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Cronache
Cosa nostra: mani sulle scommesse. 'Gioco grande' da 100 milioni. 8 arresti

Mafia: 'gioco grande' da 100 milioni 

Un impero economico, in grado gestire volumi di gioco per circa 100 milioni di euro, mettendo le mani sulle concessioni statali rilasciate dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per la raccolta di giochi e scommesse sportive. Grandi affari e acquisizioni realizzati in tempi di Covid. Perché la mafia - si è dimostrato ancora una volta - non va mai in lockdown. E' la fotografia della Guardia di finanza che ha svelato una volta di più la capacità di Cosa nostra di gestire con grandi profitti settori come quello dei giochi e delle scommesse. Dieci le misure cautelari eseguite nel blitz coordinato dalla Dda di Palermo. 

Mafia sempre più infiltrata nel tessuto produttivo nazionale

Negli anni, e anche nell'ultimissimo periodo, grazie ad abilità imprenditoriali e ai vantaggi derivanti dalla vicinanza ai clan, gli indagati hanno acquisito la disponibilità di un numero sempre maggiore di licenze e concessioni per l'esercizio della raccolta delle scommesse, fino alla creazione di un "impero economico" costituito da imprese intestate a prestanomi compiacenti. Alcuni dei destinatari delle misure cautelari sono riusciti a partecipare a bandi pubblici per sulle concessioni statali rilasciate dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, "sviluppando nel tempo una strategia operativa di stampo aziendalistico protesa alla massimizzazione dei profitti".  "Il gruppo imprenditoriale, in quest'ultimo periodo, ha acquistato, nel quartiere Malaspina, senza necessità di contrarre finanziamenti bancari, un immobile dichiarato a partire dallo scorso febbraio come ufficio amministrativo di una delle società del gruppo. Il 15 maggio scorso un'ulteriore agenzia scommesse. Entrambi oggetto del provvedimento di sequestro eseguito. Insomma, sono chiari, spiegano le Fiamme gialle, i "segnali di inquinamento dell'economia da parte delle consorterie criminali mafiose", connessi "alla disponibilità e all'investimento di capitali di provenienza illecita e allo sfruttamento della contingenza emergenziale quale volano per l'infiltrazione della mafia nel tessuto produttivo nazionale".

Mafia, mani su giochi e scommesse: sequestrati 40 milioni

Operazione "All In". Su delega della procura di Palermo, i finanzieri del locale Comando provinciale hanno dato esecuzione a 5 misure restrittive in carcere e 3 ai domiciliari, due divieti di dimora nel comune di Palermo, e il sequestro preventivo dell'intero capitale sociale e del relativo complesso aziendale di: 8 imprese, con sede in Sicilia, Lombardia, Lazio e Campania (cinque delle quali titolari di concessioni governative cui fanno capo i diritti per la gestione delle agenzie scommesse) e 9 agenzie scommesse, ubicate a Palermo, a Napoli e in provincia di Salerno, attualmente gestite direttamente dalle aziende riconducibili agli indagati. Il valore complessivo stimato è di circa 40 milioni di euro. 

L'ambizioso "progetto aziendale" mafioso

Le complesse indagini condotte dal Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, seguite da un pool di sostituti coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore de Luca, con intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti, pedinamenti, videoriprese, esami dei flussi finanziari, hanno consentito di delineare il grave quadro indiziario: in particolare, l'esistenza di un gruppo di imprese gravitante intorno alle figure centrali di Francesco Paolo Maniscalco, già condannato per la sua appartenenza alla famiglia di Palermo Centro, e di Salvatore Rubino che ha messo a disposizione dei clan la propria abilità imprenditoriale al fine di riciclare denaro di origine illecita e, al contempo, di esercitare un concreto potere di gestione e imposizione sulla rete di raccolta delle scommesse. Ricostruite le metodologie attraverso cui l'organizzazione criminale è riuscita a infiltrarsi nell'economia legale, attraverso il controllo di imprese - la cui gestione operativa era demandata a Vincenzo Fiore e Christian Tortora - che detengono, anche a seguito della partecipazione a bandi pubblici, le concessioni statali rilasciate dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per la raccolta di giochi e scommesse sportive. L'ambizioso progetto aziendale mafioso ha beneficiato di finanziamenti provenienti sia dal mandamento di Porta Nuova, a opera del cassiere che ha investito, ottenendone profitto, liquidità destinate anche al sostentamento dei carcerati, sia dal mandamento di Pagliarelli attraverso l'acquisto di quote societarie da parte dei fratelli Elio e Maurizio Camilleri, imprenditori collusi vicini al reggente del momento, investimento poi liquidato a causa di dissidi interni, con l'erogazione, in più tranche, di oltre 500 mila euro. Sono stati monitorati gli esiti di diversi summit mafiosi, cui hanno partecipato anche i massimi vertici del mandamento Pagliarelli, Settimo Mineo e Salvatore Sorrentino, chiamati in causa proprio per dirimere alcuni contrasti relativi alla fase di liquidazione dell'investimento. L'espansione sul territorio della rete di agenzie scommesse e di corner gestiti tramite le imprese sequestrate è stata garantita dall'ombrello di protezione delle famiglie mafiose con le quali gli indagati si sono costantemente rapportati, ottenendo vantaggi sia in termini di affari sia di rafforzamento della capacità di controllo economico-territoriale. In particolare, sono stati documentati collegamenti costanti con esponenti di Pagliarelli, con l'apertura di centri scommesse direttamente riconducibili al mafioso Salvatore Sorrentino, e di Porta Nuova per la sistematica restituzione - attraverso la figura di Giuseppe Rubino - dei profitti connessi agli investimenti nel tempo effettuati, parte dei quali destinati al sostentamento dei detenuti, nonché al mantenimento di un 'vitalizio' per i familiari del boss assassinato Nicolò Ingarao, anche con referenti dei mandamenti della Noce, di Brancaccio, di Santa Maria del Gesù. Intese pure a Belmonte Mezzagno, nel cui territorio, ottenuta la necessaria autorizzazione mafiosa, sono stati aperti ulteriori centri scommesse. A San Lorenzo, per l'affidamento di lavori di allestimento delle agenzie del gruppo mafioso a imprese riconducibili ai vertici di quella consorteria. 

Mafia, i nomi degli arrestati

Questi i destinatari delle dieci misure cautelari eseguite dalla Guardia di finanza nell'operazione "All In", coordinata dalla procura di Palermo: per cinque il gip ha deciso la custodia cautelare in carcere: Francesco Paolo Maniscalco, 57 anni, Salvatore Sorrentino, 55 anni, Salvatore Rubino, 59 anni, Vincenzo Fiore, 42 anni, e Christian Tortora, 44 anni. Tre sono stati sottoposti agli arresti domiciliari: Giuseppe Rubino (88 anni), Antonino Maniscalco, 26 anni, e Girolamo Di Marzo (61 anni). Tutti a vario titolo indagati per la partecipazione e il concorso esterno nell'associazione di stampo mafioso, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Questi ultimi reati aggravati dalla finalità di aver favorito le articolazioni mafiose cittadine. Nei confronti dei fratelli imprenditori Elio e Maurizio Camilleri, di 62 e 65 anni, è stata invece applicata la misura del divieto di dimora nel territorio del comune di Palermo.

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