Ue e la crisi di bilancio, Ursula barcolla: il Parlamento pronto a votare contro il piano del budget di von der Leyen

I principali gruppi del Parlamento europeo, PPE e Socialisti e Democratici, spingono per il ritiro della proposta di bilancio settennale da 1,8 trilioni di euro, criticata per il taglio ai fondi agricoli e la gestione centralizzata

di Vincenzo Caccioppoli

Ursula Von Der Leyen 

Politica

Crisi sul bilancio Ue: von der Leyen sempre più isolata tra sfiducie e pressioni parlamentari

I due maggiori gruppi del Parlamento europeo, secondo autorevoli fonti del parlamento europeo, starebbero pianificando di affossare alcuni elementi chiave della prossima proposta di bilancio settennale di Bruxelles, che la presidente aveva presentato due mesi fa, scatenando polemiche a non finire, e creando malumori e dissidi anche all'interno del suo stesso Consiglio dei commissari. Il piano da 1,8 trilioni di euro, che secondo alcuni avrebbe tolto fondi ad alcuni settori chiave dell'economia europea come per esempio il settore agricolo, che è nuovamente sul piede di guerra contro la Commissione.

Secondo le ultime indiscrezioni che trapelano dai vertici del Partito Popolare Europeo (PPE) e di quello dei Socialisti e Democratici di centro-sinistra, per ragioni differenti, sarebbero pronti a chiedere entrambi alla Commissione di ritirare un elemento importante della sua proposta di bilancio di luglio.

Si tratterebbe dell’ennesimo episodio che dimostra come ormai tra la presidente e la maggioranza che l'ha votata a luglio 2024, il rapporto sembrerebbe irrimediabilmente compromesso. Questo ultimo battibecco arriva, infatti, dopo mesi di rancore tra von der Leyen e il Parlamento, che sono sfociati anche in un voto di sfiducia presentato da un esponente dell’Ecr, il gruppo del partito di Giorgia Meloni, che per ora sta alla finestra in attesa di capire come la situazione evolverà. La von der Leyen, sopravvissuta a quel voto, la prossima settimana dovrà affrontare due nuove mozioni di sfiducia, che, anche se sortiranno il medesimo effetto della precedente, certamente contribuiscono a creare pressione su una presidente della Commissione sempre più debole, non solo all'interno del Parlamento europeo, ma soprattutto anche all'interno del Consiglio europeo. "Siamo pronti a chiedere alla Commissione di ritirare la sua attuale proposta e di presentarne una nuova e migliore che rifletta le nostre preoccupazioni", hanno dichiarato i Socialisti e Democratici in una dichiarazione dell'autorevole rivista POLITICO due giorni fa.

Conoscendo la tempra della presidente e soprattutto di quello che da molti viene considerato come il suo Mazzarino, il potentissimo capo di gabinetto, Bjoern Seibert (“se vuoi far succedere qualcosa nella Commissione chiama Seibert” diceva un alto papavero della commissione), non è da escludere che si possa arrivare anche allo scontro frontale, con esiti imprevedibili. Il quarantenne efficientissimo capo di gabinetto della presidente avrebbe avuto un ruolo determinante nella stesura del nuovo budget. Il suo atteggiamento accentratore avrebbe urtato non poco i massimi vertici dei partiti di maggioranza (si narra che Weber, il potente presidente dei popolari, a luglio avrebbe avuto un durissimo confronto con lui a Strasburgo).

"Abbiamo preso una decisione su cosa siamo disposti a fare con questa proposta", si legge nella dichiarazione. Entrambi i principali partiti vogliono che von der Leyen abbandoni il piano di accorpare i fondi agricoli e i pagamenti regionali – che costituiscono più della metà del bilancio – in un'unica cassa gestita dai governi nazionali.

Si tratta di uno dei temi più controversi della nuova riforma voluta da von der Leyen (di concerto chiaramente con il suo capo di gabinetto) e che potrebbe trovare un largo appoggio in Parlamento, considerando che anche i conservatori dell’Ecr spingono da tempo per una modifica in tal senso.

I popolari soprattutto stanno facendo forti pressioni sulla Commissione perché sostengono che la riforma sia una vera mannaia per gli agricoltori, che notoriamente sono un grande serbatoio di voti per il gruppo guidato da Weber.

Il particolare non è certo secondario, perché è preoccupante per la von der Leyen che il suo stesso partito stia spingendo per l'idea di cestinare la proposta – una posizione confermata da tre legislatori e un collaboratore che lavorano al dossier di bilancio. "La proposta di bilancio] è innanzitutto un problema per quanto riguarda il mercato interno, perché riteniamo che ciò porterebbe a una frammentazione del mercato agricolo all'interno dell'UE", ha dichiarato venerdì ai giornalisti il portavoce del PPE, Daniel Köster.

Anche se Köster ha affermato che il PPE non ha ancora deciso come comportarsi, i legislatori che lavorano al bilancio hanno affermato che il PPE sta orientando le discussioni decisamente verso la bocciatura della proposta a causa degli interessi agricoli.

I socialisti si oppongono anche alla proposta di bilancio perché sostengono che non vengano stanziati fondi sufficienti per i progetti sociali. "Il gruppo S&D è pronto a chiedere alla Commissione di ritirare la sua proposta di piani nazionali per il prossimo QFP", ha dichiarato venerdì scorso un portavoce S&D al giornale Euractiv.

Ecco allora che, come è facile immaginare, se il PPE si unisse ai Socialisti e Democratici nel chiedere il ritiro del budget, è molto probabile che anche i Verdi e Renew, anch'essi insoddisfatti dei piani, facciano lo stesso. Anche alcuni Paesi, tra cui Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, hanno chiesto di escludere la politica agricola dai piani nazionali. L'iniziativa del Parlamento potrebbe quindi ostacolare i negoziati sull'intero bilancio 2028-2034 e mettere nuovamente in discussione la presidenza von der Leyen.

A questo punto, la Commissione può teoricamente respingere le richieste del Parlamento, ma ciò creerebbe problemi in futuro, poiché l’approvazione dei legislatori è in ultima analisi necessaria affinché il bilancio entri in vigore. Ecco allora che questa situazione potrebbe rimettere in discussione ancora una volta la maggioranza e creare un nuovo asse che nei fatti già esiste su molte questioni tra PPE, conservatori dell’Ecr e i liberali di Renew.

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