Macché splendide 40enni. Questa è l'età dell'infelicità
A che età si è più felici? A vent'anni, quando tutto ci sembra possibile? A 30, quando si raccolgono le soddisfazioni lavorative e familiari? Dopo i 40, quando i figli sono già grandicelli e lasciano più libertà? No. Sorpresa: la felicità massima arriva a 60 anni. Prima, invece, si attraversa una lunga onda di depressione, che dura dai 45 ai 54 anni.
Lo svela una ricerca pubblicata sulla rivista medica The Lancet, a conclusione di uno studio condotto da ricercatori anglosassoni sull'evoluzione del benessere nelle diverse fasce della vita. Gli studiosi si sono rifatti anche al colossale sondaggio The Gallup World Poll, condotto in oltre 160 paesi, secondo il quale il livello di felicità evolve seguendo una curva a U. Dai 25 ai 40 anni diventiamo sempre meno felici. Poi arriva un'onda di depressione, dalla quale si esce solo dopo i 55 anni. A quel punto la felicità ricomincia a salire finché a 60 anni si è al top della propria vita.
Questa curva a U è stata confermata anche dagli economisti David G. Blanchflower e Andrew J. Oswald, secondo un loro studio condotto nel 2013. I ricercatori si arrovellano da tempo per spiegare in modo scientifico questo percorso, ma probabilmente questo obiettivo è impossibile. Più ragionevole, invece, trovare una spiegazione in termini psicologici. Possiamo infatti supporre che verso la quarantina si concentrino tutte le pressioni della vita: i figli adolescenti e in una fase difficile, il mutuo da estinguere, i genitori che invecchiano e che richiedono attenzioni, il lavoro che si fa sempre più competitivo se si vuole ottenere una promozione.
Entrati nella cinquantina si acquisisce sempre più saggezza. Dopo aver costruito carriera e famiglia ci si libera dalla pressione. Non dimentichiamo che la speranza di vita aumenta e che oggi si invecchia meglio che in passato. E che la sessualità non si ferma con l'insorgere delle rughe.
Tutto questo vale sopratutto per i paesi anglosassoni, dove il reddito e la qualità di vita sono elevati, permettendo di affrontare la vecchiaia con più serenità. Nell'Europa dell'Est e nell'Unione Sovietica non si può dire altrettanto e il benesse decresce all'aumentare dell'età. In Africa invece, dove gli anziani godono di grande rispetto, il livello di benessere non cambia con l'età.
Oltreutto, secondo varie ricerche e sondaggi, la percezione del benessere e la salute fisica vanno di pari passo. Essere felici sembra invece essere la chiave della longevità. Come fare? Impiegare in proprio tempoi in attività che piacciono, coltivare le proprie passioni...
Anziani: Dare un senso alla vita aumenta longevita' - Il segreto di una vita lunga si cela nella nostra mente. Uno studio della University College London, in collaborazione con la Princeton University e la Stony Brook University (Usa), ha infatti scoperto che gli anziani che hanno ancora uno scopo nella vita vivono in media 2 anni in piu' rispetto a chi non sente di avere un senso nella propria vita. Per arrivare a questi risultati, pubblicati sulla rivista Lancet, i ricercatori hanno analizzato i dati di 9.050 britannici con un'eta' media di 65 anni. Nel corso degli otto anni di studi solo il 9 per cento dei soggetti che avevano uno scopo nella vita e' morto, contro il 29 per cento di chi non dava un senso alla propria vita. "Ci sono diversi meccanismi biologici che possono collegare il benessere a un miglioramento della salute, ad esempio attraverso cambiamenti ormonali o una riduzione della pressione sanguigna", hanno detto i ricercatori.

"No smile, siamo inglesi". Uno studio rivela l'inclinazione "genetica" al broncio - I britannici, e in particolare gli inglesi, sono geneticamente inclini a essere "imbronciati". E' quanto emerge da uno studio dell'Universita' inglese di Warwick, condotto da un team di genetisti in collaborazione con un gruppo di economisti. La tendenza degli abitanti del Regno Unito a essere piu' "depressi" e "ansiosi" sarebbe legata ad alcuni geni che regolano la produzione di serotonina - la cui mancanza causa appunto depressione - e che nei britannici sono piu' "corti" del normale. Cosi', nonostante gli abitanti della Gran Bretagna possano godere di un maggiore benessere economico e di migliori condizioni di vita rispetto a quelli di altri Paesi con simili valori socioeconomici, sono molto piu' portati a tenere il broncio in gran parte delle loro giornate. Presentando la ricerca, l'economista Andrew Oswald dell'Universita' di Warwick ha commentato: "Secondo questo studio incrociato, gli abitanti di Danimarca e Olanda sono quelli con la minore diffusione di questi geni accorciati". Ecco cosi' come chi abita a Copenaghen o ad Amsterdam, pur vivendo in un clima simile a quello britannico ed essendo sottoposto ad analoghi livelli di stress, presenta lo stesso basso livello di depressione di panamensi e vietnamiti, considerati fra i piu' felici al mondo. Una cosa dovrebbe consolare, ha comunque concluso lo studio: ai britannici potrebbe andare molto peggio, visto che gli amati/odiati francesi, dall'altra parte della Manica, sono fra i piu' depressi al mondo.