L'autore di Braccialetti Rossi ad Affari: "Nuova fiction per l'Italia" - Affaritaliani.it

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L'autore di Braccialetti Rossi ad Affari: "Nuova fiction per l'Italia"

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di Linda Irico

 

 

Il suo romanzo "Braccialetti Rossi" (Salani) ha avuto molto successo. Com'è nata l'idea di trasformare la sua vita in un libro?

"E' nata dal bisogno di far cambiare idea sul cancro alla gente e affinché i bambini avessero eroi quotidiani in televisione, così che i personaggi della serie diventassero i lo eroi. Io ho avuto il cancro dai 14 ai 24 anni e persi una gamba, un polmone e mezzo fegato: nonostante questo ero felice. Credo che mancasse una serie che si  occupasse di questi temi con felicità e humor. Così nasce l'idea che gli eroi non abbiano più i mantelli ma i "braccialetti rossi".

E' stato difficile per lei parlare della sua malattia?
 
"No perché ho scritto quando ero già guarito, era un omaggio agli amici che go perso: avevamo un patto di vita, dovevamo vivera la vita di coloro che perdevamo. In quegli anni, quando ne avevo 14, ho vissuto la vita di 3-7 persone più la mia: quindi desideri e speranze di quelle persone, è stato bello poter parlare di loro".

Come si supera il dolore della malattia?
 
"Si supera vivendo queste vite e capendo che non è triste morire, loa tristezza è non vivere intensamente. E capire che tutto ciò che accade nella vita ha un senso, qualsiasi sconfitta si rivela esssere una vittoria: quindi non ho perso una gamba o un polmone, ho capito che con la metà di quello che hai puoi vivere. E quindi visto che il fegato mi è stato asportato a forma di stellla, mi sento uno sceriffo dentro".

Si aspettava questo successo? Come se lo spiega?

"Non me l'aspettavo, ora che Spielberg ne farà una sua versione è como passare da una piccola stanza al grande schermo, una gran felicità. Credo che questo sia stato possibile anche per la qualità della serie, gli attori e l'amore del pubblico".

In molti Paesi il suo libro è diventato una serie televisiva di successo. Le piace scrivere per la televisione?

"Mi piace molto. Io stesso ho adattato le 13 puntate per la televisione. Tutto nasce dal mondo giallo, il libro che ho scritto, è l'inizio di braccialetti rossi, il significato è credere nei sogni e questi si realizzeranno perché credere e creare sono parole simili in molte lingue ed è per questo che si somigliano tanto".

La serie televisiva "Braccialetti Rossi" è molto popolare tra i giovani, cosa pensa di questo fenomeno?

"Ne sono felice, credo che questo sia il pubblico migliore, perché sono coloro che possono aiutare di più i giovani ammalati essendo loro compagni di scuola. Le visite in ospedale sono aumentate del 40% e questo è un ottimo risultato".

Quali sono i suoi progetti futuri?

"Una serie che si chiama 'Lucas' e parla dei malati di mente. Un sogno è poterla girare prima in Italia con produttori italiani: sarebbe un sogno per me. Ho conosciuto Mieli Lorenzo e potrebbe essere un gran produttore per questa storia".

Braccialetti rossi è disponibile in libreria con Salani-Rai Eri e in edicola con il Corriere della sera. Il libro è alla quinta edizione in un mese.

Il fenomeno televisivo dell'anno "Braccialetti Rossi" ha trovato grande riscontro tra i giovani, in particolare nella fascia d'età tra i 14 e i 33 anni. Ambientata in un ospedale pediatrico pugliese, la fiction di Rai1 dedicata alle storie di bambini malati di cancro, ha toccato picchi d'ascolto altissimi, sfondando il muro dei sei milioni di telespettatori. Un successo che sembra interpretare una vera tendenza: le intense storie dei protagonisti legate alla malattie e i valori edificanti che li aiutano a superare il dolore di ogni giorno entusiasmano il pubblico nonostante l'argomento trattato sia così delicato. Perché il titolo Braccialetti rossi? Perché per "sopravvivere" alla dura vita dell'ospedale i ragazzi decidono di formare una sorta di club: chi ne fa parte diventa "amico" con l'unico scopo di sostenersi e incoraggiarsi. La fiction di Rai1 si inserisce in un filone già ampiamente trattato negli Stati Uniti da serie come Breaking Bad e The big C (che parlano di cancro) oltre che dai più classici ER- Medici in prima linea e Doctor House, ambientati negli ospedali. A ispirare il format? Il romanzo del catalano Albert Espinosa (che sta andando a ruba in tutte le edicole a 12 euro), scrittore malato di cancro per dieci anni, che è riuscito a guarire, trasformando il male in una grande esperienza.

IL LIBRO CHE HA ISPIRATO IL FORMAT/ Albert Espinosa ha compiuto un miracolo: malato di cancro per dieci anni, è riuscito a guarire, trasformando il male in una grande esperienza. A guardarlo è lui stesso miracoloso, capace di contagiare gli altri con la propria vitalità. Albert Espinosa racconta nel libro "Braccialetti rossi" (nelle librerie per Salani e in edicola con il Corriere della Sera) la propria giovinezza segnata dal tumore: più di un diario, più di una testimonianza, è una raccolta di tutto ciò che la sua condizione gli ha insegnato. E non c’è niente di astratto o dolente in queste pagine, ma la semplice volontà di mettere in pratica tutta la bellezza di quelle ‘lezioni’: come capire all'improvviso che perdere una parte di sé non è una sottrazione di vita, ma l’occasione per guadagnarne di più. In ventitré capitoli, che non a caso vengono chiamati ‘scoperte’, Albert Espinosa mostra come unire la realtà quotidiana ai sogni più segreti, come trasformare ogni istante di vita, anche il più cupo, in un momento di gioia.

LA TRAMA DEL LIBRO/ L'ambientazione è quella di un ospedale, in cui si ritrovano alcuni giovani ragazzi di età diversa dagli 11 ai 17 anni, che si conoscono e formano un vero e proprio gruppo il cui riconoscimento è appunto un braccialetto rosso al polso, donati loro dal “leader” Leo, che ha collezionato i braccialetti di tutte le sue operazioni. Ricoverati per motivi differenti, Leo e Vale hanno entrambi un tumore alla gamba, ma mentre al primo è già stata amputata, il secondo lotta per prevenirla, entrambi sono infatuati dell'unica ragazza del gruppo, Cris, che invece è in ospedale perché soffre di anoressia. Davide, “il bello” ha problemi di cuore, Tony “il furbo” ha avuto un incidente in moto, ed infine Rocco “l'imprescindibile si ritrova in coma ma gli altri si rivolgono a lui come cosciente membro del team. Albert Espinosa - Braccialetti RossiNel loro micro-cosmo impareranno insieme i valori della vita, credendo in se stessi e nella propria guarigione: vedremo che l'affetto è un elemento quotidiano che si riscontra soprattutto nelle piccole cose, che la sottrazione di una parte di sé non è la perdita di se stessi, che se si desidera fermamente qualcosa e si agisce opportunamente, ciò si creerà grazie alla nostra volontà. Un'opera estremamente toccante ma che riempie il cuore di speranza ed energia, quella che spesso hanno i giovani malati.

Il fenomeno televisivo dell'anno "Braccialetti Rossi" ha trovato grande riscontro tra i giovani. Affaritaliani.it ne ha parlato con il filosofo e psicologo Sandro Spinsanti, responsabile del comitato scientifico del Festival del Saper Vivere che prenderà il via il prossimo ottobre. L'INTERVISTA

 

Il filosofo e psicologo Sandro Spinsanti, responsabile del comitato scientifico del Festival del Saper Vivere che prenderà il via il prossimo ottobre, spiega in esclusiva ad Affari che la tv è di fronte a una svolta: preferisce il pathos all'eros. E rivela: "I social network hanno reso i giovani più sensibili".

Il fatto che un programma come Braccialetti Rossi abbia conquistato una vastissima platea soprattutto di giovani è il segno che qualcosa sta cambiando nella cultura?
"Il cambiamento non è di oggi. E' una svolta lenta di cui la tv è testimone dai tempi del successo di serie tv americane come E.R. o Dr. House, tutte ambientate negli ospedali. Ora anche dal boom di audience della fiction italiana Braccialetti Rossi si evince che temi apparentemente lontani dall'intrattenimento attraggono sempre più il grande pubblico".

I protagonisti sono malati di cancro...
"Proprio questo è l'elemento interessante. Fino a non molto tempo fa non solo non se ne parlava se non in sedi specialistiche, ma il cancro era un tabù assoluto. E' stato sdoganato da due serie tv tra le più affascinanti del panorama statunitense, Breaking bad e The big C, che hanno affrontato senza remore il tema del cambiamento che la patologia oncologica porta nella vita della persona".

Come mai?
"Credo che la televisione manifesti il bisogno sociale di diffondere vissuti di 'pathos', che ha una capcità attrattiva non minore dell''eros'".

Immedesimazione, paura, amore per il prossimo: che cosa genera secondo lei questo interesse verso le storie di dolore?
"Sì, c'è tutto questo, ma anche la volontà di infrangere tabù e fare della vita l'argomento di una conversazione importante".

I giovani rappresentano la maggior parte dello share...
"Questa è una sorpresa, ma non è l'unico caso in cui rivelano una sensibilità sorprendente..."

Ma quindi i giovani stanno cambiando?
"Credo che il discorso si possa ricondurre alla capacità di comunicazione che i giovani sviluppano all'interno dei social network. Il vissuto, le fantasie, le passioni e le paure (insomma la sfera emotiva dei singoli) sono sempre più al centro di uno scambio continuo tra i giovani e questo fa sì che anche le esperienze di patologia e sofferenza diventano oggetto di tante conversazioni, più oggi che ieri. Siamo di fronte a una svolta culturale molto importante da questo punto di vista".

Anche la narrazione sembra diventare un'esigenza, e questo sarà il tema chiave anche del Prossimo Festival del Saper Vivere (vedi box a lato).
"Sì, esatto. Si parlerà proprio delle narrazioni di sofferenza al Festival. Una strategia per far fronte al dolore, infatti, è renderlo racconto e i racconti sono una miniera per la letteratura oggi. Una volta la letteratura affrontava solo marginalmente certi argomenti mentre oggi non c'è tema del nostro vissuto di dolore che non abbia versioni letterarie o televisive".

SANDRO SPINSANTI
Laureato in psicologia (università di Roma “La Sapienza”) e in teologia (Pontificia Università Lateranense) con specializzazione in teologia morale (Accademia Alfonsiana). Ha insegnato etica medica nella facoltà di medicina dell’università Cattolica di Roma e bioetica nell’università di Firenze. Ha diretto il Centro internazionale studi famiglia (Milano) e il Dipartimento di scienze umane dell’Ospedale Fatebenefratelli all’istola Tiberina (Roma).  Ha fondato e dirige l’Istituto Giano (Roma). È stato componente del Comitato Nazionale per la Bioetica. Ha fondato e diretto la rivista L’Arco di Giano (Esse editrice). Ha fondato e diretto la rivista "Janus. Medicina: cultura, culture" (ed. Zadig).