Delitto di Garlasco, tutti gli errori che pesano come macigni sull'indagine

Contaminazioni, ritardi e omissioni hanno segnato fin dalle prime ore l’indagine sull’omicidio di Chiara Poggi. Dalla gestione della scena del crimine ai reperti scomparsi, una sequenza di sbagli che pesa ancora oggi 18 anni dopo

Di Giorgio d'Enrico
Milano

Garlasco, l’indagine che portò alla condanna definitiva di Alberto Stasi è stata segnata da gravi errori: contaminazioni sulla scena del crimine, reperti mal gestiti, accertamenti eseguiti in ritardo o non eseguiti affatto. Oggi, con le nuove indagini su Andrea Sempio, riaffiorano i dubbi su quelle prime fasi compromesse che hanno reso la ricostruzione un intricato groviglio.

Delitto di Garlasco, tutti gli errori e le contaminazioni che hanno segnato l'indagine

Nelle unghie di Chiara Poggi fu trovato il DNA riconducibile ad Andrea Sempio, ma resta il dubbio che possa trattarsi di una traccia introdotta durante l’autopsia, tramite le forbicine utilizzate dal medico legale. La circostanza è emersa oggi e - se confermata - costituirebbe l'ennesimo inciampo di una indagine martoriata da errori, contaminazioni, leggerezze. L'ultimo (o già penultimo?) passo falso accertato era stato la contaminazione della garza con cui era stato prelevato il DNA dalla bocca della vittima.

Gli errori nelle prime ore nella villetta di via Pascoli

Ma gli sbagli più gravi restano probabilmente quelli commessi nei momenti immediatamente successivi al delitto. Quali? Eccoli. La villetta di via Pascoli non venne isolata: carabinieri, soccorritori e conoscenti entrarono senza calzari né guanti, compromettendo irrimediabilmente la scena del crimine. Lo stesso cadavere di Chiara fu girato senza protezioni, facendo sì che la maglietta con le impronte dell’assassino si impregnasse di sangue e rendendo impossibile l’analisi. Persino il gatto di casa fu lasciato libero di muoversi, con il rischio di spostare o contaminare tracce ematiche.

Garlasco: reperti dimenticati o mal gestiti

Numerosi oggetti potenzialmente decisivi furono trascurati. In cucina non vennero repertati né il posacenere sporco, né i resti di cibo nella pattumiera, né i cucchiaini sporchi nel lavello. Nel bagno quattro lunghi capelli scuri furono fotografati ma mai raccolti. Elemento questo tornato in questi giorni al centro del dibattito. Alcune impronte digitali su porte e stipiti non furono repertate, mentre il telefono venne documentato in foto ma senza analizzarne le tracce ematiche. Perfino i rilievi fotografici presentano lacune: mancano intere sequenze di scatti, perché – come emerso a processo – le memory card delle macchine fotografiche furono cancellate per riutilizzo in altri casi.

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Il mistero della "traccia 33" scomparsa

Una delle prove più discusse è la cosiddetta “traccia 33”: una impronta palmare rinvenuta sul muro della cantina, oggi attribuita dalla Procura  in base alle foto ad Andrea Sempio. Ma il reperto originale, dopo essere stato trattato con ninidrina e asportato con un bisturi, è scomparso dagli archivi senza verbali di distruzione o esaurimento. Altre orme e strisciate di scarpe non furono considerate, nonostante la loro compatibilità con calzature diverse da quelle di Stasi.

La bicicletta nera sequestrata solo sette mesi dopo

Uno degli elementi più discussi resta la bicicletta nera vista da una testimone davanti alla villetta il giorno del delitto. Quella della famiglia Stasi fu sequestrata solo sette mesi dopo, quando i pedali risultavano già sostituiti. Proprio su quei pedali i Ris rinvennero tracce biologiche riconducibili a Chiara. Ma anche altre biciclette segnalate da testimoni non furono mai sequestrate né analizzate.

Il computer di Stasi e i dati compromessi

La gestione del computer di Alberto Stasi è stata al centro di polemiche e rilievi critici. I carabinieri lo accesero senza effettuare una copia forense, alterando i file e danneggiando potenzialmente l’alibi dell’imputato. Nella sentenza di primo grado si parla di attività condotte “in buona fede ma con metodologie scorrette”, che avrebbero potuto compromettere l’attendibilità delle analisi.

L’ora della morte e i dati mancanti

Altro nodo irrisolto riguarda la determinazione dell’ora del decesso. Il medico legale non pesò il corpo e non rilevò la temperatura corporea, elementi fondamentali per una stima precisa. A processo, l’orario fu adattato sulla base del nuovo alibi di Stasi, ma l’incertezza rimane.

Molti tabulati telefonici non furono acquisiti, come quelli di Marco Poggi o di Andrea Sempio. Diverse testimonianze non furono approfondite, alcune intercettazioni non vennero trascritte integralmente. Nel frattempo scomparvero un album fotografico di Stasi e alcune sequenze di foto dei rilievi. Un quadro di leggerezze e omissioni che alimenta un corposo dossier di punti critici riconosciuti negli anni dagli stessi atti processuali.

Garlasco, un groviglio di mancanze ed errori che pesa ancora oggi

Il delitto di Garlasco resta un caso giudiziario chiuso sul piano formale, con la condanna definitiva di Alberto Stasi confermata anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Ma l'incredibile sequela di leggerezze ed errori dà ampio margine a chi ritiene che sulla vicenda non sia stata fatta veramente giustizia. E del resto  le contaminazioni accertate, i reperti mancanti e i rilievi condotti in modo approssimativo costituiscono un’eredità pesante, che oggi alimenta la nuova indagine della Procura di Pavia e i dubbi su possibili responsabilità rimaste in ombra.

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