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Cronache
Vibo Valentia, processi di mafia a lume di candela in tribunale fantasma

Il filosofo greco Diogene uscito di casa in pieno giorno con una lanterna in mano, alla domanda su che cosa stesse facendo rispose: "Cerco l'uomo!". Noi che siamo più terra terra cerchiamo il tribunale di Vibo Valentia, dove si celebrano i processi a lume di candela. 

Altro che il dibattito sulla prescrizione di cui si parla tanto in questi giorni. 

Da qualche tempo nell'aula bunker del tribunale di Vibo Valentia i processi, i più duri, quelli in prima linea contro i clan della 'ndrangheta, si celebrano quasi al buio perché delle 24 luci che compongono l'impianto di illuminazione solo 5 funzionano. 

Gli avvocati, prima di far partire il fluente eloquio, si fermano, accendono la torcia del cellulare e la puntano contro le carte per dare una guardatina. Pm e giudici replicano con altrettanti telefonini illuminanti per poter proseguire nel dibattimento. Sembra di assistere ad una sedute spiritica. Ma non è uno scherzo, è proprio vero.

Nell'aula bunker di Vibo Valentia, in queste condizioni, si sta celebrando il megaprocesso "Stammer", un intricato caso di narcotraffico tra il SudAmerica e la Calabria, ma si sono svolti anche procedimenti fondamentali per capire l'evoluzione delle mafie in Italia come “Decollo Ter”, sulle connessioni tra narcotraffico sudamericano, Emilia Romagna e Calabria o anche il caso “Black Money”

 

Ma non è l'unico problema: il tribunale non esiste. E' un tribunale fantasma perché è di proprietà del Comune ma non risulta accatastato. Una questione non da poco che impedisce allo Stato di intervenire nelle manutenzioni. Così in Italia dopo i tribunali penali, civili, amministrativi e del lavoro c'è un'altra categoria: i tribunali fantasma. E intendiamoci, le sentenze valgono. Quindi i maxi processi che i nostri migliori magistrati conducono contro la peggiore mafia li fanno in un edificio di giustizia che sulla carta neanche esiste e a lume di candela. 

E' proprio il caso di dire che la giustizia è ridotta in mutande ma tanto al buio chi le vede? Provate a raccontarlo negli Stati Uniti, in Svezia o in Danimarca e vediamo se vi credono.

L'omissione, cioè il mancato accatastamento del tribunale, non consente al Ministero della Giustizia di effettuare interventi ordinari e straordinari. Compresi quelli per la riparazione dell’impianto di riscaldamento che ogni tanto si guasta e blocca i lavori dei processi. Per questo nel gennaio scorso Alberto Filardo, presidente del Tribunale di Vibo Valentia, si vide costretto tra il 16 al 31 del mese a sospendere tutte le udienze ordinarie di lavoro e previdenza fissate. Una struttura, quella del tribunale, di quasi 30.000 mq nata a metà degli anni '90 e che a distanza di 20 anni, è stata terminata solo al primo piano. Il tribunale è vuoto nei piani superiori e sotterranei. Non solo. Ha una porta principale che ogni tanto si blocca e non ha uscite di sicurezza, con un solo estintore invece che tre per ogni zona. Niente male, per gli addetti ai lavori e i malcapitati che vi si trovassero dentro in caso di incendi, terremoti o sparatorie.

Eppure, i soldi per completare gli eterni lavori non mancano. Nell’aprile 2015 l'amministrazione comunale è riuscita ad ottenere dal Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) un finanziamento di 11 milioni di euro. Ma i lavori non partono. La Procura ha aperto un'indagine, come racconta il bravo Gianluca Prestia de Il Quotidiano del sud, perché la società edile che aveva vinto l'appalto era in stato di liquidazione, con 52.000 euro di capitale sociale, e proponeva un ribasso sull'appalto del 63%, per le opere principali pari a 3,2 milioni di euro su 6,5 totali. I lavori però sono fermi non per questo motivo ma perché l’omessa iscrizione catastale dell’immobile li farebbe svolgere in una struttura che non esiste. Appunto, il tribunale fantasma. Altro che abolire la prescrizione.

 

 

 

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