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Culture
A Lucca uno sguardo attento sul primitivismo italiano
la Fondazione Ragghianti

Una piccola, piacevole e interessante mostra dentro un ex-convento trasformato in fondazione culturale in una città-gioiello della Toscana. Andiamo al contrario. Siamo a Lucca, dentro le imponenti mura del XVI secolo, prossimi al Duomo romanico con il monumento funebre di Ilaria del Carretto, capolavoro di Jacopo della Quercia, e affacciati sull’Orto Botanico, risalente ai tempi del Ducato borbonico. L’ex-Convento di San Micheletto ospita la Fondazione Centro Studi sull’arte Licia e Carlo Ragghianti, che raccoglie una delle più importanti biblioteche italiane di storia dell’arte.

Donazione dello studioso e critico di cui porta il nome, riunisce quasi 100mila libri e oltre 160mila immagini (alcune risalenti all’ultimo decennio dell’800), 30mila documenti, con oltre 3000 corrispondenze con tutto il gotha della cultura, da Croce a Morandi, e con politici come Spadolini e Fanfani (Ragghianti fu anche sottosegretario alle Belle Arti nel governo Parri di Unità Nazionale del ’45), che ne fanno la Fondazione più ricca in Italia dopo la Zeri e la Cini.

Non solo. Nei locali appena oltre i giardini del chiostro a pilastri ottagonali, unica parte rimasta della quattrocentesca costruzione originale e sede della pregevole collezione permanente di sculture raccolte dal primo presidente Giancarlo Santini, si tengono mostre d’arte di pregio e di “culto”.

A quest’ultima categoria appartiene l’interessante L’artista bambino. Infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo 900, aperta fino al prossimo 2 giugno. Un’esposizione che ci porta a recuperare una prospettiva tutta italiana, sottolineata da Carlo Carrà nel 1914 con il saggio Vita moderna e arte popolare, di collegamento al primitivismo europeo non in veste afrocentrica, o comunque esotica – come avveniva a Parigi negli stessi anni di fine XIX secolo -, bensì in una chiave più attenta ai disegni e agli schizzi eseguiti “per semplice diletto da bambini, operai, donne” al fine di “osservare e assimilare le leggi plastiche manifestate nella loro primordiale purezza”. Quindi infantile sì, ma anche legata saldamente alla tradizione popolare e autoctona. Così come, in una sorta di commistione tra “arte bassa e arte alta” (ammesso e non concesso che tale forbice abbia senso), sempre attenta in maniera determinante alla lezione di un po’ tutta l’arte medievale del Due-Trecento, con il suo affascinante “arcaismo espressivo”.

Un modo di sentire post-positivista (e, in seguito, anti-futurista), che Giovanni Pascoli aveva sintetizzato nel celebre scritto del 1897 sulla “poetica del fanciullino”: “guarda tutte le cose con stupore e con meraviglia, non coglie i rapporti logici di causa-effetto, ma intuisce” e “riempie ogni oggetto della propria immaginazione e dei propri ricordi (soggettivazione), trasformandolo in simbolo. Non a caso una porzione della mostra è dedicata agli esiti delle iniziative intraprese dal comune di Barga, vicino Bologna, dove il poeta romagnolo visse a lungo fino alla morte nel 1912.

Il percorso espositivo – corredato di foto, pagine di libri e di fumetti, documenti – si snoda dalle prime opere con la presenza di graffiti di bimbi (“Fallimento” di Balla, “Ritratto di Yorick” di Corcos) ai pioneristi tosco-apuani (una dovuta attenzione ad artisti locali: le sottili illustrazioni di Spartaco Carlini, i grandi “polittici” di Alberto Magri, un pittore da rivalutare, i bambini di Adolfo Balduini e le xilografie di Lorenzo Viani). E poi dagli studi di Soffici e Carrà (con un disegno di Picasso e uno del Doganiere a fare da riferimento) alle opere sia illustrativo-propagandistiche che di tristezza e testimonianza del periodo della Grande Guerra (due particolari Rosai, De Chirico, Sironi, il capolavoro di Carlo Erba “Le trottole del sobborgo”, una sorta di “quinto stato” infantile e di schiena), fino alle propaggini degli anni Venti e Trenta, con Birolli, Breviglieri, Usellini e l’ermetico notissimo “La casa dell’amore” di Carrà.

Artisti di diversa provenienza e formazione ci mostrano il contrario della “man che ubbidisce all’intelletto” di michelangiolesca memoria, ovvero il primato delle emozioni e le sensibilità che vengono prima della ragione, e che, in fondo, sono le uniche che conducono verso la felicità.

 

info

L’artista bambino. Infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo 900

Fondazione Ragghianti – via San Micheletto n. 3, Lucca

fino al 2 giugno

orari: da martedì alla domenica, ore 10/13 e 15/19; lunedì chiuso

ingresso: € 5; ridotto € 3 (gruppi, under 18, scuole, universitari, insegnanti, convenzioni); gratuito (fino a 6 anni, universitari toscani, disabili e accompagnatore, accompagnatori gruppi, militari, guide, giornalisti)

informazioni:  tel. 05834672056; www.fondazioneragghianti.it

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