L'ala riformista Pd avverte il M5s: "Il RdC non è un totem"

Intervista di Affari ad Alessandro Alfieri, senatore dell’ala riformista Pd: "Per i giovani si può ragionare su strumenti diversi"

di Paola Alagia
Alessandro Alfieri
Lapresse
Politica
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Mentre il presidente del Consiglio Mario Draghi cerca di compattare la sua maggioranza intorno alle riforme chiave che attendono il Paese, dalla giustizia al fisco, incontrando a uno a uno i leader dei partiti – ieri è toccato al segretario dem Enrico Letta e al coordinatore azzurro Antonio Tajani, oggi è stata la volta del numero uno della Lega Matteo Salvini, in Senato il ddl Zan rischia di lacerare la tela che l’ex numero uno della Bce sta tessendo. Con M5s e soprattutto il Pd determinati ad andare avanti senza ripensamenti e Lega e Italia viva che insistono nel chiedere più tempo per una mediazione politica. La bocciatura per un solo voto della richiesta di sospensiva del provvedimento è un nuovo punto a favore dei giallorossi, ma è anche spia dei numeri risicati su cui poggiano le sorti della legge contro l'omotransfobia, soprattutto in vista dei voti segreti sul testo. Come se ne esce? Affaritaliani.it lo ha chiesto al senatore Alessandro Alfieri, coordinatore dell’ala riformista del Pd. Che a fine seduta dice subito: “Innanzitutto bisognerà verificare le motivazioni delle assenze di oggi in Aula tra le fila del M5s, di Iv e del gruppo Misto”. Intervistato dal nostro giornale, aggiunge anche: “Fatta questa verifica, penso però che sia giusto per il Pd ritrovarsi nella riunione di gruppo che faremo presto e decidere insieme come procedere”.

Senatore, sta dicendo che nulla è scalfito nella pietra?
Dico che i numeri sulla carta ci sono e quindi si può andare avanti e dare al Paese una legge più avanzata che tuteli rispetto a discriminazioni e forme d’odio. E’ chiaro però che quello di oggi (la sospensiva del provvedimento bocciata con un solo voto di scarto, ndr) sia un segnale di fronte al quale non si può rimanere indifferenti, ne ragioneremo all’interno del gruppo e rifletteremo insieme su quale sia il modo migliore per portare a casa questa legge. Che, poi, è l’unico nostro obiettivo.

La segreteria Letta si sta caratterizzando molto per battaglie identitarie. Con una maggioranza così composita non rischia di essere un boomerang?
Io credo che un Paese avanzi quando riesce a portare avanti le proprie battaglie sia sul piano dei diritti che su quello economico-sociale.

Passiamo al Movimento cinque stelle che rimane il vostro principale alleato al governo. Crede nell’accordo che si sta delineando al suo interno?
Io spero in una ricomposizione e che, quindi, il Pd possa avere al suo fianco una formazione che comunque, in questi anni, nel lavoro quotidiano con noi, ha avuto una sua evoluzione. A cominciare da una più chiara scelta europeista ed atlantista che prima non c’era. Guardiamo quindi positivamente a questa svolta. Il punto è un altro.

Quale?
Capire se questa svolta è autentica e definitiva o sarà ancora soggetta a fibrillazioni. Per questo ritengo che serva tempo perché i processi politici possano essere vissuti fino in fondo e siano metabolizzati. Ed è la ragione per cui abbiamo sempre detto no a uno schema calato dall’alto uguale su tutti i territori. Non siamo mai stati contrari a costruire un progetto insieme per le politiche del 2023, ma si tratta di un percorso che va fatto con i tempi e i passaggi giusti. Con prudenza e gradualità. Non è partendo da un’alleanza, infatti, che si risolvono i problemi.

Ma non è andata così, non le pare?
Alcuni esponenti della precedente segreteria hanno caricato Conte e i Cinque stelle di eccessive responsabilità. La verità è che avevano bisogno di tempo per metabolizzare la nuova fase. Come del resto stiamo facendo noi del Pd attraverso le agorà per rafforzare il nostro profilo identitario e le nostre proposte.

Lei parla di processi che richiedono tempo. Questo Governo, però, non ne ha tanto davanti. La riforma della giustizia sarà il primo banco di prova. Non teme che sia difficile trovare un punto di caduta con il M5s, soprattutto se nella sua nuova veste tornasse più arrembante rispetto a questi ultimi mesi?
Noi abbiamo fatto un grande lavoro per portare a casa il Recovery. Sappiamo tutti benissimo che le risorse per i progetti da mettere a terra vanno accompagnati dalle riforme. E’ chiaro, quindi, che serve responsabilità da parte di tutti. Non è tempo per logiche da bandierina, ognuno deve lasciare qualcosa sul campo per arrivare al risultato. Ma sono fiducioso perché Draghi è capace di trovare il giusto equilibrio su una riforma che deve riuscire a coniugare velocizzazione dei processi, efficacia nell’accertamento della verità e garanzie delle tutele dei cittadini.

Nessun rilievo rispetto agli emendamenti Cartabia?
Si può sempre migliorare, ma sono un buon punto di partenza. Dietro, tra l’altro, c’è lo sforzo di tanti colleghi.

Insisto: non la spaventa l’incognita M5s?
Non mi spaventa perché in Cdm i ministri Cinque stelle erano presenti, conoscono bene la fatica che c’è dietro il punto d’equilibrio trovato. Che non è il capriccio di un partito, ma il frutto della sintesi tra posizioni diverse.

Una cosa è sicura: sul Reddito di cittadinanza il Movimento è già sulle barricate. Come se ne esce?
In linea generale rimango dell’idea che per affrontare i temi di giustizia sociale sia fondamentale puntare sugli investimenti più che sui bonus. Detto questo, di fronte alla fase di trasformazione che ci attende, per le persone più avanti negli anni e per coloro che saranno spiazzati dalla transizione ecologica e digitale, c’è bisogno di strumenti di integrazione al reddito. Ma da qui a difenderlo come fosse un totem ce ne passa. Per i giovani, infatti, si può ragionare senz’altro su strumenti diversi.

Tra un po’ entriamo nel semestre bianco. Il Governo, con o senza il M5s, non ha problemi di tenuta. Ma il Pd sì se dovesse ritrovarsi in maggioranza con Lega e Forza Italia. Quanto è reale questo timore?
Spero, ovviamente, che non accada. Le risorse del Recovery sono un successo del Governo giallorosso. Draghi, poi, con la sua credibilità ha portato avanti il percorso, ma la strada era stata tracciata dal precedente esecutivo. Pd ed M5s sono stati protagonisti. Non vedo perché non continuare e non rimanere al nostro fianco.

Intanto, Letta ha sciolto la riserva. Sarà candidato nel collegio di Siena per le suppletive della Camera. Pensa che possa sottrarre energie alla campagna elettorale delle altre città al voto?
Trovo questa candidatura opportuna. Credo che sia importante la presenza del segretario in Parlamento per rafforzare il rapporto tra partito e gruppi, può garantire una maggior capacità di collaborazione. Quanto alle amministrative, poi, il Pd è una squadra larga, fatta di uomini e donne che potranno dare una mano ai nostri sindaci.