Il mistero della candidatura di Pierfrancesco Majorino

La scelta di Maran di candidarsi per le Regionali è chiara. Meno evidenti le motivazioni che spingono Majorino ad una impresa dai risultati assai incerti

di Fabio Massa
Pierfrancesco Majorino
Milano

Il mistero della candidatura di Pierfrancesco Majorino

Ci sono vari tipi di misteri nella politica contemporanea, e nessuno di questi davvero appassionante, per dirla tutta. Ma comunque rimangono misteri, nel senso che sfugge la logica profonda, cartesiana, che dovrebbe regolare certi processi. Quando poi si parla del Partito Democratico la cosa diventa ancora più incredibile, perché le norme e le leggi che regolano la vita interna dell'unico partito davvero democratico, nel senso che non è legato alle decisioni, intuizioni o ubbie di questo o quel capo, sono tali da avere come obiettivo proprio l'eliminazione dell'imposizione dall'alto.

Tra M5S e Terzo polo: cosa cambia per il Pd scegliendo Maran o Majorino

Tutto questo come intro di una riflessione riguardante Pierfrancesco Majorino. Prima di tutto il rumor: il segretario regionale Vinicio Peluffo potrebbe arrivare questa sera con una proposta di coalizione con il Movimento 5 Stelle e di fatto chiudere la porta alle primarie lasciando l'altro Pierfrancesco, ovvero Maran, senza la gara nella quale vorrebbe dimostrare il suo valore (e i voti, soprattutto).

Certo, qualche problema c'è eccome: per esempio c'è +Europa che ufficialmente oggi non parla di Lombardia, ma pare che non sia affatto contenta della piega politica che sta prendendo la questione. Perché scegliere Maran o scegliere Majorino ha una sua differenza in termini politici. Se si sceglie Maran si sceglie il riformismo: si recuperano voti da Moratti e però si perde il lato del Movimento 5 Stelle. Se si sceglie Majorino si recupera il Movimento 5 Stelle (FORSE: secondo Dario Violi non c'è alcun accordo né con Majorino né con altri né con il Pd) ma tutti i voti riformisti nel Pd, già tentati da Calenda, finiranno inevitabilmente al Terzo Polo.

Questo meccanismo è chiaro come il sole, ed è per questo che la dirigenza romana del Partito Democratico spinge con tanta foga verso Majorino: è un blindare l'accordo con il Movimento 5 Stelle. Una dinamica congressuale che fa il paio, all'inverso, con le spinte fortissime di certo establishment su un accordo con Letizia Moratti. Anche questo figlio dell'opposta impostazione: bisogna fare l'accordo con Renzi e Calenda. In mezzo ci si è ficcato Maran, che propone la via dell'underdog, o del cane sciolto, che dopo essere stato bastonato più e più volte sulla via di Roma sceglie di ribellarsi e di proporre una alternativa politica in seno al Pd ma non cooptata dal gruppo dirigente Pd.

Majorino: cosa c'è veramente in gioco?

Per quanto la logica politica possa essere opinabile, rimane da chiedersi quale sia la motivazione profonda di Pierfrancesco Majorino, stante il fatto che quella di Maran è chiara (leggasi: candidatura fuori dagli schemi del partito, se vogliamo proprio sul modello Majo, che negli anni ha tenuto mezzo piede mezzo fuori, abilissimamente). Di vincere le elezioni non c'è neanche mezza chance, con il Terzo Polo che pesca più da sinistra che da destra, e con il Movimento 5 Stelle che è tutt'altro convinto di andare con il Pd. E allora l'obiettivo è la sconfitta con onore.

Ma perché un europarlamentare, che già perse le primarie per fare il sindaco di Milano favorendo Beppe Sala nella conquista dello scranno, dovrebbe andare incontro a una seconda sconfitta per le regionali, andando a crearsi problemi su una eventuale candidatura alle comunali, tra 5 anni? Certo, sono una era geologica, ma attraverso le ere si può passare da vincenti o da perdenti. Secondo alcuni le regionali potrebbero di fatto diventare la "pre-campagna" delle europee del 2024, aumentando il consenso personale di Majorino.

Ma davvero è solo questo il motore di tutta la vicenda? Un po' di personal branding? E a che costo. Lasciando stare quello politico, c'è poi quello umano. Oggi come oggi lo scontro porterebbe a una inimicizia eterna con l'altro Pierfrancesco con il quale, ad oggi, non c'è mai stata consonanza politica ma sicuramente rapporto umano di reciprocità. Vale la pena? A questo punto la domanda vera è: ma se non sono le Regionali, che cosa c'è in palio? Quale è la logica cartesiana profonda che regola l'attuale fase politica?

fabio.massa@affaritaliani.it

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