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Economia
"Muro" italico di Intesa-Mediobanca-Tesoro: così l'Agricole ripiega sul Creval

La terza banca italiana Banco Bpm, con cui i francesi guidati in Italia da Giampiero Maioli avevano allacciato contatti informali, era un boccone troppo grosso per darlo in pasto al Credit Agricole, la seconda banca d'Oltralpe. Così quella del Credito Valtellinese era un’operazione facile, pronta da disegnare e da mettere a segno (vista la presenza nel capitale e i rapporti commerciali già avviati) che Maioli teneva come arma di riserva: saltato l'affare con Giuseppe Castagna, l’ex Cariparma-Friuladria ha ripiegato su Bormio.

Foto Giampiero Maioli
Il Ceo di Credit Agricole Italia Giampiero Maioli

In cielo, le costellazioni erano già allineate. Poco più di un mese fa, il numero uno del Creval Luigi Lovaglio aveva spiegato che, recuperati i rossi del passato e costruita trimestre dopo trimestre, una solidità patrimoniale in crescita, una buona qualità del credito, elevati livelli di liquidità e risultati trimestrali in continuo miglioramento, il proprio gruppo era pronto per il risiko. E i rumors di un interesse dei francesi, già con un piede sull’uscio (5% la quota, poi arrotondata al 9,9%), si facevano insistenti.

Ma, come spiegano fonti bancarie che seguono da vicino ogni singolo movimento degli istituti di credito italiani nella nuova era del risiko bancario, la verità è che quello valtellinese per la Banque Verte, così com’è chiamato in Francia il Credit Agricole, era più un destino segnato dall’opposizione di “un deep State” tricolore, lo chiamano lo fonti, fatto di banche e politica. Un fronte compatto che limitava le ambizioni del Credit Agricole nello Stivale, dopo che nel corso degli anni Maioli, che ha guidato l’espansione del gruppo in Italia, ha prima unito FriulAdria e CariSpezia a Cariparma e poi si è più recentemente mosso acquisendo le ex casse di risparmio di San Miniato, Cesena e Rimini.

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Da sinistra, Alberto Nagel (Mediobanca) e Carlo Messina (Intesa)

Chi si è dunque carsicamente messo di traverso ai francesi (dopo Bnl, anche il campione nazionale transalpino Bnp Paribas è a bocca asciutta da un po’)? In primis, sul fronte bancario c’è il padrone di casa Intesa-Sanpaolo, regina europea del credito che nel proprio recinto, spiegano le fonti, preferisce avere dialoghi in "italiano" (vedi Bper) e non scontri con azionisti stranieri (vedi UniCredit). Poi, sempre sul fronte del credito, Mediobanca, tornata centrale nel disegnare in concreto le grandi operazioni industriali del Paese.

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Il Ceo di Banco Bpm Alberto Castagna 

La pax post-Generali fra Carlo Messina e Alberto Nagel sembra aver riconsegnato a Piazzetta Cuccia una leadership da playmaker operativo che la merchant, dopo la scalata di Intesa su Ubi confezionata dall’emergente Francesco Canzonieri con la sponda di Carlo Cimbri di Unipol, si è guadagnata sul campo. Nell’M&A bancario, al gruppo di Nagel è andata l’advisory finanziaria a Mps per riprivatizzazione l'istituto senese e la regia, anche qui con la sponda del parter Cimbri, dell’operazione che sta portando il Banco a fondersi con Bper. Creando il grande terzo polo bancario che in quanto a filiali relegherà UniCredit, risultato che farà certo piacere a Ca’ de Sass, a perdere ulteriore terreno sul mercato del credito nazionale. Insomma, per Messina due piccioni con una fava (neutralizzare le grandi velleità di conquista dei francesi della Banque Verte e dare un colpo al business del francese di UniCredit Mustier).

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Il Ceo di UniCredit Jean Pierre Mustier

A mettersi invece di traverso sul versante politico, spiegano sempre le fonti, ci sono stati i 5 Stelle e poi il Pd di Roberto Gualtieri, ora troppo indaffarato nel contenere gli effetti dello tsunami Covid e “telecomandato” sulle grandi partite del credito dall’ambizioso direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera (nella prima foto in alto): dopo aver risolto in prima persona il dossier PopBari, il dirigente di Viale XX Settembre vuole sistemare Mps (portandola nelle braccia di Piazza Gae Aulenti) e, sottraendo il Banco ai francesi per prometterlo come sposo, in un'operazione di sistema, a Bper, vuole dimostrare ai partiti di saper risolvere le faccende domestiche. Una sorta, per dirla alla Tarantino, di Mr Wolf. Il suo obiettivo è risolvere e prevenire le potenziali grane del Tesoro (provate a pensare la levata di scudi nell’arena politica, dopo che due settimane fa il Copasir ha pure lanciato l’allarme sulle velleità della finanza transalpina nel nostro Paese).

Con la nuova ondata degli unlikely to pay (le ex inadempienze probabili) nel Vecchio Continente, la Vigilanza della Bce vuole gruppi più solidi e aggregazioni in tutta Europa: per le fonti Bankitalia è tagliata fuori e il direttore generale del Tesoro si sta prendendo un ruolo (non propriamente suo) agendo sulle leve della politica, che lo ascolta.

@andreadeugeni

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