La Lombardia lancia le Zone di Innovazione e Sviluppo, Guidesi: "C'è ancora potenziale economico inespresso"
Le Zis rappresentano la nuova strategia della Regione per valorizzare le specificità economiche dei singoli territori, Guidesi: "A sostegno delle imprese affinchè continuino ad anticipare i tempi". L'intervista
Guido Guidesi
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La Lombardia lancia le Zone di Innovazione e Sviluppo, Guidesi: "C'è ancora potenziale economico inespresso"
La Lombardia lancia le Zis, Zone di Innovazione e Sviluppo, la nuova strategia della Regione per valorizzare le specificità economiche dei singoli territori con l'obiettivo di agevolare le collaborazioni tra aziende, università, enti pubblici, enti di formazione e realtà sociali per potenziare gli ‘ecosistemi’ locali rendendoli unici e riconoscibili a livello nazionale e internazionale. "Siamo convinti di avere ancora un potenziale economico inespresso che possiamo esaltare con le Zone di innovazione e sviluppo", spiega ad Affaritaliani.it Milano l'assessore lombardo Guido Guidesi, regista della nuova iniziativa regionale.
"Noi continuiamo a sostenere le imprese affinché continuino ad anticipare i tempi; potremmo fare ancora di più se solo fossimo nelle stesse condizioni delle altre regioni europee da un punto di vista fiscale", sottolinea Guidesi. "Ci sono territori che contribuiscono, insieme a noi, al Pil europeo, che godono di maggiori competenze e della leva fiscale" prosegue l'assessore che rivolge lo sguardo ancora a Bruxelles, con la Regione che sta conducendo una battaglia contro la centralizzazione dei fondi europei di coesione: "Il governo italiano deve evitare a tutti i costi questo cambiamento. Per ora non vedo questa sensibilità…". L'INTERVISTA DI AFFARITALIANI.IT
Guidesi, con le Zis puntate a far crescere ogni provincia esaltando le proprie peculiarità.
Cambiamo per innovare. Le Zis sono il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo che metteremo a sistema; ecosistemi settoriali che innovano in una pianificazione strategica settoriale in squadra tra aziende, ricerca, università, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo e sostenendolo nel futuro attraverso un cambio di metodo e mentalità.
Un’impostazione nuova, apprezzata dagli stakeholder. Le Zis le immagina anche con una visione europea e internazionale?
Credo che si riconosca l’esigenza strategica di fare un passo indietro individualmente per farne 10 avanti lavorando insieme. Le Zis saranno lo spazio di innovazione di un settore specifico e se funzionerà al meglio il gioco di squadra saranno un riferimento anche a livello europeo oltre a rappresentare un attrattore di investimenti e talenti. Vogliamo mettere a disposizione dei giovani opportunità formative e di conseguenza professionali senza bisogno di spostarsi. Poi io mi auguro che tanti di loro diventino anche imprenditori.
Torniamo all’Europa, resta una certa distanza…
C'è una distanza rispetto alla visione di Europa. La commissione europea, nella presentazione della prima bozza del bilancio pluriennale, che speriamo cambi, ha dimostrato di non essere conscia dell'elemento di concretizzazione del continente, ossia le Regioni e i territori. Le Regioni possono realizzare il sogno europeo molto di più rispetto agli stati centrali perché sono mature per lavorare insieme e condividere. Ma questa discussione ha dimostrato che la commissione non è rispondente alle esigenze dei territori. E questo perché non parla con i territori, uno dei grandi limiti della commissione perché se non parli con i territori fai scelte sbagliate, l’automotive insegna.
Quella per la non centralizzazione dei fondi di coesione è la grande battaglia da continuare in Europa?
La centralizzazione dei fondi di coesione è un nemico dello sviluppo economico e della crescita sociale. È un’avvisaglia negativa che non abbiamo ancora risolto: ne va della capacità della Regione di mettere in campo strumenti come le Zis, che aiutano le imprese e quando aiutiamo le imprese aiutiamo anche il lavoro. Queste risorse devono rimanere in capo alle Regioni. Se le cose dovessero cambiare, si rischia di rallentare, se non bloccare, la competitività della Lombardia, il che significherebbe frenare l'economia del Paese.
Ma nel commissario europeo Raffaele Fitto e nel governo italiano lei vede la sensibilità giusta per scongiurare questo passaggio?
Questo tipo di sensibilità non la vedo, sennò noi non continueremmo a lanciare questo tipo di allarme. Le rassicurazioni sono arrivate e non arrivate… C'è bisogno da parte del governo italiano di evitare questo errore. Io credo che il centralismo sia nemico dello sviluppo per cui mi batterò affinché questo rischio non si concretizzi. Chi pensa oggi che una centralizzazione della gestione di quei fondi possa essere un valore, domani si accorgerà del danno economico e del freno allo sviluppo. Ma sarà troppo tardi.