvo sorprese, alla conferma dell'ergastolo in appello per la donna. Il disturbo del neurosviluppo, la cui presenza viene confermata dagli studiosi, "non puo' ritenersi di gravita' tale d'avere eziologicamente compromesso le capacita' di intendere e/o di volere, escludendole del tutto oppure scemandole grandemente, per il lasso di tempo in cui la condotta omissiva e antidoverosa e' perdurata". Pifferi, ricordano gli psichiatri, ha spiegato che la sua mente era "disconnessa" nella scelta dell'abbandono della bimba. Una "disconnessione" che non significa pero' il non avere compreso le conseguenze che avrebbe potuto avere quella che e' stata una scelta lucida.
 
La discussione riguarda dunque se e in che modo questo evento, 'la mente disconnessa', "sia ascrivibile a definiti processi patologici e se essi integrino i criteri per un vizio di mente", premettono gli autori dello studio. "La cornice funzionale nella quale questi fenomeni si instaurano e' quella di un soggetto che pure a fronte di una fragilita' cognitiva e affettiva, mostrava sufficienti competenze relazionali, capacita' di risolvere problemi e prendere decisioni, di pianificare le azioni, di prevedere rapporti causa-effetto in situazioni di discreta complessita' - e' la loro risposta nel lavoro che risponde a tre quesiti dei giudici-.Non vi e' peraltro e' evidenza che manifestasse disfunzionamenti significativi nelle aree principali di vita, condotte in piena autonomia". In particolare, i periti si soffermano sulla scelta di andare a Leffe dal compagno, lasciando Diana da sola a Milano con due bottiglie di acqua e una di te' nel suo lettino dove mori' per disidratazione. 
 
"Circa la riferita da Pifferi 'disconessione della mente' durante il soggiorno a Leffe, con progressiva 'riconnessione' nelle fasi del rientro al domicilio e crescente preoccupazione per le condizioni della figlia essa non e' il frutto di mancato riconoscimento, consapevolezza e comprensione delle potenziali conseguenze dell'abbandono della bambina; non e' il frutto di un fallace ragionamento controfattuale in quanto il compito non eccedeva le sue desumibili capacita' e la stessa signora Pifferi afferma che il meccanismo non fu un errore di valutazione ma appunto l'esito della 'mente che si disconnette'; non configura amnesia, non accompagnandosi a fenomeni dissociativi, eventi traumatici o altamente stressanti, intossicazione da alcool o droghe, danni neurologici; la 'disconnessione' riguarda il suo essere madre, non e' temporalmente circoscritta ma perdura per tutto il periodo di permanenza a Leffe (una settimana), ed e' estremamente selettiva riguardando solo il 'ricordo di Diana sola a casa'; non e' il frutto di mancato riconoscimento, consapevolezza e comprensione delle potenziali conseguenze dell'abbandono della bambina". La sua disconnessione, e' la sintesi, riguardo' proprio "il ruolo di mamma". 

La difesa di Alessia Pifferi: "La perizia conferma le sue fragilità"

"Attendo la valutazione del Prof Pietrini, mio consulente. Dalla lettura si confermano la fragilità intellettiva ed i problemi mnemonici. Anche la assoluta incapacità di simulazione. Le conclusioni verranno valutate dalla Corte". Così l'avvocata Alessia Pontenani, legale di Alessia Pifferi, commenta la perizia.

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