Da Barroso a Osborne. E da Siniscalco a Grilli. Se il politico poi va in banca
Lobby: da Mario Draghi a Vittorio Grilli, sono in tanti ad aver usato le “porte girevoli” tra politica, industria e finanza in Italia ed Europa
Di Luca Spoldi
Andrea Deugeni
Gli anglosassoni li chiamano “door opener”, ossia coloro che sono in grado di aprire le porte dei palazzi del potere. Sono politici passati, a volte solo temporaneamente, alla finanza o all’industria, solitamente con ruoli di consulenza e relazione. Non debbono occuparsi della gestione diretta dell’azienda che li ha assunti, ma curare le relazioni strategiche con le autorità o con altri concorrenti o partner potenziali, attraverso un meccanismo di “porte girevoli” (o “revolving door”) che fa scandalizzare alcuni.
In Italia uno dei più importanti “door opener” è stato Mario Draghi: ex direttore generale del Tesoro dal 1991 (governo Andreotti VII) al 2001 (governo Berlusconi II), il 28 gennaio 2002 venne nominato Vice Chairman e Managing Director di Goldman Sachs International (di cui tra il 2004 e il 2005 fu anche membro del comitato esecutivo) col compito di guidare le strategie europee, per poi essere nominato Governatore della Banca d’Italia il 29 dicembre 2005 e successivamente, dal primo novembre 2011, presidente della Banca centrale europea.
Altro celebre “door opener” tricolore è stato l’ex presidente dell’Iri e poi premier italiano (e presidente della Commissione Ue, dal 1999 al 2004), Romano Prodi. Nel 1982, all’epoca della nomina a presidente dell’Iri da parte di Giovanni Spadolini, Prodi dirigeva la società di ricerche economiche Nomisma e decise di rimanervi con la carica di presidente del comitato scientifico. Successivamente Prodi, dopo essere stato nel 1990 advisory director di Unilever, tornò a guidare l’Iri (pur continuando a prestare alcune consulenze a Goldman Sachs e General Electric), che nel 193 vendette Cirio-Bertolli- De Rica alla stessa Unilever.
Il nome della banca americana Goldman Sachs torna sovente nelle vicende dei “door opener” italiani: sono “uomini Goldman Sachs” anche l’ex premier Mario Monti (international advisor dal 2005 al 2011), l’ex sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta (membro dell’advisory board dal 2007) e l’ex sottosegretario all’economia Massimo Tononi (partner ed advisor director dal 1988 al 1993 e poi nuovamente dal 2008 al 2010), che in carriera è stato anche presidente di Borsa italiana dal 2011 al 2015 e presidente di Mps dal 2015 a fine novembre 2016, mentre attualmente è presidente del Cda di Prysmian e dell’Istituto Atesino di Sviluppo, oltre che consigliere di amministrazione di Mittel.
Morgan Stanley International, in compenso, ha offerto all’ex ministro del Tesoro Domenico Siniscalco prima la carica di managing director e vicepresidente e poi quella di Contry head per l’Italia, mentre Jp Morgan si avvale dal 2014 di un altro ex ministro del Tesoro, Vittorio Grilli, come presidente del Corporate & Investment Bank per l’area Europa, Medio Oriente e Africa.
Non che le “revolving door” funzionino solo con gli italiani: sempre per Goldman Sachs lavora dal 2016 l’ex presidente della Commissione Ue Josè Manuel Barroso col ruolo di presidente non esecutivo e advisor, mentre nell’international advisory board di Unicredit sono stati nominati nel corso degli anni l’ex alto rappresentante per la politica estera Ue, Javier Solana, l’ex presidente polacco Aleksander Kwasniewski, l’ex ministro degli Esteri e vice cancelliere tedesco Joschka Fischer, nonché (a titolo gratuito) gli ex premier italiani Giuliano Amato (nominato dal 2010 senior advisor di Deutsche Bank) e Romano Prodi che dal 2015 presiede il board.
Ma ci sono anche l'ex premier britannico Tony Blair che ha messo a disposizione di JP Morgan Chase tutti i suoi contatti, il suo predecessore, John Major, e George Bush senior che sono diventati consulenti al termine del loro mandato, tutti e due per la Carlyle. Oppure anche Gordon Brown, successore di Blair, arruolato da come esperto di temi politici ed economici globali da Pimco per inserirlo nel suo Global advisory board e, recentemente, l’ex Cancelliere dello Scacchiere del governo Cameron, George Osborne, è stato ingaggiato come advisor dell’americana BlackRock, la più grande società di gestione del mondo con masse per oltre 7 mila miliardi di dollari, per bypassare con successo nei prossimi mesi e anni la (hard) Brexit, potenziale mina per i mercati.
Complessivamente, secondo un recente report pubblicato da Transparency International, 485 ex membri del Parlamento europeo e 27 ex Commissari Ue che erano in carica nel mandato precedente all’attuale sono passati attraverso le porte girevoli dell’industria e della finanza.
Come commenta Transparency International, “la domanda di insider politici è alta, specialmente nel settore delle attività lobbistiche”.
Attività che negli Stati Uniti e in molti stati europei sono regolamentate in modo trasparente, mentre in Italia nonostante siano stati presentati dal secondo dopoguerra ad oggi oltre 50 disegni di legge, non è mai stata varata una normativa in merito, salvo la creazione di un Registro della Trasparenza da parte però solo del ministero dello Sviluppo economico, e di un regolamento delle lobby valido però solo alla Camera. Viste le premesse, è fin troppo facile prevedere che in Italia ed Europa continueremo a sentire parlare di porte girevoli tra politica, industria e finanza ancora molto a lungo.