Ramy, la svolta: indagato per omicidio stradale un carabiniere oltre all’amico Bouzidi
La procura di Milano ha chiuso l'inchiesta sulla morte di Ramy Elgaml, morto durante un inseguimento il 24 novembre. Il carabinieri sulla Giulietta teneva "una distanza estremamente ridotta, sempre inferiore a 1,5 metri”
Ramy, indagati per omicidio stradale un carabiniere e l'amico Fares Bouzidi
La procura di Milano ha chiuso l’inchiesta per omicidio stradale sulla morte di Ramy Elgaml, il 19enne egiziano morto durante un inseguimento lo scorso 24 novembre. Due gli indagati: Fares Bouzidi, amico della vittima e alla guida dello scooter su cui Ramy viaggiava come passeggero, e il carabiniere che conduceva l’ultima delle auto dell’Arma impegnate nell’inseguimento.
Secondo quanto ricostruito dai pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano, il militare alla guida della Giulietta teneva “una distanza estremamente ridotta, sempre inferiore a 1,5 metri” rispetto allo scooter in fuga, una distanza considerata “inidonea a prevenire collisioni”, soprattutto alla luce della “condotta avventata del conducente”.
Bouzidi guidava senza patente e sotto effetto di stupefacenti
A Bouzidi viene contestato l’omicidio stradale aggravato dal fatto che guidava senza patente e sotto l’effetto di stupefacenti. Per entrambi gli indagati, la procura si prepara a chiedere il rinvio a giudizio, salvo ripensamenti dopo eventuali memorie difensive o interrogatori. La morte di Ramy scatenò forti tensioni nel quartiere Corvetto, dove vive la famiglia del giovane. A placare la rabbia fu il padre, con parole di saggezza: «Chiediamo giustizia e verità».
Una prima consulenza tecnica, affidata all’ingegnere Domenico Romaniello, sembrava destinata ad alleggerire la posizione del militare. Nella sua relazione, l’esperto spiegava che lo scooter, nel tentativo di svoltare a sinistra all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta, sbandò improvvisamente verso destra, trovandosi così nella traiettoria dell’auto dei carabinieri. Secondo la perizia, il militare non avrebbe potuto sterzare né a sinistra né a destra senza travolgere o la moto o un passante, e anche se provò a frenare, non fu possibile evitare l’impatto, terminato contro un palo semaforico.
Questa versione sembrava destinata a portare a una richiesta di archiviazione per il carabiniere e a concentrare l’accusa su Bouzidi, descritto come colui che, con una “guida spregiudicata ed estremamente pericolosa”, si era “assunto il rischio delle conseguenze”.
Il consulente della famiglia Ramy ha ricostruito lo scenario di uno speronamento
Ma successivamente sono emerse altre ricostruzioni. Il consulente della famiglia di Ramy, l’ingegnere Matteo Villaraggia, su incarico dell’avvocata Barbara Indovina, ha sostenuto che l’urto non sarebbe avvenuto in prossimità del palo, bensì poco prima dell’intersezione, quando auto e scooter erano affiancati. In altre parole, uno speronamento. I pm, anche alla luce di queste controdeduzioni e di ulteriori valutazioni del proprio consulente, hanno rivisto la loro posizione iniziale e deciso di contestare l’omicidio stradale anche al militare. Resta ancora aperto un altro filone d’indagine, relativo a ipotesi di depistaggio e favoreggiamento: due carabinieri sarebbero accusati di aver intimato a un testimone di cancellare un video utile alle indagini.
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