Referendum e oltre: quanto costa l'in-Giustizia a Milano

Il tema del referendum sulla riforma della giustizia dovrebbe appassionare anche perchè è un tema di costi. Ecco quanto costa l'in-Giustizia a Milano

di Fabio Massa
Tribunale e Processo
Milano

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Referendum e oltre: quanto costa l'in-Giustizia a Milano

E’ stata una settimana bella densa di avvenimenti. Ma quello che mi ha interessato di più - ovviamente - è stata l’approvazione al Senato della riforma della giustizia. Da qui in poi è tutta campagna per il referendum. Chi voterà sì vuole mantenere la riforma, chi invece vuole cestinarla voterà no. E’ bene dirlo, perché generalmente il referendum funziona al contrario (tanto per complicare le cose ulteriormente).

Mi rendo conto che la giustizia è un tema complicato, e anche un po’... palloso. E soprattutto si ritiene che non ci riguardi direttamente. Insomma, siamo brave persone, al massimo abbiamo preso qualche multa per divieto di sosta (io tantissime!), che cosa ci potrà mai capitare? Quella è roba per politici e ladri (che poi, purtroppo, agli occhi di molti sono uguali)... E allora iniziamo proprio da qui: da quanto riguarda noi, milanesi e lombardi, la giustizia così come è. Al di là del referendum.

Perchè la giustizia è un tema milanese

No, non è un tema milanese, solo perché a Milano la Procura è particolarmente attiva. No, non solo perché a Milano c’è stata Tangentopoli. No, non solo perché ogni tot mesi viene fuori uno scandalo. Ma perché la giustizia ha un costo oltre che umano, anche economico. Che viene pagato dai cittadini e dalle imprese. E quando si parla di giustizia non si parla solo di penale, ma anche di civile, e di amministrativo. Andiamo per ordine (inverso).

La giustizia civile

E’ quella che nessuno prende mai in considerazione. Perché in fondo l’ingiustizia è meno “spettacolare” rispetto a chi magari è rimasto in carcere per mesi o anni, da innocente. Ma è assai più costosa. Purtroppo non ci sono dati recenti e solo su Milano, ma si possono fare alcune deduzioni. Una decina d’anni fa l’allora governatore della Banca d’Italia diceva che la lentezza della giustizia civile costa un punto percentuale di PIL l’anno all’Italia. 

Ora andiamo di aritmetica: se il PIL italiano è di circa 2mila miliardi di euro, e il PIL della Lombardia è il 22 per cento di quello nazionale, e quello di Milano è circa l’11 per cento di quello nazionale, il costo della lungaggine della giustizia civile vale 4,4 miliardi di euro l’anno per la Lombarda e 2,1 miliardi di euro per Milano. E’ chiaro che questi numeri sono stime, non calcoli matematici. Perché la “perdita” si esemplifica in mille maniere diverse: per esempio secondo uno studio le aziende invece di scegliere i servizi più economici o più performanti, mettono tra i prerequisiti anche i partner più affidabili, che però potrebbero non essere industrialmente i migliori, e che generalmente non sono piccole imprese o startup, che così fanno più fatica ad affermarsi. Insomma, è un tema gigantesco, ancora tutto da affrontare.

La Corte dei Conti e i pareri legali

Ancora una volta, niente carcere. Parliamo della parte amministrativa. E in particolare che riguarda le pubbliche amministrazioni, per dirla semplice. Non metterò numeri, ma esperienze dirette, che conosco per averle vissute. La pubblica amministrazione viene “vigilata” dalla Corte dei Conti, che è molto temuta dagli amministratori perché questi rispondono direttamente delle eventuali perdite dell’erario. 

Ecco un esempio: la vicenda Serravalle. Viene acquistata dalla Provincia di Milano, per i magistrati contabili c’è un danno da 100 milioni di euro che i politici eletti (l’allora presidente, il defunto Filippo Penati, la giunta, il consiglio, i dirigenti) avrebbero dovuto pagare ciascuno un tot di milioni. Nel 2015 (dieci anni dopo la compravendita!!!) i giudici dicono che era tutto regolare, poi però in secondo grado (14 anni dopo la compravendita!!!) i giudici dicono che devono tutti rifondere. Nel 2021 (16 anni dopo!!!) la Cassazione conferma: devono pagare tutti. E’ solo uno degli esempi. Ce ne sono molti, purtroppo. Tutti uguali. Insomma, la Corte dei Conti è uno spauracchio (ecco perché il Governo si è riunito d’emergenza quando hanno fatto muro sul Ponte...) 

E allora, che cosa fanno gli amministratori e soprattutto i dirigenti pubblici? Chiedono i pareri pro-veritate. Su qualunque cosa. In pratica contattano studi di avvocati molto stimati per farsi dire se quello che stanno per fare è conforme o meno alle norme. Quanto costa un parere? Molto, decine di migliaia di euro. Che pagano tutti i cittadini, ovviamente.

La giustizia penale

Qui stimare i costi per la collettività è più difficile. Ma si possono stimare i costi per il confronto democratico da semplici casi: gente che è stata messa in carcere o indagata e che è risultata innocente. Gente che magari aveva incarichi pubblici, che dunque ci riguardano tutti. 

Facciamo una lista parzialissima dei casi finiti con una assoluzione piena o una archiviazione: Angelo Giammario, consigliere regionale; Mario Mantovani, ex vicepresidente, 41 giorni di carcere e nessun rimborso dopo l’assoluzione; Fabio Altitonante; Franco Nicoli Cristiani; Filippo Penati; Sandro Sisler; Marco Osnato; Pietro Tatarella; Beppe Sala; Attilio Fontana, archiviato due volte; Christian Malangone. 

E sono quelli che mi vengono in mente così, senza stare a pensarci su troppo. Ora, al netto che molto spesso questi casi determinano dimissioni, e dunque distorsioni nel processo democratico (se uno viene scelto dai cittadini non dovrebbe essere costretto a dimettersi se innocente...), c’è anche un altro costo spesso occulto: la serenità di prendere decisioni. Avere la Procura che indaga vuol dire avere addosso un occhio che moltiplica la paura della firma, e di prendere decisioni. E’ questo il prezzo che nessuno considera. 

L’alternativa è non indagare? Ovviamente no, l’alternativa non è non indagare, ma far sì che le indagini siano davvero riservate e segrete. Perché il problema non è se la Procura svolge le indagini, ma se queste impattano sull’opinione pubblica senza essere state vagliate da un giudice terzo nel merito.

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