Stellantis, stabilimenti europei in pausa: tra scorte, EV e cassa integrazione
Non uno stop totale, ma una serie di pause mirate in sei siti europei per riequilibrare scorte e produzione, tra domanda debole e transizione elettrica.
Non è la fotografia di un continente che spegne i motori, ma il ritratto di un gruppo che calibra il ritmo in un passaggio delicato del mercato.
Stellantis ha confermato la chiusura temporanea delle linee in più impianti europei, con finestre di stop comprese tra pochi giorni e tre settimane, per adeguare l’offerta a un autunno di vendite più fredde. La mossa è preventiva: ridurre gli stock, fare manutenzioni, organizzare formazione, allineare le catene di montaggio a una domanda che, al momento, corre meno delle previsioni.
Il perimetro è chiaro. In Francia, a Poissy, la pausa scatterà dal 13 al 31 ottobre; in Italia, a Pomigliano d’Arco, le linee della Fiat Panda si fermano dal 29 settembre al 6 ottobre, quelle dell’Alfa Romeo Tonale fino al 10 ottobre, con circa 3.800 addetti interessati da misure temporanee. Sono i due poli simbolo di un intervento più ampio che tocca sei stabilimenti europei.
L’elenco si completa con Eisenach in Germania, Tychy in Polonia e le spagnole Zaragoza e Madrid-Villaverde. A seconda del sito, si parla di sospensioni che vanno dai 5 ai 14 giorni, fino a 15 giornate lavorative nei casi più lunghi, con un impatto che sfiora anche la produzione di versioni elettriche e ibride su piattaforme condivise. Qui la logica è identica: tarare i volumi, evitare il surplus di fine anno, proteggere i margini in attesa di un rimbalzo della domanda.
Dentro le fabbriche la cronaca diventa esperienza concreta. A Poissy si montano DS 3 e Opel Mokka; a Pomigliano passano la Panda e la Tonale; a Eisenach nasce la nuova Opel Grandland (anche elettrica), a Tychy si alternano Jeep Avenger, Fiat 600 e Alfa Romeo Junior, mentre in Spagna scorrono su nastro le Citroën C4/C4 X e le bestseller del segmento B, Peugeot 208/2008 e Opel Corsa. Fermarsi qualche giorno qui significa riordinare il calendario produttivo di modelli-chiave per i volumi europei, senza compromettere i lanci né la rete vendita.
Sul tavolo c’è una variabile che pesa più delle altre: la domanda auto in Europa sta vivendo una fase di stanchezza. Tra gennaio e luglio 2025 le immatricolazioni dei marchi del gruppo sono scese di circa l’8% su un mercato sostanzialmente piatto, con l’effetto combinato di tassi ancora elevati, inflazione percepita e incertezza nella scelta tra motori tradizionali ed elettrici. In parallelo, le ordinazioni di Tonale verso gli Stati Uniti hanno risentito dei dazi, segnale di quanto il contesto globale possa incidere sulle scelte quotidiane di una linea in Campania.
La domanda, quindi, non è se fermarsi sia un segnale di crisi, ma se sia il modo più prudente per attraversare un cambio di stagione. L’azienda parla apertamente di «mercato difficile in Europa» e della necessità di «bilanciare le scorte» prima della chiusura dell’esercizio: parole che suonano industriali ma che, tradotte, significano difendere la redditività e preservare l’occupazione nel medio periodo, utilizzando gli stop per aggiornare impianti e competenze in vista del 2026.
Nel racconto pubblico, intanto, circola l’idea di un blocco generalizzato «in tutta Europa». Le fonti ufficiali e i principali osservatori la smentiscono: non siamo davanti a una serrata totale, ma a un pacchetto di pause programmate che interessa sei impianti in cinque Paesi. È un distinguo fondamentale per non ingigantire un’operazione tattica e per capire come l’industria stia imparando a “respirare” con il mercato, accelerando o rallentando laddove serve.
La transizione all’elettrico resta lo sfondo dell’intera vicenda. Il mix di venduto è in assestamento, e gli impianti che costruiscono modelli su piattaforme multi-energia risentono più di altri dei saliscendi della domanda. Ma proprio gli stop consentono interventi sulle catene di montaggio, aggiornamenti software e test di qualità che diventano decisivi quando la mobilità elettrica deve guadagnare in affidabilità percepita e semplicità d’uso.
Se c’è una lezione da Torino a Parigi, da Madrid a Tychy, è che la cassa integrazione di breve periodo non racconta da sola il futuro dell’auto europea. Lo diranno i prossimi trimestri, quando le famiglie torneranno a decidere tra finanziamenti più leggeri e offerte più chiare, e quando l’infrastruttura di ricarica avrà fatto un altro passo in avanti. Fino ad allora, la parola d’ordine è una sola: equilibrio, tra fabbrica e mercato, tra investimenti e prudenza.