Quirinale, "Draghi? Quasi impossibile un governo senza lui premier"

Intervista di Affari ad Andrea Marcucci (Pd): "Serve un esecutivo stabile e che la legislatura arrivi al termine naturale". Per il Colle? "Un nome super partes"

di Paola Alagia
Andrea Marcucci
Lapresse
Politica
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Quirinale: Marcucci (Pd): “Il prossimo presidente della Repubblica dovremmo eleggerlo insieme, centrodestra e centrosinistra. Io preferirei un nome super partes”. Un governo senza Draghi? “Credo che sia molto complicato guidare con autorevolezza una maggioranza così larga ed innaturale, ai limiti dell’impossibilità”


Presidente della Repubblica e presidente del Consiglio. Sulla roulette delle indiscrezioni girano diversi nomi, ma soprattutto tanti veti incrociati per queste due caselle. Affaritaliani.it ne parla con un battitore libero, seppure vicino alla corrente di Base riformista, come il senatore Andrea Marcucci. L’ex capogruppo del Pd a Palazzo Madama, intervistato dal nostro giornale, di auspici ne elenca parecchi. Uno su tutti che il suo partito non si limiti a “giocare di rimessa”, ma porti avanti “una partita più attiva e propositiva”.  Al Colle, inoltre, preferirebbe “un nome super partes”. E un governo senza l’ex numero uno della Bce alla guida? “Credo che sia molto complicato guidare con autorevolezza una maggioranza così larga ed innaturale, ai limiti dell’impossibilità - sottolinea -. Draghi lo sta facendo benissimo”.

Senatore Marcucci, Palazzo Chigi e Quirinale sono due partite sempre più intrecciate. La Lega con Salvini, ma anche Forza Italia con Tajani sono stati netti nel dire che Draghi deve proseguire il suo lavoro al governo. Lei è dello stesso avviso?
Certamente vista la difficoltà del Paese, alle prese con una nuova ondata di Covid ed il Pnrr da definire, all’Italia serve un governo stabile e solido e serve che la legislatura arrivi al suo termine naturale, il 2023.

Nel Pd le posizioni sono diverse. Se Letta è più possibilista rispetto a un’ipotesi Draghi al Quirinale, non manca chi tifa per un Mattarella bis. Cosa si aspetta dalla riunione congiunta dei gruppi dem e della Direzione di giovedì?
Vorrei che il Pd giocasse una partita più attiva e propositiva e non si limitasse a giocare di rimessa. Se vogliamo continuare ad essere un presidio di responsabilità, non possiamo continuare a nasconderci. L’elezione del Capo dello Stato è particolarmente complessa per la frammentazione in essere in Parlamento. Per questo i leader, ancora di più questa volta, devono fare uno sforzo di coinvolgimento dei singoli grandi elettori.

I segnali lanciati dal premier nella conferenza di fine anno inevitabilmente hanno generato scompiglio. Crede che tocchi a Draghi adesso fare chiarezza?  Si aspetta già oggi parole nette in conferenza stampa?
Non credo, il presidente del Consiglio è in carica e, come è giusto, spiega al Paese gli ultimi provvedimenti del Governo. È un fatto dovuto, non penso debba spiegarci altro.

Il centrodestra stavolta, Berlusconi o no, vuole esprimere una candidatura di area. Se l’asse Pd-M5s si sfaldasse diventerebbe a maggior ragione una strada praticabile. Che ne pensa?
Il mio auspicio da mesi è lo stesso: il prossimo presidente della Repubblica dovremmo eleggerlo insieme, centrodestra e centrosinistra. Considero però naturale che chi avrà più filo da tessere, lo farà. L’obiettivo in fondo è comune per tutti: arrivare ad una elezione condivisa.

Fermo restando che Berlusconi sia difficile da votare, nomi come Casellati, Moratti o Pera potrebbero trovare il consenso del centrosinistra?
Non mi esprimo sui singoli nomi, ma continuo sugli auspici. Io preferirei un nome super partes.

Rimaniamo nel campo delle ipotesi, un governo senza Draghi lo immagina con un premier tecnico o politico?
Credo che sia molto complicato guidare con autorevolezza una maggioranza così larga ed innaturale, ai limiti dell’impossibilità. Draghi lo sta facendo benissimo.

In un ipotetico esecutivo politico, un Giorgetti premier per tenere in maggioranza la Lega è da escludere?
Ho stima del ministro Giorgetti, ma temo che un presidente della Lega, durante l’emergenza Covid, non darebbe molte sicurezze sulla tenuta del Paese. In più questa ipotesi viene nettamente stroncata proprio da Salvini.

Torniamo al Pd. L’effetto delle agorà fino a questo momento è stato quello di avvicinare la sinistra, D’Alema in testa. Le distanze con Matteo Renzi invece rimangono. Lei invoca da tempo un congresso. Crede sia fattibile o, causa Covid, sarà rimandato a dopo le politiche?
Mettiamola così: se non ci saranno, come non devono esserci, elezioni anticipate, sarà naturale fare il congresso nell’anno in corso. Che senso avrebbe convocare i nostri elettori dopo le elezioni? E la linea politica e le alleanze nel frattempo chi le decide? Ora smentiscono tutti, faccia la stessa domanda tra un mese e vedrà la differenza.