Di Maio, il progetto. Nomi, obiettivi. Sala, Pizzarotti, Brugnaro, Marcucci...

Con la scissione il ministro ha sottratto 4 milioni all'ex premier

Di Alberto Maggi
Luigi Di Maio
Politica
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Di Maio aggregatore, un lungo percorso verso le elezioni politiche


Insieme per il Futuro, il gruppo parlamentare nato con la scissione di Luigi Di Maio dal Movimento 5 Stelle, non è un partito. IpF non è il partito personale del ministro degli Esteri. Al momento - come spiegano fonti parlamentari vicinissime al titolare della Farnesina - si tratta di un contenitore che servirà nei prossimi mesi ad aggregare una serie di forze partendo dai territori, dai sindaci ma anche dai presidenti delle Regioni, con un occhio particolare al mondo delle tante liste civiche.

L'obiettivo a lungo termine è ovviamente quello di essere competitivi alle prossime elezioni, ma l'orizzonte ora non è il voto ma la costruzione di un'area che guardi tanto al Sud, Di Maio è particolarmente forte nella sua Campania, ma anche al Nord. Nessun progetto regionale, bensì un'operazione nazionale. Quello di Di Maio vuole essere un network di soggetti politici e formazioni locali che oggi hanno un peso enorme in tante città e comuni ma non hanno un contenitore nazionale. E' ovvio che in prospettiva Enrico Letta e il Partito Democratico sono un interlocutore, ma oggi non è questo il tema.

I prossimi mesi serviranno per costruire questo aggregatore di realtà spesso civiche. Anche se, fanno notare sempre parlamentari vicini a Di Maio, non sono certo sfuggite al ministro degli Esteri le parole di apprezzamento arrivate dal senatore Dem Andrea Marcucci (intervistato anche da Affaritaliani.it), ex capogruppo ed esponente dell'ala più moderata e centrista del Pd. Altro interlocutore privilegiato sarà certamente il sindaco di Milano Beppe Sala, area Centrosinistra ma non espressione organica del Pd. E insieme a Sala, famoso a livello nazionale, potrebbero esserci anche tanti altri primi cittadini e consiglieri comunali di comuni medio-piccoli del Nord.

Al momento non si parla di alleanze e quindi non ci sono canali diretti né con Matteo Renzi né con Carlo Calenda. Il dialogo resta con gli amministratori e quindi il pensiero corre anche a Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia, ma anche a Federico Piazzarotti, ex sindaco pentastellato di Parma. Difficile, molto difficile, invece un canale con Giancarlo Giorgetti. Anche se c'è molta stima e amicizia personale tra Di Maio e il ministro dello Sviluppo economico, fonti vicine al titolare della Farnesina escludono che il numero due del Carroccio possa lasciare Salvini, così come i Governatori del Nord-Est Zaia e Fedriga.

Insomma, siamo solo all'inizio. Quella del ministro degli Esteri è un'operazione politica da costruire giorno per giorno, la parola chiave è aggregare tante realtà locali che oggi non hanno una casa e poi arrivare pronti alle elezioni politiche. Ovviamente con, in prospettiva, Letta e il Pd come alleati.

Il tesoretto di Di Maio

Con la scissione dal M5s Luigi Di Maio sfila a Giuseppe Conte e a quelli che restano con lui un tesoretto di circa 4 milioni di euro, con il rischio di mettere nei guai finanziari i suoi vecchi compagni di strada e lo stesso movimento che Di Maio ha guidato in passato.

Il M5s - si legge su Verità e Affari ha sempre preso i soldi pubblici che le istituzioni garantiscono ai gruppi parlamentari e in consiglio regionale. Si trattava di circa 14 milioni fra i due rami del Parlamento. Quei fondi però sono calcolati sul numero degli aderenti agli stessi gruppi. E ora andranno divisi con quello fondato da Di Maio, cui spetteranno alla Camera 2.300.000 euro e al Senato altri 770 mila euro. Un bel tesoretto che non sarà più a disposizione di chi sta con Conte.

Il resto della somma in fumo arriverà invece dai mancati versamenti alle casse del Movimento dei 61 parlamentari che essendosene andati non metteranno più mano al portafoglio. Il deficit potrebbe essere anche più grande se la scissione dovesse allargarsi anche a qualche gruppo in consiglio regionale. Serve invece una intesa per dividersi il personale alla Camera e al Senato che altrimenti resterebbe tutto a carico del M5s che risulta oggi il loro datore di lavoro.