Assalto a La Stampa, assalto alla democrazia

La violenza non ha pedagogia. La violenza non ammonisce: intimidisce. Non corregge: minaccia. E chi si permette di spiegarla, o peggio di giustificarla, fa un torto non a un giornale, ma alla verità

di Alessandro Pedrini
Milano

Assalto a La Stampa, assalto alla democrazia

C’è una linea, in un Paese civile, oltre il quale non si passa. A Torino questa linea è stata superata: un giornale è stato assaltato. Fatto, non opinione. Letame ai cancelli, scritte da teppisti, minacce di morte ai giornalisti. È il linguaggio di chi non sa parlare e allora tira pugni. Di chi non sa argomentare e allora urla. Di chi non sa convivere in democrazia e allora la colpisce dove fa più male. Il resto è rumore.

Poi arriva una relatrice dell’ONU — ruolo altisonante, responsabilità immense — che, invece di limitarsi a condannare, trova il modo di infilare un “monito” alla stampa. Monito? A chi è stato aggredito? È come rimproverare alla ragazza stuprata di non essersi difesa abbastanza.

La violenza, signori miei, non ha pedagogia. La violenza non ammonisce: intimidisce. Non corregge: minaccia. E chi si permette di spiegarla, o peggio di giustificarla, fa un torto non a un giornale, ma alla verità. La verità è semplice, quasi banale, e proprio per questo insopportabile per molti: una redazione è un luogo sacro della democrazia. Come un tribunale. Come un’aula scolastica. Come un seggio elettorale.

Chi ci entra per devastare non è un manifestante: è un nemico di quella libertà che pretende di invocare. Si può criticare la stampa, eccome. Il grande Montanelli lo faceva ogni giorno — qualche volta anche troppo. Ma difendeva il suo mestiere come si difende un confine e per questo fu gambizzato dalle BR. Perché sapeva che senza giornali liberi, anche i suoi peggiori avversari avrebbero perso la voce. E un Paese senza voci è solo un Paese più facile da comandare. La politica ha espresso solidarietà. Bene .Era dovuto. Ma non basta.Perché l’assalto a La Stampa non è un episodio: è un precedente. E i precedenti, in Italia, non restano mai soli.

Se si lascia passare l’idea che un giornale possa essere rieducato a colpi di irruzioni, domani toccherà a chiunque disturbi qualcuno. Prima i cronisti. Poi i magistrati. Poi chi vota il partito sbagliato. Poi chi parla troppo.

Le democrazie non muoiono in un giorno. Muiono per logoramento. Oggi un assalto, domani la giustificazione, dopodomani il silenzio. E allora sia chiaro, una volta per tutte:la stampa non prende moniti da nessuno. Non li pretende e non li accetta. E non ascolta lezioni impartite da chi non riesce a difendere nemmeno le proprie parole. Il resto è fumo. La libertà di stampa, no: quella è ancora pietra. E — finché resterà tale — su quella pietra si regge questo Paese.

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