La Bindi attacca il governo Meloni sulla Sanità ma l’ha distrutta lei

Bindi fu Ministro della Sanità nei cosiddetti governi D’Alema I (1998 – 1999) e II (1999- 2000)

Di Giuseppe Vatinno
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Politica

Sanità, la colpa non è dei medici ma dei politici come la Bindi

A volte ritornano. Rosi Bindi due giorni fa se ne è uscita con un: “Il governo Meloni smantella la sanità. Ora i comitati per difendere la Carta” che non è quella degli alberi, immaginiamo, ma la Costituzione. “Serve una grande alleanza per far si che l’articolo 32 della Costituzione sulla Salute come fondamentale diritto dell’individuo appartenga a tutti”, così la pasionaria rossa ad un convegno tenutosi a Bologna.

Tra i partecipanti anche Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia- Romagna. Rosy la furba, Rosy la scaltra, Rosy che non c’era più, ma anche, purtroppo, Rosy per sempre. “La signora Bindi più bella che intelligente”, come la definì perfidamente Silvio Berlusconi, è tornata. Speravamo di essercene liberati per sempre con la XVII legislatura ed invece eccola lì rispuntare ad ogni occasione buona per lucrare qualche vantaggio. Simpatica come una locusta liofilizzata, sembrava essere andata in pensione -che poi a 72 anni sarebbe pure ora- ed invece eccotela lì ricicciare, eccitata come un maritozzo alla panna per la ghiotta occasione di rificcarsi dentro la politica dopo essere stata per ben anni sei una semplice “umarella donna”, che dava consigli agli operai nei cantieri edili toscani.

Lo scorso anno aveva fatto una intervista al La Stampa rendendo noto di far parte di una non meglio precisata congrega “cattolica” di intellettuali progressisti che chiedeva lo scioglimento del Pd. Si vede che poi c’avrà ripensato. In ogni caso ora attacca il governo sulla Sanità accusandolo di voler fare regalie ai privati, proprio lei che nel 1996 introdusse la legge sulla “Intra moenia” che ha sdoganato l’attività privata per i medici che lavorano nel pubblico.

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Una legge che ha smantellato, di fatto il ruolo pubblico della Sanità. Infatti il cittadino ricco
pagando utilizza le strutture pubbliche sottraendolo a quello povero e provocando le note lista di
attesa per cui ora la pasionaria finge ora di scandalizzarsi. Naturalmente la maggioranza delle strutture sanitarie pubbliche non avevano (e non hanno) adeguati spazi da dare in noleggio, per così dire, ai privati e così si sono utilizzate le cliniche dove già lavorava il personale sanitario creando la locuzione suggestiva italica di “attività intramuraria allargata”.

La colpa non è dei medici ma dei politici come la Bindi che hanno creato le condizioni per il disastro e poi hanno anche il coraggio di venire a fare filippiche. Il blitz fu fatto quando la Bindi era Ministro della Sanità nel 1999 con il decreto legislativo 229 noto appunto come “riforma Bindi”. Un’altra perla dell’attività sanitaria della Bindi, di cui spesso si vanta addirittura, è quella di aver chiuso gli ospedali psichiatrici sulla scia della pessima legge Basaglia i cui effetti giornalieri sono noti a tutti (recupera qui l'articolo). 


Per la cronaca la Bindi fu Ministro della Sanità nei cosiddetti governi D’Alema I (1998 – 1999) e II (1999- 2000). Furono governi, tra l’altro, che assestarono un formidabile colpo al mercato del lavoro liberalizzando le professioni ed aprendo alle partite Iva, un modo per precarizzare totalmente il lavoro, soprattutto giovanile, i cui effetti stiamo scontando ancor oggi in termini di impossibilità di crearsi famiglie per motivi economici. Del resto non fu proprio il Pd a far scomparire il baluardo della Statuto dei lavoratori con l’abolizione dell’articolo 18? Un regalo di Renzi che neppure la destra era mai riuscita ad ottenere per l’opposizione sindacale che si sciolse, naturalmente, come neve al sole quando ci provò riuscendosi il Pd con la complicità della Cgil. Insomma la solita storia dell’eterogenesi dei fini. Dicono di difendere gli ultimi del mondo, i lavoratori e poi fanno l’esatto contrario. Il recente caso Soumahoro docet ma gli esempi sono pressoché infiniti.