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Culture
“Tutto è sempre ora”. La poesia di Antonio Prete

La poesia oltrepassa ogni limite, ogni pregiudizio. Raggiunge l’altrove superando la cronologia dei numeri: li contiene tutti. È quel tutto, quell’oltre che è sempre ora così come accade leggendo la raccolta di poesia e prosa di Antonio Prete: “Tutto è sempre ora” pubblicata da Einaudi. L’intensità dei versi, la presenza di un gigante è pressoché inoppugnabile. Prete ti trasporta in un mondo che stranamente non è quello che forse molti si aspetterebbero, ma è uno spazio tra ‘un io e un tu’, un ‘noi’ in una moltitudine ordinata. Di contemplazione. Se si attende la malinconia di un vissuto o la nostalgia di un passato farà come “la pietra” che “sobbalza sull’acqua, / sfiora schiumando” e poi, “affonda”: la silloge di Antonio Prete è indicativa di un tempo che appartiene alla giovinezza, il momento dell’“attesa”, si pensi ad Aristotele. Ecco “Tutto è sempre ora” è l’attesa: di un respiro, di un cardo che fiorisce e “con il suo rosso: / un fiore di sillabe, / solo, dentro il giardino della lingua” (p. 14); l’attesa di un giorno, l’“essenza dell’amore è luce offerta / al gioco d’ombre, / grazia che disperde / il suo fulgore, quando da ogni lato, / assale il desiderio insidia aperta / e si volge in autunno in campo verde. / Declina, ma non muore quel che è stato” (p. 89). Nei versi i bagliori di un’estate salentina, le nuances del Salento, sua terra d’origine e della campagna senese si vivono intensamente passeggiando in compagnia di Camus, Celan, Elliot.

Con Antonio Prete si transita e si trascende al contempo fra l’“assenza del mare” e “il demone della presenza”. Come un argonauta tra le stelle si naviga per via della “voce del vento” e “come il vento sul dorso di una duna. / Stai nella tua quiete / come una stella nel cielo della sera” (p. 29). Si appalesa in questi versi la meravigliosa atmosfera dei Taccuini e delle Notti d’Estate descritte da Camus. In ossequioso silenzio, il lettore poi, avverte il silenzio dell’interiorità, spoglio dai tanti rumori assordanti, è lì solo con quella quiete che come una “lavagna” è pronto a scrivere la vita. È l’esistenza che narra Antonio Prete senza sovrastrutture né palindrome faziosità: coglie la natura, si serve della sua incantevole bellezza per stupire. È armonia. Sembra un accordo armonico prestabilito à la Leibniz, in realtà è la consonanza semplice di uno sguardo al di là della finestra di una stanza, la vista di una “vecchia magnolia”, i fiori bianchi che rilucono: “carnosi, venati di un colore ruggine”. L’armonia è dunque, la perfezione di un fiore, di una natura che segue il suo corso, lei, mentre l’uomo?

Di converso ai frastuoni dell’odierno, “l’insostenibile leggerezza dell’essere”: il silenzio. Balza alla mente la poesia di Edgar Lee Master sulla magia del silenzio, profondamente loquace: “Ho conosciuto il silenzio delle stelle e del mare / e il silenzio della città quando si placa / e il silenzio di un uomo e di una vergine / e il silenzio con cui soltanto la musica trova linguaggio. / Il silenzio dei boschi / prima che sorga il vento di primavera / e il silenzio dei malati quando girano gli occhi per la stanza, / e chiedo per le cose profonde a che serve il linguaggio”. Disarmante. Al parlare continuo, la necessità di dire l’essenziale, l’opportunità di cogliere l’inspiegabile senza essere prolissi. La poesia di Antonio Prete è tutto questo. È “una vertigine della quiete”, è una “nuvola che fluttua nel celeste / ha la forma del desiderio, in fuga, / trasparente, trafitta dalla luce” (p. 33).

Ma, per di più leggere “Tutto è sempre ora” è un anche un monito a “non tacere / sulle stragi, sui loro mandanti, / sui corpi fatti cenere e memoria, / sui desideri crivellati di nero”; d’improvviso, accelera il pulsare del cuore, piovono lacrime perché una terra ferita piange inerte e continua a farlo al cospetto di una disumanità ebbra di potere. Antonio Prete con tale testo esprime una presa di coscienza e consapevolezza, indice di una saggezza senza tempo. Leggerlo per comprenderne la statura richiede un certo impegno ma appaga il corpo e l’anima, l’intero.    

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