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Cronache
Arresto Messina Denaro. Ipotesi sull’arresto. La chiave: le intercettazioni

La prima dice che sia stato, di fatto, “consegnato” in cambio di cure e di un possibile allentamento nell’ordinamento dell’ergastolo ostativo che equivale a disincentivare i pentimenti dei mafiosi.

La seconda è che sia stato fatto individuare da sui ex sodali, viste anche le condizioni di salute, in cambio di un’inabissamento definitivo di Cosa nostra, per poi meglio gestire gli affari. Messina Denaro resta davvero l’ultimo obiettivo di peso conosciuto dall’opinione pubblica, con condanne pesanti e fatti clamorosi, l’ultimo del clan dei Corelonesi.

La terza: che un evento fortuito abbia portato a identificarlo nella clinica. Il nome di copertura del boss coinciderebbe con un altro Andrea Bonafede che al momento degli interventi chirurgici del boss risultava altrove, non nella clinica dell’arresto. Intercettazioni telefoniche sulla famiglia avrebbero poi chiuso il cerchio facendo emergere la contraddizione. 

La finta carta d’identità di Matteo Messina Denaro per proteggere la latitanza era intestata ad Andrea Bonafede, nato a Campobello di Mazara (Trapani) il 23 ottobre 1963. Si ritiene che la carta di identità sia stata falsificata da Denaro, apponendo una sua foto al posto di quella del signor Bonafede. Bonafede interrogato non avrebbe risposto alle domande degli investigatori.

Altra particolarità del caso, la clinica dove il boss aveva eseguito numerosi tamponi Covid per accedervi, nota in Sicilia per le sue terapie anticancro, è a 650 metri dalla sede di Palermo della DIA, Direzione Investigativa Antimafia.

A qualunque dei tre scenari si creda è più “normale” di quanto si pensi comprendere, anche se può sembrare assurdo, che il boss sia stato trovato, dopo 30 anni di latitanza, in Sicilia e a Palermo. Un soggetto criminale di questo calibro che non intende cedere lo scettro del potere, anche per le caratteristiche intrinseche dell’organizzazione, non può volatilizzarsi dal principale territorio di azione. Gli è più facile mimetizzarsi nel territorio che conosce che cercare fortuna altrove, dove avrebbe meno margini di manovra per nascondersi e verrebbe più facilmente isolato.

Dopo la cattura, Messina Denaro è stato trasferito alla caserma San Lorenzo in via Perpignano per le operazioni di identificazione e da qui trasferito in elicottero in una località protetta.

Per ora non ci sono riscontri di qualche tipo che possano far pensare ad un eventuale coinvolgimento della clinica, anche perché i documenti che il latitante esibiva erano in apparenza regolari.

“L’accostamento della persona al latitante nei giorni passati era un’ipotesi ma il riscontro sulla sua identità c’è stato solo oggi”, ha spiegato il comandante Pasquale Angelosanto. Il procuratore De Lucia ha raccontato che “fino a questa mattina non sapevamo nemmeno che faccia avesse”, in riferimento alle vere sembianze del boss. Il procuratore capo ha anche aggiunto: “C’è una fetta di borghesia mafiosa che ha aiutato questa latitanza, su questo abbiamo contezza e ci sono in corso delle indagini”.  

Il pm Paolo Guido ha rassicuratto che le “condizioni di salute del boss sono compatibili con il carcere”.

 

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