Von der Leyen alla prova del fuoco: il discorso sull’Unione tra contestazioni e mozioni di sfiducia

In un Parlamento europeo sempre più ostile e diviso, la presidente della Commissione affronta uno dei momenti più difficili della sua carriera, tra critiche trasversali, accuse di mancanza di leadership e un futuro politico sempre più incerto

di Vincenzo Caccioppoli

Ursula Von Der Leyen

Politica

La corsa ad ostacoli di von der Leyen

Ursula von der Leyen si prepara ad affrontare, in un Parlamento europeo mai forse così diviso anche a causa sua, uno dei discorsi sull’Unione più complicati della storia europea recente. Verdi e socialisti sono, infatti, da tempo sul piede di guerra contro di lei, per la sua decisa retromarcia sul Green Deal, la grande politica ambientale europea che aveva contraddistinto nel bene (molto poco, a dire il vero) e nel male (pesanti ricadute negative su imprese e famiglie) la passata legislatura. Ma le sinistre contestano anche quello che a loro avviso è un nuovo approccio della Commissione sulla politica migratoria, che è diventata, anche sotto il forte impulso del governo Meloni, assai più stringente.

Quando mercoledì la presidente della Commissione europea pronuncerà il suo primo discorso sullo stato dell'Unione europea del suo secondo mandato, dovrà poi giustificare quello a molti è sembrato un accordo al ribasso con Donald Trump sui dazi, ma dovrà anche rendere conto del recente accordo sul Mercosur, contro il quale si sono già schierati gli agricoltori di mezza Europa.

Ma le sinistre estreme aspettano mercoledì anche per sferrare la loro profonda contestazione (secondo alcune fonti di Left, anche con qualche gesto eclatante) per il silenzio, a dir loro complice, delle istituzioni europee verso quello che sta facendo Israele a Gaza, in questi mesi.

Difficile immaginare quello che dirà la Von der Leyen, anche se probabilmente cercherà di usare toni concilianti sia verso le forze politiche di sinistra, sui temi ambientali e su quello della guerra in Ucraina e Gaza, e sia verso le destre sui temi migratori. Come direbbe Giulio Andreotti: “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. D’altra parte, è sempre stato nel suo stile, cercare la mediazione piuttosto che lo scontro frontale. E questo le aveva permesso di riuscire ad ottenere una rielezione, tutt’altro che scontata.

Ma poi, forse per troppa sicumera, o forse per incapacità a gestire un momento sicuramente complicato, la sua autorevolezza e leadership ha perso smalto ed ora si trova ad affrontare un parlamento in gran parte ostile. Alla fine del 2022, la rivista Forbes ha nominato Ursula von der Leyen la donna più potente del mondo, titolo che da allora ha mantenuto. L'anno scorso, si è ricandidata facilmente, ottenendo 401 voti per un secondo mandato, un risultato superiore alle aspettative degli osservatori.

Ma nel giro di pochi mesi, la sua posizione ha subito un brusco calo, con accuse e rimproveri provenienti da ogni parte dello spettro politico, che hanno creato la spiacevole impressione di una presidente sotto attacco. Ecco allora che questo discorso sull’Unione non sembra tanto un nuovo inizio per il nuovo anno politico, come dovrebbe essere, quanto piuttosto una difficile operazione di salvataggio"È stata una brutta estate per l'Europa", ha dichiarato Bas Eickhout, co-presidente dei Verdi al Parlamento, un gruppo politico diverso da quello di von der Leyen, ma che l'ha eletta"Quello che chiaramente vogliamo come messaggio dalla presidente della Commissione è che le cose devono cambiare."

Già, ma il problema è come cambiare le cose, dopo che tutte le forze del Parlamento, per un motivo o per un altro, la criticano praticamente su tutto, a cominciare dalla gestione delle trattative per i dazi con Donald Trump. Per non parlare della nuova politica del budget, che ha scontentato quasi tutti e messo di nuovo sul piede di guerra gli agricoltori. Gli stessi agricoltori che ora la contestano anche per l'ultimo accordo raggiunto: quello con il Mercosur. Ma quello che un po’ tutti, a destra come a sinistra, rimproverano alla presidente è una sostanziale mancanza di leadership, che si è evidenziata plasticamente nella trattativa con gli Usa. Per lei sembra si stiano profilando all’orizzonte addirittura due diverse mozioni di sfiducia, che potrebbero anche avere un risultato differente rispetto alla precedente, presentata da un eurodeputato dell’ECR a luglio. In questo caso sarebbero le sinistre a voler sfiduciare la presidente: una sulla questione Gaza, ed una seconda invece da parte del gruppo di estrema destra Patriots proprio sull'accordo con il Mercosur.

Segno tangibile che l'insoddisfazione verso la presidenza è trasversale ed attraversa quasi tutto l’arco parlamentare di Strasburgo.

"Non credo che la Commissione sia spaventata", ha affermato un funzionario della Commissione in posizione di rilievo"Ma di sicuro c'è consapevolezza delle tensioni politiche in Parlamento e del malcontento dei gruppi politici, inclusa la maggioranza di von der Leyen, nei confronti di alcune azioni e politiche della Commissione." Quello che normalmente è un esercizio "di routine" di botta e risposta tra Parlamento e Commissione per concordare i piani politici dell'anno, rischia di essere afflitto da forti tensioni e polarizzazione politica, ha affermato a Politico Richard Corbett, ex eurodeputato e consigliere del presidente del Consiglio europeo. Anche le critiche di Mario Draghi, di una durezza inusitata, sono parse come l’ennesimo atto di sfiducia verso la presidenza UE.

D’altra parte, in Germania non hanno certo un bel ricordo della sua esperienza come ministro della Difesa nel governo di Angela Merkel (anche lì finita nell’occhio del ciclone, come nel caso Pfizergate sui vaccini, per un accordo di acquisto di 138 elicotteri da guerra per la Bundeswehr, costati 8,5 miliardi e poi risultati avere numerosi problemi tecnici e di utilizzo). Anche all'interno del suo stesso gruppo, il Partito Popolare Europeo, che ancora è pronto a difenderla più che altro per spirito di gruppo, alcuni esponenti francesi, polacchi e irlandesi hanno criticato la Commissione definendola "poco trasparente" per essersi affrettata a finalizzare l'accordo di libero scambio del Mercosur con cinque paesi latinoamericani.

Ma è risaputo che Weber con lei non abbia mai avuto un grande rapporto, anzi.
Fin da quando nel 2019, grazie ad un colpo di mano di Macron, che convinse la Merkel, lei gli sfilò quella poltrona che avrebbe dovuto appartenere di diritto a lui. Ma ora la situazione pare davvero essersi capovolta ed è proprio il suo presidente Weber uno dei suoi ultimi appigli prima del precipizio politico.

Si dice che il discorso sia stato preparato, come sempre, tra mercoledì e venerdì, nel suo dorato ufficio all’ultimo piano di Palazzo Berlaymont, sede della Commissione a Bruxelles, dal suo staff sotto l’attentissima supervisione del suo fidatissimo capo di gabinetto, Bjoern Seibert, che secondo molti sarebbe il vero regista occulto di molte scelte della presidente.

Ma la novità sarebbe, stando sempre ai ben informati delle cose europee, che questa volta sia stato praticamente riscritto quasi per intero dalla stessa presidente, che evidentemente comincia a diffidare anche dei suoi più stretti e fidati collaboratori. L’ennesimo segnale di nervosismo e di insicurezza, consapevole in cuor suo che forse l’avventura politica sia in qualche modo arrivata al capolinea, prima del previsto.

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