Stellantis: cura Filosa, stop ai futuri modelli DS N°3 e N°4
Il nuovo CEO Antonio Filosa riorienta Stellantis: focus sugli USA, riposizionamento in Europa e stop ai progetti DS N°3 e DS N°4.
La doccia fredda è arrivata nel weekend: secondo un’esclusiva pubblicata da L’argus.fr, Stellantis ha deciso di interrompere i programmi delle future DS N°3 e DS N°4.
Una scelta che racconta, più di mille slide, la nuova grammatica industriale impressa da Antonio Filosa, nominato alla guida del gruppo il 23 giugno 2025, e chiamato a raddrizzare una nave in acque mosse. Tra il 2023 e il 2024 i ricavi sono scesi, i margini si sono assottigliati e il primo semestre 2025 si è chiuso con una perdita netta di 2,3 miliardi di euro, il “benvenuto” meno invidiabile per un amministratore delegato. A confermarlo è proprio l’analisi de L’argus, che inquadra la decisione di tagliare i due progetti DS dentro un riassetto più ampio, dalla geografia produttiva al portafoglio modelli.
Nel mirino del nuovo corso c’è l’America del Nord, dove il gruppo investirà 13 miliardi entro il 2029 per modernizzare impianti, aumentare capacità e sostenere un’offensiva prodotto fatta di cinque nuovi modelli e 19 restyling. È lo stesso gruppo a fissare il perimetro dell’operazione, definita “l’investimento più importante in un secolo negli Stati Uniti”. Sul tavolo, oltre alla capacità produttiva, c’è il pragmatismo regolatorio americano che consente di rimodulare il mix tra elettrico, ibrido ed endotermico mentre l’Europa mantiene target più rigidi.
Dentro questo spostamento di baricentro, DS Automobiles rivede ambizioni e calendari. L’indicazione, di nuovo, arriva dalla ricostruzione di L’argus: il marchio francese concentrerà gli sforzi sulle fasce C+ e D, abbandonando i segmenti inferiori dopo un 2024 difficile (-26% in Francia e quota all’1,06% sul mercato domestico). La mappa dei lanci si assottiglia: dopo DS N°8 e il restyling di DS N°4 nel 2025, il nuovo DS N°7 in arrivo nella primavera 2026 rischia di essere l’ultima grande novità per un po’. È il segnale più tangibile di un riposizionamento che punta a proteggere prezzo medio e redditività, evitando sovrapposizioni interne alla galassia Stellantis.
La cancellazione di DS N°3 pesa più del semplice addio a una sigla. Il progetto D31, erede dell’attuale DS 3 e atteso per il 2028, avrebbe riportato il marchio nel cuore del segmento B con una cinque porte compatta, elegante e sportiva, cugina tecnica della futura Peugeot e-208. Un terreno dove la prima DS 3, tra 2010 e 2019, aveva venduto 500.000 unità, costruendo immagine e volumi. L’iter era fermo allo stile, dunque lo stop limita l’impatto a bilancio; ma il messaggio strategico è chiaro: meno ampiezza di gamma, più coerenza e valore.
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Stessa sorte per la futura DS N°4, attesa nel primo semestre 2029 su STLA Small (ribattezzata SP3), piattaforma condivisa con le prossime Opel Astra e Peugeot 308. In origine, la berlina segmento C doveva nascere 100% elettrica, poi ripensata multi-energia per aderire ai nuovi equilibri del gruppo. Nel mosaico delineato da L’argus, perfino l’ipotesi di riportare la produzione da Rüsselsheim a Mulhouse o in Italia resta sospesa: il progetto, semplicemente, “non vedrà la luce”. Anche per evitare sovrapposizioni con Citroën e Peugeot, da cui oggi DS deve differenziarsi più per sostanza che per finiture.
Perché adesso? Perché i numeri dettano i tempi. Negli USA, storica cassaforte del gruppo, il fatturato del primo semestre 2025 è sceso del 28,2% a 29,2 miliardi; in Europa allargata si è fermato agli stessi 29,2 miliardi (-2,4%). Meno carburante nel serbatoio significa scegliere dove investire e dove no, accelerando in quei mercati e su quei modelli che promettono ritorni nel breve. Ecco allora che la narrativa “premium francese” di DS Automobiles viene riallineata: più alto di gamma, più margine, meno sovrapposizioni con i marchi generalisti.
Sul fronte della comunicazione, il management rassicura: DS resta un marchio redditizio e contribuisce positivamente ai conti del gruppo. Ma la sostenibilità di un brand premium in un conglomerato da dodici insegne europee passa da scelte impopolari: concentrare risorse, tagliare i progetti che non garantiscono una “reason why” immediata, rimodulare la spinta all’elettrico con un mix più flessibile, come suggeriscono anche le ultime uscite pubbliche del gruppo sui target 2035. In questo quadro, il “meno è meglio” diventa la regola: meno modelli, più chiari, con tecnologia e qualità percepita che giustifichino il posizionamento.
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Per il mercato italiano la lettura è doppia. Da un lato, la rete DS potrà contare su prodotti C-D a maggiore valore e su una narrativa coerente con i desiderata di un cliente premium in cerca di comfort, materiali e tecnologia avanzata. Dall’altro, l’uscita dal segmento B priva il marchio del suo potenziale modello-porta, proprio mentre la concorrenza spinge su berline compatte elettriche e ibride dal prezzo “giusto”. Sarà il DS N°7 – insieme a DS N°8 – a sostenere la brand-equity in attesa del nuovo piano industriale che Filosa presenterà nel primo semestre 2026. Nel frattempo, la bussola resta puntata a Ovest: fabbriche da aggiornare, pipeline da semplificare e un portafoglio prodotti che rispecchi, prima di tutto, la geografia dei profitti.