San Siro, Trotta: "La demolizione è l'emblema della politica al servizio del business"

Claudio Trotta, produttore di spettacoli che hanno reso San Siro “La Scala del rock”, contro la demolizione dello stadio-simbol. L'intervista

Mario Marchi
Milano

San Siro, Trotta: "La demolizione è l'emblema della politica al servizio del business"

Claudio Trotta è una figura di primo piano nel panorama della musica dal vivo italiana ed europea. Fondatore di Barley Arts, ha prodotto e promosso oltre quindicimila concerti di artisti italiani e internazionali. Nel 2020 ha ricevuto l'Ambrogino d'Oro per i suoi meriti nel campo dello spettacolo.

Da alcuni anni Trotta ha abbracciato una nuova battaglia: è tra i fondatori del Comitato Sì Meazza e ne è vicepresidente e portavoce, impegnandosi attivamente contro la demolizione dello stadio di San Siro, un luogo che ha ospitato i più grandi artisti internazionali. La questione del futuro dello stadio Meazza si inserisce in un dibattito più ampio sul modello di sviluppo di Milano, tra le pressioni del business immobiliare e la tutela del patrimonio collettivo.  L'INTERVISTA DI AFFARITALIANI.IT MILANO

Sono passati oltre sei anni da quando Inter e Milan hanno chiesto la demolizione di San Siro. Come valuta questo lungo periodo di dibattito?
Parlare della situazione attuale dello stadio Meazza di San Siro dopo oltre 6 anni da quando le allora proprietà di Inter e Milan hanno lanciato la richiesta di demolizione dello Stadio è utile per fare considerazioni sulle priorità delle persone che abitano a Milano. In questo lungo periodo insieme a Luigi Corbani, al Comitato SIMeazza e a quei pochi consiglieri comunali e ai tanti cittadini che hanno preso una posizione contraria ai voleri del sindaco abbiamo scritto, detto e fatto tutto quanto reputavamo necessario per spiegare le nostre posizioni e la nostra visione per il futuro.

Secondo lei, quali sono le vere priorità che dovrebbero guidare le scelte amministrative?
È davanti agli occhi di tutti che - quali che siano i reali bisogni dei cittadini, primo fra tutti un equilibrio psico-fisico che possa dare un presente ed un futuro alle loro famiglie - quello che regola le scelte di chi governa sul territorio sia ben altro. Ciò che predomina è la ossessiva ricerca dell'attrattività della città. I capitali esteri come principale obbiettivo. La vendita degli immobili di proprietà del Comune e quindi dei cittadini, e non di chi temporaneamente li governa, come missione principale.

Questo modello di sviluppo ha conseguenze concrete sulla città?
L'omologazione commerciale e culturale con la massiccia presenza di catene internazionali e la costante chiusura di esercizi storici, teatri, locali che rappresentano l'identità, la storia e la personalità della città. L'ossessione per la necessità di crescita costante di un turismo becero che non genera reali risultati economici, un turismo cafone mordi e fuggi che toglie gli spazi vitali a studenti e giovani che non possono permettersi affitti inaccessibili.

Come si inserisce la questione San Siro in questo contesto?
Demolire lo stadio di San Siro, luogo di vocazione popolare e di condivisione di tutto il mondo, simbolo dello stare insieme sportivo, musicale e religioso non è altro che la conseguenza di queste ossessioni. Politica a disposizione del business. La città emblema del business. Lo stadio concepito solo come uno strumento per il successo finanziario delle proprietà dei club calcistici.

Non si considera mai l'aspetto sociale dello sport?
Non si parla mai di sport come componente essenziale della socialità e della salute delle persone. Tutto si piega ai risultati, come se nei più di cento anni della loro storia Inter e Milan non avessero vinto nulla. Come se non ci siano stati campioni memorabili, vittorie a ripetizione, milioni di persone a partecipare e condividere la Scala del Calcio e della Musica Rock (lo hanno ricordato in tempi diversi Jagger e Springsteen). Lo stadio a vocazione popolare e di proprietà popolare più famoso nel mondo.

Qual è la sua proposta alternativa alla demolizione?
Ristrutturare e gestire diversamente lo Stadio di San Siro è l'unica scelta economica, ecologica e visionaria possibile. Uno Stadio dell'entertainment a 360 gradi disponibile per tutto l'anno, con un tetto coperto che migliori l'acustica sia per il pubblico che per gli abitanti della zona, un terreno di gioco che rapidamente possa cambiare la sua funzione, migliori servizi igienici e ristorativi per i principali share holder che sono sempre stati il pubblico pagante di partite e concerti e non le aziende che occupano gli sky box.

Come immagina il contesto urbano intorno allo stadio ristrutturato?
Una riconversione del cemento intorno allo stadio a verde utilizzabile, vivibile e necessario per la nostra salute. Una politica rigorosa che neghi l'accesso ai mezzi motorizzati nelle aree contigue e che modifichi interamente il concetto della viabilità in occasione di partite e concerti.

Chi dovrebbe gestire questo nuovo stadio?
Una possibile gestione diretta del Comune di Milano o alternativamente una gestione privata a seguito di gare serie e vere e frutto di professionalità e visione per il futuro.

Come vede l'evoluzione futura dello sport e dello spettacolo?
Un futuro che non è scritto. Chi può sapere fra 20/30/50 anni quali saranno le discipline più praticate ed amate dalle persone? Forse il rugby, forse il calcio femminile, forse modelli di entertainment che ora non esistono ancora.

Non le sembra contraddittorio demolire proprio in un'epoca di sostenibilità?
Io non comprendo come in una epoca in cui si parla spesso di rigenerazione urbana, di limitazioni al consumo del suolo, della necessità di ristrutturare, l'unico edificio da demolire sia lo stadio Meazza e l'unica area da consumare siano i 280.000 mq di San Siro e terreni confinanti. Una palese contraddizione a favore dei due fondi americani che resteranno fino a quando gli converrà.

In conclusione, dal punto di vista economico, la demolizione ha senso?
Io ancora oggi alla luce di tutto quanto detto, scritto e analizzato non riesco a spiegarmi con i conti alla mano, come sia possibile scegliere la via della demolizione che non crea alcun vantaggio ai cittadini, né alle casse del Comune di Milano.

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