Cronache

Stato-Mafia, l’ex pm Ingroia: “Il Quirinale inviò Ezio Mauro per mediare”

Stefania Limiti

Le rivelazioni dell'ex pubblico ministero Antonio Ingroia sulle indagini del processo sulla Trattativa tra lo Stato-Mafia

L’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro fu inviato dal Quirinale a Palermo per tentare una sorta di ‘composizione’ del conflitto con la Procura del capoluogo siciliano prima che venisse sollevato formalmente il conflitto di interessi tra organi dello Stato. Lo rivela l’ex pubblico ministero Antonio Ingroia nel suo nuovo libro Le Trattative uscito con Imprimatur e scritto a quattro mani con Pietro Orsatti. Ingroia prudentemente sostiene di non sapere se Napolitano avesse autorizzato quella mossa.

Siamo intorno all’ottobre del 2012, la Procura palermitana è alle prese con l’inchiesta sulla Trattativa tra lo Stato-Mafia (recentemente si è concluso il primo grado del processo con pesanti condanne) quando si ritrova sul tavolo intercettazioni delle telefonate dell’imputato (l’unico assolto) Nicola Mancino, svolte legittimamente, nelle quali erano state registrate del tutto casualmente conversazioni fatte anche con l’allora Capo dello Stato, Giorgio Napolitano.

Intercettazioni che la Procura intende usare e che il Quirinale non vuole che siano usate. Ne nasce un contrasto altissimo che scioglierà la Consulta dando ragione al Colle. Prima che la questione diventasse ufficialmente un affare di Stato, racconta oggi per la prima volta Ingroia, il Quirinale provò a cercare una mediazione che la Procura non rifiutò affatto, spiegando di non essere interessata in alcun modo allo scontro e essere disponibile nel rispetto assoluto delle regole – in base alle quali le intercettazioni non potevano essere distrutte immediatamente, come poi avvenne dopo la pronuncia della Consulta, ma dovevano essere comunque depositate, percorso che non le avrebbe protette da un assoluto riserbo, anche se Ingroia garantì il rispetto del segreto investigativo. Che non se ne fece nulla è noto, ma il punto è che la mediazione si perse nel nulla.

Mauro parlò con Napolitano, racconta Ingroia, si individuarono tre possibili nomi per la trattativa ‘tecnica’ (il ministro Anna Finocchiaro, il magistrato Luca Palamara o l’avvocato Paola Severino). Ingroia e i suoi collaboratori scelsero Anna Finocchiaro ma il canale delle trattative si spense subito: perché? Forse la faccenda presentava rischi altissimi, comunque "qualcuno fece il doppio gioco e nel frattempo il Colle procedette come un bulldozer rivolgendosi alla Corte istituzionale", chiosa Ingroia che nel libro, oltre all’inedito episodio, destinato a far discutere, ripercorre oltre vent’anni di inchieste sul ruolo della mafia nelle vicende stragiste che chiusero la Prima Repubblica.

Arrivato in ritardo all’Hotel Nazionale di Roma per la presentazione del suo libro, nel quale sono intervenuti Vauro Senesi (che ha disegnato la copertina del libro), l’ex direttore de Il Fatto e il procuratore della DNA Nino Di Matteo, Ingroia, oggi avvocato, ha spiegato di essere stato ricevuto dal presidente della Camera Roberto Fico, al quale, dopo aver parlato della questione del ritiro della sua scorta deciso dal ministero dell’Interno negli ultimi giorni del governo Gentiloni, ha sollecitato una commissione parlamentare d'inchiesta "seria per chiarire le responsabilità politiche e storiche sulla trattativa Stato-mafia e sulla strage di via D'Amelio". Perché se davvero vogliamo inaugurare la Terza Repubblica, dobbiamo dissolvere le ombre tragiche della seconda: un punto di vista difficilmente confutabile.