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L'avvocato del cuore
Genitore sociale nelle famiglie “ricomposte”: quali diritti e doveri?

“Gentile avvocato, mi chiamo Maria e la mia storia personale è molto travagliata. Dopo aver perso tanti anni fa mio marito, ho da qualche anno ritrovato la serenità con Giacomo, un uomo meraviglioso che si prende cura di me e del piccolo Tancredi, che oggi ha 11 anni e che ho avuto con il mio defunto marito. Tancredi ormai sente Giacomo come suo padre e lo chiama infatti “papà”. Vorrei però tutelarlo. Se sposassi il mio compagno, come ho intenzione di fare, che riconoscimento avrebbe poi il rapporto tra lui e mio figlio? Grazie per l’aiuto che saprà darmi.”

Cara Signora, la Sua vicenda personale caratterizza ormai molte famiglie.
Il nucleo attualmente costituito da Lei, Tancredi e Giacomo, è quello che viene definito in ambito sociale “famiglia ricomposta”, ossia quando c’è una coppia, anche non unita in matrimonio, che convive con figli nati dal precedente legame affettivo avuto da uno dei partner con un’altra persona.   
Il ruolo che oggi riveste il Suo compagno nei confronti di Suo figlio, è quello del cosiddetto “genitore sociale”, un fenomeno espressamente riconosciuto e qualificato in ambito psico-sociale ma – purtroppo - non anche in ambito giuridico.       
Oggi, infatti, non esiste alcuna legge che attribuisca al genitore sociale, come Giacomo è per Tancredi, la responsabilità genitoriale tipica dei genitori biologici. Ciò, in termini concreti, significa che il genitore sociale non ha alcun obbligo di legge a contribuire al mantenimento economico del “figlio sociale” e non può decidere sulle questioni più rilevanti della sua vita, quali l’istruzione, l’educazione religiosa, la salute, e così via. 
La legge esclude ogni dovere del genitore sociale persino nelle situazioni di natura “alimentare”, cioè quelle nelle quali una persona si trovi in stato di bisogno. L’art. 433 del codice civile, infatti, nell’indicare i soggetti tenuti a prestare “gli alimenti”, non fa alcun riferimento alla particolare figura del nuovo partner di un genitore, neppure se divenuto coniuge.
La “logica” giuridica è che il compagno/la compagna di mamma o papà non deve mantenere, istruire, educare i figli dell’altro/a, perché non c’è alcun legame familiare/di sangue.             
Lei, cara lettrice, penserà, e io sono pienamente d’accordo, che al di là dei meri doveri giuridici ci sono dei legami e affetti che vanno oltre quelli di sangue. Suo figlio chiama “papà” il Suo compagno perché, anche se non lo è sulla carta, lo è con il cuore. Tuttavia, se vuole davvero tutelare Suo figlio, non basta appellarsi al buon cuore che certamente ha il Suo compagno; ecco perché, è innanzitutto fondamentale che Vi sposiate.               
Già con questo passo, infatti, entrambi sareste soggetti a quelli che sono i “diritti e i doveri reciproci dei coniugi”. Tra questi, vi sono i doveri verso i figli (art. 147 del codice civile) - come quello di mantenimento – e, nel disciplinare questi doveri, a voler essere scrupolosi, la legge parla di “coniugi” e non “genitori”. Ciascuno coniuge, quindi, “in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo” dovrà “contribuire ai bisogni della famiglia”. Ne consegue, che anche in presenza di una famiglia “allargata” come la Sua, anche Giacomo, una volta sposato con lei, avrà l’obbligo di garantire l’unione familiare. Le devo, però, precisare che il matrimonio tra Lei, genitore biologico di Tancredi, e il Suo compagno, a oggi “genitore sociale” di Suo figlio, avrà giuridicamente il solo effetto di creare il vincolo di affinità tra Giacomo e Tancredi. Ciò, in termini concreti, legittimerebbe per esempio ciascuno di loro, in futuro, a presentare istanza d’interdizione o inabilitazione o chiedere la nomina dell’amministratore di sostegno.      
Solo una volta sposati, quindi, e sempre nell’ottica di garantire la miglior tutela a oggi possibile per Suo figlio, il Suo futuro marito dovrà, se vorrete entrambi il bene di Tancredi, adottare il bambino.    
In Italia, infatti, l’unico istituto che consente di coprire in parte il vuoto giuridico sul riconoscimento del ruolo del genitore sociale, è quello dell’adozione, ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lett b) (adozione in casi particolari) della legge 184 del 1983.                  
Una volta, quindi, ottenuto il decreto del Tribunale dei minorenni che autorizza l’adozione di Suo figlio da parte anche del Suo futuro marito, il “riconoscimento giuridico del loro rapporto di filiazione comporterà tutti questi effetti: - l’acquisto del cognome dell’adottante; - l’attribuzione all’adottante dell’amministrazione dei beni propri del minore; - l’attribuzione all’adottato dei diritti successori nei confronti dell’adottante (non viceversa) e, dulcis in fundo, l’attribuzione all’adottante, genitore sociale, dell’esercizio della responsabilità genitoriale, con i relativi obblighi di mantenimento, istruzione, educazione.  
Le consiglio, quindi, di attivarsi quanto prima per Tancredi, pur nella consapevolezza, non tanto giuridica quanto più morale, che famiglia non fa rima con legame biologico, ma con responsabilità, presenza e amore!


*Studio legale Bernardini de Pace     



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