Economia

Transizione digitale: 1 lavoratore su 3 fermo al lavoro analogico

 

Milano, 21 apr. (askanews) - La digitalizzazione del mondo del lavoro, in Italia, è ancora una partita aperta. Ben il 31% dei connazionali occupati - uno su tre - dichiara un utilizzo basso o nullo della tecnologia nel proprio lavoro. Mentre solo il 23% degli italiani utilizza molto o moltissimo la tecnologia e digitalizzazione. Una forbice che separa in modo netto chi è già a buon punto sulla via della evoluzione digitale e chi - quel 31% di lavoratori - non ha ancora nemmeno cominciato il suo viaggio. E ' quanto emerge da una indagine Ipsos condotta nelle prime settimane di aprile per Kelly Services Italia."Il gap tra chi è partecipe della rivoluzione digitale e chi è escluso va letto come un processo che ha avuto una veloce accelerazione - commenta Andrea Alemanno, partner IPSOS STRATEGY3 - E quindi persone che erano in ambienti già tecnologicamente evoluto hanno avuto l'opportunità di crescere velocemente. Ma la realtà italiana è fatta purtroppo da tanti professionisti, tante piccole e medie imprese che fanno più fatica a dare questo tipo di formazione alle persone e molte volte alcuni rimango indietro proprio perché non sono esposte alla tecnologia".Malgrado il gap evidente tra chi è già in possesso di competenze e chi no, ben il 73% degli intervistati è consapevole che saranno le persone specializzate ad essere quelle più ricercate e valorizzate. Tenendo ben presente questa consapevolezza, e cosa è accaduto nelle aziende, non stupisce allora che per il 39 per cento degli occupati, dopo un buon livello di retribuzione, ci sia la garanzia di una formazione tecnologica continua al secondo posto tra le spinte verso un nuovo posto di lavoro. "La formazione è assolutamente importante per chi cerca lavoro, e questo ce lo restituiscono i talenti stessi che incontriamo tutti i giorni - conferma Cristian Sala, amministratore delegato di Kelly Services Italia - E' al secondo posto come driver, dopo la parte retributiva. Le persone che cercano un nuovo lavoro sono spinte anche da questo input: la possibilità di entrare in un ambiente di lavoro che favorisca la possibilità di crescite delle proprie competenze digitali, e quindi anche dei progetti che possano essere messi a terra dai talenti stessi. E ' quindi fondamentale che le aziende che guardano al futuro pensino di aumentare le loro conoscenza digitale per poterla offrire ai talenti che entrano in azienda".Le aziende sono quindi chiamate a loro volta gestire la transizione digitale garantendo non solo l aggiornamento ma la crescita dei talenti all'interno dei nuovi modelli e dei nuovi processi aziendali.Ma sono pronte a farlo?"La formazione è potenzialmente un asset importante perché le persone si rendono conto che la tecnologia sarà sempre più rilevante, sarà uno strumento per cambiare lavoro e renderli appetibili - sottolinea Alemanno - ma è come se non fosse ancora sul piatto, le aziende la propongono poco e le persone di converso la ricercherebbero ma non la trovano"."Le aziende si devono attrezzare, ma devono soprattutto investire in formazione - aggiunge Sala - vuol dire quindi investire in termini di soldi ma anche di tempo. Ma è un in vestimento che ha un ritorno notevole dal punto di vista del capitale umano".L'indagine Ipsos-Kelly Services Italia esplora anche quali sono le caratteristiche che deve possedere il manager in era digital. Emerge che per poter esercitare l'e-leadership bisogna saper essere un buon comunicatore, un buon motivatore, avere attitudine al cambiamento.Caratteristiche che bisogna saper individuare nell'offerta di lavoro. "Il ruolo delle agenzie per il lavoro è fondamentale - dice Sala - Sanno quali sono le esigenze delle aziende sia dei candidati e dei talenti e sono quindi in grado di mettere insieme tutte e due le parti".Un ulteriore capitolo della ricerca ha infine indagato quali sono i settori più interessati dal cambiamento digitale: ad oggi a trainare la transizione sono la telefonia e le telecomunicazioni seguite dai settori bancario, finanziario e assicurativo. E in prospettiva, guardando ai prossimi 5 anni, si evidenzia un accelerazione nel settore energetico e nell'agro-alimentare.