Stop sanzioni e nuovi calcoli CO2: l'ultimo appello ANFIA a Bruxelles
Alla vigilia del nuovo pacchetto automotive UE, ANFIA chiede un approccio neutrale, l'uso del Carbon Correction Factor e la difesa della competitività industriale.
Il conto alla rovescia è terminato. Alla vigilia della pubblicazione del cosiddetto pacchetto automotive da parte della Commissione Europea, attesa per il 16 dicembre,
l'ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) lancia un ultimo, vibrante appello alle istituzioni di Bruxelles. La richiesta è inequivocabile: serve l'adozione di una proposta che sia chiara e concreta, capace di far ripartire sia l'industria che il mercato in un momento di grande incertezza.
L'Associazione ribadisce l'urgenza di ridisegnare il percorso di decarbonizzazione in modo realistico. L'obiettivo non è mettere in discussione la sostenibilità ambientale, ma renderla compatibile con la sostenibilità economica e sociale, evitando il rischio concreto di una progressiva deindustrializzazione del continente. Per ANFIA, decarbonizzare attraverso una pluralità di tecnologie non solo è fattibile, ma rappresenta la strada maestra da percorrere per tutelare la filiera.
La battaglia per la neutralità tecnologica e i biocarburanti
Il pilastro fondamentale delle richieste italiane è l'adozione di un rigoroso approccio tecnologicamente neutrale. L'industria non chiede di fermare l'elettrico, ma di affiancarlo ad altre soluzioni valide. In questo contesto, ANFIA propone l'introduzione di meccanismi di flessibilità che permettano di valorizzare i carburanti rinnovabili, includendo sia i biocarburanti che i carburanti sintetici (e-fuels).
Lo strumento tecnico suggerito è il Carbon Correction Factor (CCF). Questo fattore correttivo permetterebbe di contabilizzare, ai fini del rispetto dei limiti di emissioni, la riduzione di CO2 ottenuta grazie all'utilizzo di carburanti rinnovabili liquidi e gassosi, secondo i criteri già definiti dalla direttiva REDIII. Parallelamente, si richiede una revisione sostanziale della metodologia di calcolo delle emissioni: l'attuale misurazione allo scarico dovrebbe lasciare il posto al principio del Life Cycle Assessment (LCA), che valuta l'impatto ambientale dell'intero ciclo di vita del veicolo, dalla produzione allo smaltimento.
Il futuro dell'ibrido e dei veicoli commerciali
Le preoccupazioni di ANFIA si estendono anche alla sopravvivenza delle tecnologie di transizione. L'associazione chiede la sospensione dell'adeguamento del fattore di utilità per le auto ibride plug-in e una decisa valorizzazione delle tecnologie range extender. L'obiettivo è mantenere in vita queste motorizzazioni anche oltre la fatidica soglia del 2035, offrendo ai consumatori alternative valide e accessibili.
Un capitolo a parte è dedicato al trasporto merci. ANFIA sollecita la definizione di obiettivi differenziati tra veicoli commerciali leggeri e autovetture, prevedendo una flessibilità temporale sulle sanzioni che vada dai tre ai cinque anni. Analoga urgenza viene espressa per i veicoli pesanti: il regolamento sulla riduzione delle emissioni necessita di modifiche immediate, adottando flessibilità per le sanzioni 2025 e anticipando al 2026 la revisione normativa in chiave di neutralità tecnologica.
Difendere il "Made in Europe" dalla concorrenza globale
Oltre agli aspetti tecnici, l'appello tocca corde geopolitiche. L'Europa è chiamata a intervenire per rafforzare le proprie competenze industriali e tutelare il marchio "Made in Europe" in un mercato globale sempre più aggressivo. In tal senso, ANFIA suggerisce l'adozione di misure di local content, ovvero incentivi o regole che premino la produzione locale, una strategia che andrebbe certamente nella direzione di salvaguardare la base produttiva continentale.
L'Associazione, che rappresenta una filiera di oltre 5.400 imprese e 273.000 addetti in Italia , ribadisce la sua piena disponibilità al confronto con le istituzioni europee e italiane. La posta in gioco è altissima: bilanciare la tutela ambientale con la competitività di un settore che genera oltre 113 miliardi di euro di fatturato annuo e rappresenta il 5,8% del PIL italiano.