Il Leonka, totem di una generazione e di una sinistra che si è scordata di lui

Il centro sociale milanese divide da decenni. Dopo lo sgombero, la sinistra accusa il sindaco di immobilismo e la destra rivendica la scelta. Il commento

di Fabio Massa

Il Leoncavallo di Milano

Milano

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Il Leonka, totem di una generazione e di una sinistra che si è scordata di lui

Mi sono sempre stupito di quelli che si stupiscono che la destra faccia la destra. E che la sinistra faccia la sinistra. Ora, se c'è un argomento locale che è la summa di questo concetto molto semplice (ognuno fa il suo gioco, o - per dirla con Machiavelli - "gli uomini amano a posta loro"), questo è il LeoncavalloCentro sociale amato dalla sinistra, odiato dalla destra. Simbolo dei primi, simbolo dei secondi. Simbolo anche di una generazione, in opposizione o in accordo, che non è più quella della gioventù attuale, e basta guardare i contestatori e le leadership di quelli che erano ieri allo sgombero, così come i post di commento dei tantissimi di sinistra che ricordavano questo o quel concerto, anni fa, in gioventù.

Il primo dato di fatto è questo: il Leoncavallo è parte della Storia di Milano. Che sia parte del suo presente con la stessa forza di un tempo, ne dubito. La stessa forza culturale ma anche la stessa forza virulenta, di "rottura". Tanto che quando Beppe Sala dice che non dava fastidio a nessuno dice un concetto a due facce: perché il Leoncavallo che non dà fastidio vuol dire che non è una emergenza sicurezza, ma anche che forse da tempo non esercita la sua missione che è proprio quella di rompere le scatole. Ora, di fronte all'emergenza dello sgombero, si vedrà quale sarà la reazione. Se questa sarà un soffiare nei carboni - sperando non siano cenere - per riattizzare il fuoco quasi spento. O se sarà l'ultima fiammata, dopo la quale c'è solo la celebrazione nei libri di Storia.

Detto questo, torniamo all'inizio. La destra fa la destra. Nel momento più delicato del rapporto tra Beppe Sala e la sinistra-sinistra va a far fare la figura dell'inutile al sindaco, neppure avvertendolo. E suscitando un'ondata di sdegno in quella sinistra-sinistra, nella quale qualcuno non crede al fatto che il primo cittadino non sapesse niente. E invece è perfettamente plausibile che il governo non gli abbia detto niente. Perché voleva metterlo in difficoltà e anche perché sapeva perfettamente che - informandolo ufficialmente - la notizia sarebbe circolata e si sarebbe organizzata una "resistenza" del Leoncavallo. E' così, e lo sanno tutti. 

Che cosa succederà adesso? Che da come si comporterà da qui in avanti Sala potrà ricostruire un rapporto con la sinistra-sinistra proprio sulla difesa del Leonka oppure finirà definitivamente quel rapporto. E, secondo me, anche la giunta.

Ma c'è da dirsi una cosa, però. Perché le vergini che si strappano le vesti dovrebbero spiegare al mondo perché in 13 anni non si sia trovato un accordo con il Leoncavallo. Anche perché - e qui sia detto con la massima simpatia per l'amico Mirko Mazzali, legale del Leonka, garantista vero e persona onesta intellettualmente - di questi 13 ben 5 sono stati con sindaco Giuliano Pisapia, indubbiamente culturalmente il più vicino alla sinistra-sinistra di tutti i primi cittadini milanesi degli ultimi 40 anni. Perché non si è arrivati a una soluzione? Non è stato forse un fallimento? Forse oggi la destra fa la destra, ma la sinistra di allora non fece la sinistra... Possiamo almeno dirci questo? Oppure è più comodo urlare ai fascisti, mentre in 13 anni c'era stato tutto il tempo del mondo per sistemare le cose con i compagni?

 

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