Auto: immatricolazioni in caduta libera a giugno, mercato italiano a -17,4%. In crisi anche le elettriche

Forte battuta d’arresto per il mercato auto italiano: a giugno crollano le immatricolazioni e il semestre chiude in calo. Poche certezze nella transizione green

Redazione Motori
Auto e Motori

Il mese di giugno 2025 si chiude con un dato che suona come un campanello d’allarme per il mercato automobilistico italiano:

le immatricolazioni segnano un crollo del 17,4%, fermandosi a 132.191 unità contro le oltre 160 mila dello stesso mese dello scorso anno. Un confronto reso ancora più impietoso dal fatto che giugno 2024 fu segnato dal debutto degli incentivi statali, che avevano temporaneamente drogato i numeri. Tuttavia, la flessione attuale non può essere attribuita solo all’assenza di sussidi: il primo semestre dell’anno si chiude infatti con un bilancio negativo anche in termini assoluti, a quota 854.690 immatricolazioni, in calo del 3,6% rispetto al 2024. E se si guarda al 2019, il paragone è impietoso: mancano all’appello oltre 228 mila auto, per un gap del 21,1% rispetto all’ultima annata “normale” pre-pandemia.

Il settore sembra insomma muoversi con il freno a mano tirato. E non è solo una questione di numeri, ma di direzione strategica. La transizione verso una mobilità a basse emissioni, che dovrebbe rappresentare il grande orizzonte industriale del decennio, continua a essere rallentata da un mix di incertezze normative, infrastrutture inadeguate e strumenti fiscali obsoleti.

Un esempio su tutti arriva dal fronte delle auto elettriche pure (BEV): a giugno guadagnano leggermente quota, passando dal 5,1% al 6% rispetto al mese precedente. Ma il dato va letto con cautela. In termini assoluti, il confronto con giugno 2024 è disarmante: le immatricolazioni di elettriche sono crollate del 40,7%. Allora l’effetto “click day” degli incentivi aveva spinto la quota all’8,3%, un picco che oggi appare lontanissimo.

Al contrario, a far segnare un balzo significativo sono le ibride plug-in (PHEV), che crescono del 70% rispetto a un anno fa e raggiungono il 7,2% di share. La spinta sembra legata, più che a una reale adesione del mercato alla tecnologia, alla normativa sui fringe benefit aziendali che ha reso questo tipo di alimentazione fiscalmente più vantaggioso. Complessivamente, le auto a basse o zero emissioni (ECV) rappresentano oggi il 13,2% del mercato: un dato che può sembrare incoraggiante, ma che resta modesto rispetto agli obiettivi europei di decarbonizzazione.

Il quadro che emerge è quello di un sistema che fatica a trasformarsi, anche perché restano irrisolti alcuni nodi strutturali. Tra questi, la fiscalità delle auto aziendali, che in Italia è ancora ferma agli anni ’90, quando si ragionava in lire. Laddove in Europa si incentivano le flotte ecologiche con strumenti fiscali moderni, il nostro Paese continua a muoversi su schemi superati. La delega fiscale in scadenza, attualmente all’esame della Commissione Finanze, potrebbe rappresentare un’occasione concreta per cambiare rotta.

Ma le riforme richiedono tempi e volontà politica. Intanto, il mercato rallenta. Il segmento dei privati perde terreno, scendendo al 50,9% del totale, un calo di 8,6 punti percentuali rispetto a un anno fa. Tiene, invece, il noleggio a lungo termine che sale al 23,8%, sostenuto soprattutto dalle Captive, mentre il noleggio a breve termine e le autoimmatricolazioni recuperano terreno con quote rispettivamente del 4,9% e 14,2%.

Le scelte di alimentazione mostrano l’effetto della razionalità economica più che dell’ideologia ambientale. I motori termici tradizionali continuano a perdere quota: le auto a benzina si fermano al 23,6%, il diesel crolla al 10%, segnando un tracollo del 35,8% nei volumi. Tiene il GPL, mentre il vero protagonista del mese è l’ibrido: con il 43,6% di quota, questa tecnologia rappresenta quasi una vettura su due immatricolata, segno di un compromesso tra innovazione, affidabilità e convenienza fiscale.

Eppure, il vero tema che ostacola una crescita più sostenuta del comparto elettrico è quello delle infrastrutture. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza aveva previsto l’installazione di oltre 21 mila colonnine pubbliche, ma il target è stato drasticamente rivisto a 12 mila. Di queste, solo 1.400 risultano effettivamente finanziate, contro le 4.700 previste nel primo bando. Un ritardo cronico, accompagnato da un utilizzo incerto dei fondi disponibili (quasi 600 milioni ancora non impiegati), che rischia di minare la fiducia degli operatori e dei consumatori.

“La rete di ricarica pubblica non è ancora all’altezza degli obiettivi di transizione ecologica. Senza una capillarità reale e costi sostenibili, il percorso di elettrificazione resta incompleto.Anche la distribuzione geografica delle immatricolazioni riflette l’andamento incerto del mercato. Il Nord-Ovest mantiene la leadership con il 29,5% di quota, seguito a breve distanza dal Nord-Est (28,4%), ma con un peso distorto dall’impatto del noleggio. Il Centro Italia cresce fino al 27,5%, mentre Sud e Isole restano fanalini di coda, rispettivamente al 9,6% e 5%.

Guardando alla composizione per segmenti, si registra una generale flessione delle berline in tutti i segmenti, con i SUV che mantengono invece un ruolo dominante, specie nel segmento C e D. In crescita anche l’alto di gamma, mentre restano marginali le station wagon, gli MPV e le vetture sportive.

Sul fronte ambientale, le emissioni medie di CO₂ calano leggermente a 112,3 g/km a giugno, ma resta evidente come la riduzione complessiva sia ancora troppo lenta rispetto agli impegni europei.

In sintesi, il mese di giugno restituisce l’immagine di un mercato auto italiano in apnea: ancora troppo dipendente dagli incentivi, poco reattivo ai segnali della transizione energetica, penalizzato da una fiscalità obsoleta e da infrastrutture insufficienti. E se la politica non interviene con strumenti concreti e lungimiranti, il rischio è che l’Italia resti indietro, mentre il resto d’Europa accelera.

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